Il volume riporta la tesi di dottorato in teologia biblica che il sacerdote croato della diocesi di Sisak ha difeso presso l’Urbaniana (maggio 2015), dopo aver ottenuto la licenza in scienze bibliche al Biblico di Roma.
Nel c. I (pp. 18-35) l’autore inquadra la Lettera ai Filippesi nel contesto biografico di Paolo e, a differenza della maggioranza degli studiosi, sostiene la prigionia romana come luogo di composizione della lettera, datandola al 60-62 d.C. Nel suo lavoro Maly abbina allo studio filologico delle pericopi l’impiego della metodologia della retorica biblica, allo scopo di individuare i sistemi argomentativi paolini che formano lo «spazio» ermeneutico entro cui comprendere il ragionamento di Paolo e il senso più accurato dei termini usati. Appurata l’unità della lettera (più che «integralità») egli fa notare come la composizione dello scritto risenta fortemente del contesto di prigionia sofferto da Paolo, con la prospettiva di una morte imminente.
Nel c. II (pp. 36-63) Maly studia l’escatologia esemplare di Filippesi nel contesto più vasto della concezione escatologica biblica. La novità paolina è da riconoscere nell’incontro finale con Cristo, in una tensione fra un «già», costituito dall’«essere in Cristo», e un «non ancora», rappresentato dall’«essere conformi a Cristo» al momento della trasfigurazione finale del credente nella sua integralità.
Nel c. III (pp. 64-85) l’autore studia la «cornice» epistolare escatologica di Filippesi con l’analisi di Fil 1,3-11 (Il giorno di Cristo) e 4,2-7 (Il Signore è vicino).
Nel c. IV (pp. 86-114) viene analizzato il «testamento» di Paolo costituito da Fil 1,18c-30. L’Apostolo è «compresso» nella scelta tra due beni. Pur nel contesto del motivo retorico dell’adiaphorologia (indifferenza), egli è combattuto tra «il vivere (che è) Cristo» ed essere fin d’ora con lui, e il rimanere in vita per il lavoro da completare nell’amatissima comunità di Filippi. Nel contesto emerge con forza il motivo della lotta per il vangelo, elemento integrante della metafora agonistica paolina rapportata però all’orizzonte escatologico proprio di Paolo (che è il tema preciso della tesi di Maly).
Nel c. V (pp. 115-129) lo studioso analizza Fil 2,12-18, il tema dell’allenarsi per la salvezza, nella corsa per l’esito salvifico finale illuminato dalla luce perpetua e dalla gioia condivisa.
Nel c. VI (pp. 130-161) Maly affronta il tema del «premio» celeste, all’interno del tema più vasto della conformazione e/o trasformazione del credente in Cristo esposta in Fil 3,7–4,1. La vita del cristiano è una corsa in vista di un premio comune celeste, consistente nella chiamata dall’alto che, a partire dall’impegno presente, esige la continuità sulla stessa linea di percorso, senza distrazione alcuna, per ottenere una corona incorruttibile costituita dall’essere trasformati e configurati a Cristo. Non manca l’elemento mimetico: i filippesi sono invitati a imitare l’Apostolo, loro modello.
Nell’ultimo capitolo, il VII (pp. 162-184), Maly tratteggia un bilancio conclusivo sull’uso paolino della metafora agonistica della lotta e della corsa, a causa del vangelo, con la prospettiva di un premio escatologico costituito dall’essere conformati a Cristo. Lo studioso contestualizza l’uso della metafora agonistica paolina nell’uso biblico e dell’ellenismo precedente e coevo a Paolo. Situandosi sulla linea della lontananza dalla visione «idolatrica» dell’agone greco dedicato a una divinità, Paolo si differenzia pure dalla visione greca della corsa verso l’acquisizione di una virtù. Paolo è considerato nel suo essere atleta – «atleta incatenato» nel caso della Lettera ai Filippesi – all’interno di tutta la sua produzione letteraria, comprese le lettere «discusse/antilegomena» (Col-Ef-2Ts) e le seriori (così per la maggioranza degli studiosi) Lettere Pastorali (1-2Tm, Tt). Paolo è un «atleta incatenato» paradossalmente in corsa verso il divenire un «campione celeste».
Lo scritto costituisce un buon esercizio di acribia esegetica ed ermeneutica alla luce della retorica biblica. I testi sono tradotti personalmente e la bibliografia consultata è abbondante.
Non si può certamente concordare con tutte le interpretazioni grammaticali ed ermeneutiche proposte (specie nell’infinità dei genitivi impiegati da Paolo…). Qualche terminologia non convince (ad esempio, integralità-unità, disposizione-struttura). Si parla spesso di «disposizione» ma non viene proposta alcuna struttura specifica della pericope esaminata che faccia emergere motivi di approfondimento nella comprensione ermeneutica del passo. Qualche passaggio un po’ tortuoso nel linguaggio può esser attribuito al fatto che l’autore non è di madrelingua italiana. Il lavoro fatto costituisce in ogni caso un ottimo punto di partenza per una carriera accademica che auguriamo piena di frutti.
Anðelo Maly, Dall’atleta incatenato al campione celeste. Escatologia e metafora agonistica nella Lettera ai Filippesi, collana «Supplementi alla Rivista Biblica» 63, EDB, Bologna 2017, pp. 208, € 22,00.