Sosteneva Hofmannsthal ne Il libro degli amici che «vi è negli spiriti superiori una pigrizia feconda e una improduttiva, ed esse sconfinano apparentemente l’una nell’altra in una regione che si sottrae al nostro sguardo».
Parlare di pigrizia nel tempo di Internet, quando tutto è stato accelerato e viviamo correndo, diventa quasi una necessità. E poi di pigrizia ve ne sono di diversi generi, oltre i due indicati da Hofmannsthal, tanto che è possibile confonderli anche con la legittima difesa; comunque, questa – definiamola così – «sonnolente presenza» non va confusa con l’ozio.
Chi volesse conoscerla meglio, dovrebbe risalire il tempo di un’ottantina d’anni e andare ad ascoltare un singolare discorso che lasciò molti presenti a bocca aperta. Vediamo data, persona e luogo.
Il 17 novembre 1936, Jacques Leclerq, moralista e sociologo, docente all’Università di Lovanio, era accolto nella Libera Accademia del Belgio. Per rispondere alle felicitazioni a lui indirizzate, pronunciò un «Elogio della pigrizia». Ora il Centro editoriale dehoniano di Bologna l’ha tradotto con una nota di lettura di Enzo Pace (EDB, pp. 56, euro 6,50) e con il «Supplemento» che l’autore scrisse dopo la Seconda guerra mondiale.
Leclercq non fu soltanto un teologo o filosofo, ma – come nota appunto Pace – seppe essere uno studioso impegnato attivamente nella vita sociale del suo Paese e un poeta. Un suo verso, amato da Chiara Lubich, la fondatrice dei Focolarini, recita: «Verrò verso di te, con il mio sogno folle: portarti il mondo fra le braccia». Inoltre fu anche un grande esperto di pigrizia.
Il libretto delle edizioni EDB fa parte di quel genere che un tempo si definivano «da comodino» e ogni sera sarebbe opportuno leggerne una pagina. Aiuta a riflettere e a porsi domande non banali.
Osservazioni garbate, qua e là vene d’ironia. Si chiede: «Avete notato che, per ammirare, occorre fermarsi? E per pensare, pure?». Domande, queste ultime, che contengono una forte polemica contro le visite veloci a città o musei; o sbugiardano i ragionamenti improvvisati. La bellezza, sembra sussurrare Leclerq, ha bisogno di tempo; le scelte della vita, di calma.
Dal «Supplemento» riprendiamo due osservazioni: «Se non ci sono più le distanze, non c’è più il movimento»; oppure: «Le nuove Carmelitane praticano la contemplazione, lavorando come operaie o commesse di negozio». Riguardano, la prima, i viaggi di tutti, in un mondo che si sposta continuamente, fa le medesime cose ovunque e non sa più osservare. E, la seconda, la nuova religiosità. Senza il tempo che caratterizza il sacro, che cosa è possibile comunicare al mondo?
Non sono che due esempi, ma si potrebbe continuare. Ci fermiamo per onorare la pigrizia.
Riprendiamo la presentazione del volume di Jacques Leclerq, Elogio della pigrizia (EDB, Bologna 2017, pp. 56, € 6,50), firmata da Armando Torno per Il Sole 24 ore lo scorso 1 giugno 2018 (disponibile online a questo indirizzo).