Quando ho preso questo libro in mano, pensavo che parlasse di amore di coppia o di “amore vero” nelle sue varie sfumature, partendo anche dal grande valore dell’amicizia. Non mi aspettavo un libro che parlasse di pornografia. Ma la lettura non mi è dispiaciuta affatto. Anzi, ho gradito la riflessione dell’autore perché non si pone nella chiave solitamente moralistica di chi tratta questi argomenti ottenendo l’effetto contrario.
Martin Steffens è sconosciuto sulla scena italiana, ma la mia ultima visita in Francia mi ha permesso di incontrare alcune persone che facevano il suo nome con la coscienza di aver a che fare con un autore promettente. Questo mio primo approccio a un suo testo mi ha fatto capire perché.
Il tema della pornografia in sé non rientra nelle questioni che tratto o che mi interessano. Avendo a che fare con coppie, non nego che sia un argomento che salta fuori nelle condivisioni a margine di ritiri, conferenze, lezioni. Ma – sarà forse per gli argomenti che tratto – solitamente i temi sui quali vengo interpellato sono diversi. Ciononostante, la maniera con la quale l’autore affronta il tema lo rende significativo virtualmente per chiunque. Egli, infatti, non si limita a toccare il tema della pornografia intesa come abuso di materiale – cartaceo o video – erotico, ma affronta la mentalità pornografica nella relazionalità all’altro.
La pornografia nella sua essenza è fraintendere l’amore. «L’uomo non è fatto per amare. È fatto per morire d’amore. Questa vocazione è talmente forte che essa contiene in sé tutti gli smarrimenti. La pornografia ne è una. Nella sua orgia, la pornografia mima il desiderio, iscritto nel cuore dell’uomo, per donarsi senza riserva. Essa non è il contrario dell’amore, ma ne è la scimmia, la caricatura». Per guarire da questa piaga, l’autore suggerisce che non si tratta di inculcare una morale (nota e ignorata), ma di manifestare la verità dell’amore.
Lungi dall’invitare a “frigidare” l’amore, l’autore sottolinea che «il contrario della pornografia, non è l’ascesi fisica né il discorso che raffredda: ma il fuoco consumante del desiderio che rinuncia, per amore, a consumare l’altro».
La mentalità pornografica pensa di raggiungere quanto le basta del piacere accumulando, consumando. In realtà «essa si abolisce nella propria sufficienza. Una vita non ha consistenza se non quando si dona, il che vuol dire, paradossalmente, quando muore a se stessa per attingere un sé più grande».
Tra le varie immagini interessanti che l’autore evoca dalla Scrittura e dall’esperienza cristiana, colpisce il rimedio dell’eucaristia. Il gesto più comune del consumare – quindi del gesto di consumare un’altra cosa perché la si ama – diventa con l’eucaristia un gesto relazionale. «Dio, permettendoci di mangiarlo, ci tocca là dove siamo feriti [l’allusione è chiara a Genesi 3]. Donando se stesso da mangiare, Dio viene a convertire in relazione ciò che, senza questo, non sarebbe altro che appropriazione, assimilazione, divorazione».
L’amore eucaristico è cura degli occhi, attraverso il digiuno dei sensi nel riconoscere in un piccolo pezzo di pane l’abbassamento dell’Altissimo che viene alla nostra soglia, la soglia della sua creatura che rispetta assolutamente come “altro” insegnandoci l’essenza dell’amore. Amare è stare alla soglia dell’altro come corpo donato per amore.
Martin Steffens, L’amour vrai: Au seuil de l’autre, Salvator, Paris 2018, pp. 144, euro 16,00. Recensione pubblicata sul blog dell’autore, Briciole di teologia.