Si parla molto, e giustamente, della cosiddetta “questione femminile”, perché, nonostante i grandi progressi compiuti, molto resta ancora da fare e le donne ne sono ben coscienti. Tuttavia, malgrado la minore visibilità e, sovente, una più o meno accentuata rimozione da parte degli uomini, esiste anche, e diventa sempre più urgente, una speculare “questione maschile”, innescata dal cambiamento delle donne.
Tanto nel più vasto ambito socio-culturale, quanto anche in quello ecclesiale, infatti, emerge quella che si può definire come crisi della maschilità poiché spesso gli uomini non riescono più a identificarsi con i modelli patriarcali e androcentrici che sono stati loro trasmessi e non ne trovano di nuovi e diversi, vivendo, così, un profondo malessere identitario. In questo quadro di transizione e di mutamento, la situazione delle donne si rivela, paradossalmente, più semplice, in quanto, accanto a quelle che vivono ancora secondo stereotipi e ruoli tradizionali, coloro che si impegnano a costruire nuovi paradigmi di identità lo fanno con consapevolezza e in prima persona. In tale situazione, i credenti dovrebbero trovarsi in una posizione di vantaggio dal momento che la parola di Dio che essi accolgono possiede un’enorme carica di liberazione e di positiva trasformazione.
Questo straordinario potenziale, però, è passato attraverso secoli di letture e di interpretazioni che ne hanno sminuito il carattere dirompente e trasformante, adeguandosi, in parte, alla mentalità sessista del contesto storico e sociale.
Da simili considerazioni prende le mosse un recentissimo saggio di Simona Segoloni Ruta (Gesù, maschile singolare , EDB, Bologna, 2020, pagine 176, euro 16), sul quale non ci si intende soffermare per una recensione, bensì per trarne alcuni spunti per una riflessione che, in ogni caso, deve rimanere aperta.
Innanzi tutto, è pienamente condivisibile l’esigenza di un nuovo approccio antropologico che sappia collocare la relazionalità nella stessa essenza dell’umano, non vedendola come un’aggiunta secondaria a una natura già costituita prescindendo da essa. Dire maschile e femminile, infatti, o significa intrinseca, imprescindibile relazione, oppure indica disparità e prevaricazione di uno dei due soggetti sull’altro (quasi sempre l’altra), come la storia ampiamente testimonia.
Il secondo spunto è quello che ci conduce più in profondità, cioè alla lettura credente del vissuto maschile di Gesù. Tale vissuto, infatti, è stato spesso utilizzato per confermare il sistema patriarcale e maschilista, mentre, al contrario, ne segna la più radicale decostruzione, inaugurando una sequela di uguali nella quale conta la fede e non l’identificazione sessuale, nonostante la diversità dei ministeri degli uni e delle altre.
Gesù ha vissuto pienamente da maschio, ma sapendo accogliere nella sua maschilità anche quei tratti come la tenerezza, la compassione e la cura, tradizionalmente ritenuti femminili e, quindi, inferiori, e non ha mai usato la sua maschilità come strumento di potere, considerandola, anzi, come servizio degli ultimi e dei “piccoli”. Gli uomini credenti possono trovare in questo vissuto un prototipo e uno stimolo per assumere pienamente e in modo nuovo la propria identità maschile senza cedere a tentazioni patriarcali di dominio e di subordinazione delle donne.
Il terzo e ultimo spunto da trarre riguarda il concetto, oggi centrale nella riflessione e nella prassi ecclesiali, di sinodalità, poiché, con riferimento alle relazioni tra le donne e gli uomini, esso potrebbe essere capace di produrre radicali mutamenti. La sinodalità, infatti, come concreta modalità di rapporti, esclude qualsiasi forma di dominio e di asimmetria, ma indica un cammino che tutti i membri del popolo di Dio devono percorrere insieme, in reciproco ascolto. I pastori sono così chiamati a vivere il loro ministero come servizio e non come potere e i laici e i consacrati, donne e uomini, offrono da pari il loro contributo che è visto come autorevole e degno di attento ascolto.
Volendo, infine, sintetizzare queste brevi note sulla maschilità, si deve ribadire che il suo ripensamento è particolarmente urgente per i cristiani che hanno nel loro Signore un modello assolutamente unico che può guidare il sorgere di una nuova mentalità e l’instaurazione di relazioni realmente paritarie tra donne e uomini, nel rispetto della loro differenza.
Simona Segoloni Ruta, Gesù, maschile singolare, EDB, Bologna 2020, pp. 176, 16,00 euro.
- L’Osservatore Romano, 13 ottobre 2020.
“Inaugurando una sequela di uguali nella quale conta la fede e non l’identificazione sessuale, nonostante la diversità dei ministeri degli uni e delle altre”: questa è una affermazione dell’autrice o del recensore? La diversità di ministeri o l’inaccessibilità giuridica alla donna di alcuni ministeri potrebbe minare l’uguaglianza nella sequela. Nessuno nega l’uguaglianza uomo-donna nella Chiesa, ma poi quando si giunge ai ministeri questa uguaglianza si perde. Allora si sostiene che non è importante presiedere l’assemblea e argomenti di questo genere che rendono la premessa vana. Siamo di fronte a un libro che lascia intatta la struttura attuale della gerarchia cattolica?
Gentile Maurizio, il volume della teologa Segoloni è un lavoro pensato a lungo, molto ben fatto e accessibile a un pubblico ampio. Attende di essere comprato e letto per poterne discutere e rispondere alla sua domanda. Cordialmente.