Nel pensiero teologico e catechistico comune la grazia è associata al dono che Dio fa all’uomo della sua stessa vita divina, che diventa per-dono quando si riversa sul male e sulla fragilità umana. La grazia redentrice e giustificatrice di connotazione cristologica è ben presentata nel corpus delle lettere paoline. Il docente di teologia e di estetica a Milano guida il lettore su una via complementare e diversa, quella che si muove sul campo dell’antropologia. Frutto del suo impegno è quello di proporre un percorso che coniughi liberalità divina e libertà umana.
Percorrendo le prime pagine della Genesi, quelle delle guerre di Giosuè e di Giosia, i brani dedicati in Esodo alla costruzione del tempio mobile e alla lode della donna saggia di Pr 31, Pagazzi proporne la grazia come dono che Dio fa gratuitamente all’uomo di potersi muovere e con il senso pratico. Il dono conferito gratuitamente all’uomo è quello del dono della conquista. «Il dono è dono di una conquista: la trasformazione del primo potere nella grazia che avvince e convince» (p. 73).
Questa è la grazia di Giuseppe in Egitto, quella dei costruttori del santuario mobile nel deserto, quella della donna saggia lodata in Proverbi. La grazia del potersi muovere conduce alla possibilità di partire dal dono della voce e della gestualità per arrivare con lo sforzo, le abitudini e i gesti ben disciplinati a un savoir-faire che guida l’uomo, il terroso, ad ascoltare il mondo e la terra da cui è tratto, per riecheggiare in tutto se stesso le voci che gli giungono come stimolo. La grazia del muoversi in modo appropriato e sapiente, di un portamento e di un com-portamento ag-graziato (e non s-graziato e goffo) abbraccia anche il confronto con la resistenza e i blocchi, che però possono e devono diventare blocchi di partenza per un rilancio o una riconquista di un bene perduto. La grazia è legata al potere di muoversi, ma anche alla bellezza, non quella ricevuta con la nascita, ma quella conquistata nello sforzo e nelle abitudini belle e buone (habitus).
All’uomo s-graziato e dis-graziato viene donato un percorso impegnativo di riabilitazione, che trova il suo archetipo nella persona di Gesù, il riabilitatore per eccellenza. Pagazzi esamina i testi evangelici aventi come protagonista Gesù e la sua “grazia”. Col suo stesso nome Gesù è posto sulla scia di Giosuè e Giosia, sulla linea del dono di conquistare e riconquistare, di prendere e di riprendere, dell’abilità e della riabilitazione.
Gesù ha un «savoir-faire che gli conferisce un non so che, una grazia, da fargli trovare grazia davanti a Dio e agli uomini» (p. 87). Il suo portamento e comportamento ag-graziato è frutto dell’ascolto e della vita vissuta in casa fin da neonato. Anche per Gesù (cf Lc 2,51-52) la grazia è anche «il compimento del potere di muoversi, il dono di una conquista, non priva di sforzo» (p. 88). Egli «cresceva in sapienza e grazia».
Nel Vangelo di Giovanni si può notare che il portamento e il comportamento del corpo, della carne del Verbo, «il suo savoir-faire è la verità definitiva su Dio, sull’uomo e sul mondo». Nei Vangeli sinottici si rivela il Potente, che dona la grazia a s-graziati e dis-graziati. Egli rimette in piedi tutto l’uomo, rinfrancando mani e piedi. Rimette in movimento guarendo le malattie e perdonando i peccati che paralizzano. «Le vicende dell’indemoniato e del paralitico […] invitano a considerare che il male, inducendo al peccato, non mira tanto all’indebolimento del senso del dovere quanto alla perdita del nostro potere, rendendo sgraziati i movimenti da cui fioriscono e-mozioni, in-tenzioni, at-tenzioni e motivazioni; insomma: la vita» (p. 107).
Gesù riabilita i malati rimandandoli a casa per riconquistare con lo sforzo e la ripetizione propria del paziente de impegnativo processo riabilitativo. Gesù abilita alla riconquista di ciò che è stato perduto, rimettendo in movimento le persone. Rimette l’uomo, il “terroso”, in profondo ascolto catechistico (kat’echō, che “ri-echeggia”) della vita, del ritmo e della sapienza tipica della terra uscita dalle mani del Creatore. Gesù ha il potere e dona la conquista di riprendere il potere del movimento, del riconquistare il perduto. Egli infonde lo Spirito Santo, il respiro potente che, come nei tempi delle origini, dà la capacità di muoversi e il senso pratico all’uomo inerte nel male e nella fissità della morte. «Ora ciascuno può riconquistare la grazia, nella misura in cui si ri-abilita a praticare il portamento di Gesù, il definitivo, “ultimo terroso” (cf. 1Cor 15,45)». Nel giorno in cui il Creatore farà sorgere i morti dalla terra, quel ritiro possente verrà ancora donato “[…] per «riconquistare per sempre la terra perduta» (p. 115).
Un percorso originale e necessario. Recuperare il lato antropologico della grazia è un discorso nuovo e avvincente. Ricuperare appieno l’incarnazione è inderogabile. Il corpo è «anima carnale» (Péguy, citato a p. 8 dal card Ravasi nella densa prefazione). Pagazzi è un maestro nel cesellare le parole per far esprimere la loro potenzialità legata ai semi semantici che le collegano al tema analizzato in quel frangente. Fa parlare la vita, unendo con grande maestria antropologia, testi biblici, teologia, filosofia e scienze del bello. Tutto si tiene, grazia divina e libertà umana. Grazia di potere, dono di conquistare, grazia di stare al mondo in modo agg-graziato e conveniente, in profonda sintonia fra terra e uomo “terroso” da essa tratto.
Giovanni Cesare Pagazzi, Questo è il mio corpo. La grazia del Signore Gesù. Prefazione del card. Gianfranco Ravasi, Collana «Nuovi Saggi Teologici», EDB, Bologna 2016, pp. 136, € 13,00. 9788810412190
Descrizione dell’opera
La teologia cristiana riconosce alla «grazia» di Dio quasi esclusivamente il senso di «dono» e «perdono», trovandosi non di rado in seria difficoltà nell’articolare la generosità di Dio e l’effettivo contributo della libertà umana.
Il libro segue un’altra corrente della teologia biblica della grazia, per nulla alternativa ma diversa e complementare a quella che confluisce nell’epistolario paolino. Essa passa per il Libro di Giosuè, l’Esodo, la Genesi, i libri storici, profetici e sapienziali, attraversa i quattro Vangeli, la Lettera agli Ebrei (e molti altri testi), per sfociare nell’ultima riga della Bibbia: «La grazia del Signore Gesù sia con tutti». Tale «corrente» del grande fiume biblico scorge nel «potere di muoversi» e nel «senso pratico», il primo dono dato da Dio all’uomo; la grazia non si compirebbe dunque nel dono poiché trattandosi del «dono di un potere» provoca ed esige l’effettivo esercizio. Solo se tale potere viene praticato in maniera congruente alla realtà uscita dalle mani del Creatore diviene savoir-faire, portamento e comportamento garbato, sapiente, giusto, ag–graziato, cioè grazia. Non per nulla l’ebraico biblico adotta le espressioni «goffo» e «maldestro» per definire l’empio, l’insipiente e l’ingiusto.
Note sull’autore
Giovanni Cesare Pagazzi, prete della diocesi di Lodi, insegna Teologia alla Facoltà Teologica dell’Italia Settentrionale (Milano) e allo Studio Teologico Riunito dei Seminari di Crema – Cremona – Lodi – Vigevano. È docente di Estetica del sacro all’Accademia delle Belle Arti di Brera. Tra le sue pubblicazioni recenti: Sentirsi a casa. Abitare il mondo da figli (EDB 22011)Fatte a mano. L’affetto di Cristo per le cose (EDB 22014) e Gesù perdona le nostre colpe… (Glossa 2016).
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