A cinquant’anni da Lumen gentium, rimane un tema antico e sempre attuale quello di ripensare la Chiesa. Il saggio di Paolo Trianni, Stati di Vita, Cittadella, Assisi 2021, propone di fare, in pieno clima sinodale, un percorso di riflessione sulla natura e la missione della Chiesa analizzando non i suoi singoli stati, ma le loro differenze e le ragioni teologiche che giustificano la diversa rilevanza o autorevolezza che hanno nella comunità ecclesiale.
Tema non periferico
È dunque una riflessione profonda sull’identità della Chiesa, quella che emerge dalla riflessione di Trianni, nella convinzione che la teologia degli stati di vita non sia un tema periferico della scienza teologica, ma sia anzi fondamentale per comprendere l’essenza della Chiesa, le sue strutture dinamiche e il suo sviluppo futuro. L’autore sostiene, infatti, che molte delle questioni che agitano l’ecclesiologia, la sacramentaria e la teologia spirituale contemporanee hanno un collegamento diretto con questa tema teologico che invece, paradossalmente, non ha ricevuto attenzioni particolari.
Se vita laicale, vita consacrata e vita sacerdotale – prese singolarmente – sono stati oggetto di una lunga tradizione di studi, nel panorama editoriale mancava ancora una riflessione che approfondisse la logica teologica che le distingue, ordina e gerarchizza. Il merito del saggio è appunto quello di compensare una dimensione poco esplorata e lacunosa della teologia contemporanea.
Comprendere le ragioni teologiche e spirituali che hanno dato alla comunità ecclesiale la sua forma, anzi le sue forme, significa non solo ripensare la Chiesa, ma riprogrammarla per le sfide che l’attendono nel terzo millennio.
La teologia degli stati di vita non propone soluzioni risolutive e definitive, però aiuta la Chiesa sinodale a comprendere sé stessa, e a portare a maturazione le innovazioni emerse durante il Concilio Vaticano II. Quest’ultimo, pur senza cancellare la tripartizione classica, l’ha in parte relativizzata, enfatizzando la comune appartenenza e l’universale dignità dei battezzati. Questo nuovo accento ha segnato l’inizio di un loro ripensamento complessivo nell’ottica della «stretta strumentalità alla funzione»[1].
Il Concilio non ha contestato la legittimità delle forme ecclesiali e i loro confini, ma ha implicitamente messo in guardia contro alcune possibili distorsioni, affinché non accada, come commentava Montini, che privilegi nati per l’esercizio di una funzione non si trasformino in funzioni in vista di privilegi.
Una sintesi (teologica) nuova
La situazione ecclesiale attuale, dice Trianni, appare dinamica e alla ricerca di una nuova sintesi, perché, se è in via di superamento la rigida separazione tra gli stati che ha segnato l’ecclesiologia del passato, non è plausibile nemmeno l’idea che una forma ecclesiale possa assorbirne un’altra.
L’unico dato certo è che oggi la pluralità ecclesiale non è più vista come un limite, ma come una risorsa che rispecchia l’inesauribile ricchezza dello Spirito.
Trianni analizza la questione da diversi punti di vista.
Per quanto riguarda l’ecclesiologia, ritiene che gli stati di vita siano da analizzare in rapporto al superamento della teologia del laicato e alla luce dei nuovi modelli di Chiesa incentrati sui ministeri e sulla comunione, che, senza annullare la piramidalità gerarchica, ne tratteggiano oggi un senso ulteriore e differente, maggiormente orientato al servizio.
Per quanto riguarda la sacramentaria, ritiene che sia utile tornare a riflettere sulla nozione di carattere e sulla distinzione che sussiste tra sacramenti e sacramentali. A differenze della sacramentaria e dell’ecclesiologia che tendono a distinguere, l’autore afferma che la teologia spirituale tende invece ad uniformare e a relativizzare le forme ecclesiali.
Dal punto di vista spirituale, gli stati di vita tendono a diventare un’accentuazione di un aspetto che si innesta sull’esperienza cristiana comune.
Per quanto concerne l’aspetto antropologico, Trianni ricorda che per Tommaso lo stato non dipendeva dall’ufficio ma dall’irrevocabilità esistenziale, da ciò la necessità di tornare a riflettere sulla nozione di stato intendendolo non più come una condizione stabile e immutabile di esistenza, bensì come una vocazione esistenziale che definisce la persona.
Differenza e identità
Alla luce dei diversi punti di vista trattati, il saggio di Trianni mette in evidenza come gli stati di vita risultino essere un locus theologicus della scienza teologica contemporanea attuale e centrale. La loro attualità deriva dal fatto che la Chiesa di oggi vive quasi per osmosi quanto accade nella società civile, dove è presente una crescente richiesta di democratizzazione, uguaglianza e universalità. Una più matura teologia degli stati di vita serve appunto per fare l’opportuno discernimento e le dovute valutazioni. La centralità del tema, invece, deriva semplicemente dal fatto che la categoria di stato definisce il cristiano e la scansione in stati definisce la Chiesa.
Trianni ricorda che il concilio aveva già proposto la macro categoria, unitiva e uguagliante, della partecipazione comune al sacerdozio di Cristo (LG 10). Sulla scia di questa apertura, secondo il teologo della Gregoriana, la Chiesa contemporanea è chiamata a trovare una nuova sintesi di unità-nella-differenza, dove la diversità (di sacramento, di vocazione, di carisma, di ministero, di forma di vita) sia in equilibrio con l’unica grazia, l’unico Spirito, l’unico donatore, l’unico amore.
Il compito della teologia degli stati di vita, afferma Trianni, è quello di pensare sia la differenza (se funzionale o sostanziale) sia l’identità (se battesimale o pneumatologica) al fine di individuare una formula ecclesiale capace di armonizzare sempre meglio queste due polarità.
Anche se alcuni teologi hanno ipotizzato che sia più opportuno parlare di diverse vocazioni nell’unica vita cristiana, anziché di stati, Trianni ritiene che una Chiesa senza stati non sia possibile, perché sono proprio essi che definiscono la sua forma. Per questa ragione, conclude l’autore, gli stati di vita non si possono considerare un ambito disciplinare come gli altri o tra gli altri, bensì il genitivo teologico più decisivo per il futuro della comunità cristiana.
Paolo Trianni, Stati di vita, Cittadella, Assisi 2021. La recensione è apparsa su L’Osservatore Romano, 20 febbraio 2022.
[1]G. Montini, Lo stato clericale. Prototipo fra gli stati o stato in senso improprio?, cit. 90.
Alcune opere mi sembrano interessanti, cioè dal mio punto di vista contengono un’idea interessante che tuttavia andrebbe articolata meglio. Mi spiego: riflettere per esempio sullo stato di vita del laico, cioè del battezzato, per ragioni storiche e teologiche, significa sconfinare in un campo dove la Riforma si è abbondantemente espressa e un cattolico sa che entrare in questo campo significa rischiare. Ecco perché certe opere, pur essendo interessanti. mancano di audacia teologica. Un bel libro sulla vita consacrata è quello del compianto e grande Lafont (tra teologia, spiritualità e vita concreta).
I ragionamenti teologici sui rapporti tra gli stati di vita in un’ottica di sinodalità non trovano un riscontro nel diritto canonico. Non c’è sinodalità perchè non viene data effettiva concretezza al battesimo. I fedeli senza altra denominazione hanno il passaporto per la Gerusalemme celeste, ma nella chiesa sono solo sudditi, che praticamente non hanno diritto di parola. Fin quando i consigli pastorali non diverranno obbligatori e il loro pareri obbligatori poco o nulla cambierà. Se gli organi di partecipazione funzionano ogni altro ragionamento può essere sviluppato.