A partire dall’affermazione ricorrente che, anche se si muore a 70/80 anni, “si muore giovani”, l’autore di questo libro – che ci ha regalato anche La prima generazione incredula e La fuga delle quarantenni – riflette e fa riflettere su un altro fenomeno appariscente nella nostra società: la scomparsa della “vecchiaia”, intesa come ultima età della vita. «Di tutto oggi si può parlare tranne che del diventare ed essere vecchi». Oggi ad imperare incontrastato è «il mito del giovanilismo». Con la conseguenza che ci si trova di fronte a una popolazione «che sempre di più ritiene di poter vivere senza invecchiare» e che, togliendo alla morte il valore di questione ultima e decisiva per la qualità della vita, «non ha più alcun desiderio di investirsi nel nobile e grande mestiere dell’adulto». L’adultità è in tal modo liquidata e la maturità è scomparsa. L’effetto più deleterio è la rinuncia a educare, cioè a far crescere persone «capaci di responsabilità e di un esercizio autonomo della propria libertà». Anche il linguaggio ha subìto le sue contorsioni. Prima le tappe della vita erano l’infanzia, l’adolescenza, la giovinezza, l’età adulta, l’anzianità e la vecchiaia; adesso, dopo aver introdotto le categorie di “giovani adulti” e di “adulti giovani”, si arriva al massimo agli “adultissimi», e ci si ferma lì. Gli adulti giocano ad essere “perennemente giovani”. Amara la costatazione di don Matteo: «senza vecchi, non ci sono più né adulti né giovani», tanto che troviamo in giro «pochi bambini costretti a fare i grandi e tantissimi grandi che si trastullano a fare i bambini». Questo scombinamento incide anche nella prassi religiosa. L’autore rilegge in maniera gustosa i passaggi della vita sacramentale (battesimo, cresima, penitenza, unzione…) alla luce della cultura del giovanilismo. Il fascino per una giovinezza per sempre investe, infatti, anche il discorso ecclesiale. Quale modello di adulto credente si può offrire ai giovani, se gli adulti attuali sono «incatenati al mito della giovinezza?». E come si fa a parlare di vita eterna a coloro ai quali «basta “eternizzare” la vita nella sua forma giovane»? Queste considerazioni possono ingenerare l’idea che è accaduto qualcosa di irrimediabile. La diagnosi, infatti, non è confortante. Ma la figura di Gesù suggerisce una via d’uscita. Egli fa capire con la sua parola e con la sua vita che «la ragion d’essere dell’adulto» è una sola: dimenticarsi di sé a favore dell’altro. Qui c’è il vero «compimento dell’umano». La lettura di questo libro, brillante ed efficace, induce a pensare. E può suggerire ottimi spunti a quanti, nella famiglia e nella comunità, sono chiamati al non facile compito della formazione.
Armando Matteo, Tutti muoiono troppo giovani. Come la longevità sta cambiando la nostra vita e la nostra fede, ed. Rubbettino, Soveria Mannelli (CZ) 2016, pp. 101, € 10,00.