“Il signor parroco ha dato di matto”. C’è poco da dire, c’è poco da fare. C’è, invece, una storia tutta da leggere: quella costruita dal giornalista cattolico Jean Mercier, uscita quest’anno in Francia e pubblicata da poco in traduzione italiana dalla San Paolo (Il signor parroco ha dato di matto).
Colpo di scena
Testo godibile, “leggero” ma non superficiale, è la storia di un parroco francese – ma potrebbe essere italiano, spagnolo, portoghese, inglese, tedesco e via dicendo – che, di fronte ai complicati e tortuosi rapporti interpersonali, gelosie, rivalità, sciocche antipatie dei suoi parrocchiani, mescolate al suo personale desiderio di emergere, con un pizzico di incomprensione da parte del vescovo… “dà di matto” come dice il titolo. E decide di scomparire. Ma non va lontano. In base al principio che qualcosa da nascondere va messo sotto gli occhi di tutti, il suo rifugio lo trova nel giardino della parrocchia, in un piccolo locale dove si mura letteralmente dentro.
A questo punto la situazione si rimescola, qualcosa di nuovo accade. Da non anticipare, affinché il lettore non perda il gusto della vicenda.
Jean Mercier, in una clip video che si trova su YouTube – a proposito: c’è molto da imparare su questo modo di promuovere i libri… soprattutto da noi dove si legge già poco –, spiega che l’ispirazione gli è venuta dalle “confidenze” di diversi vescovi e parroci alle prese con la fatica del quotidiano: far convivere persone diverse, con esperienze e richieste assai variegate.
Detto in altri termini – nota personale, se il direttore acconsente! – il racconto è la trasposizione letteraria del mio 7 regole per una parrocchia felice (EDB, 2016) che, in sordina, ha raggiunto la prima ristampa. E testi come i due citati dimostrano quanto sia importante riflettere e sorridere al tempo stesso, perché nelle parrocchie (come nella società) la situazione dei rapporti interpersonali è difficile (esplosiva?).
Tre osservazioni
Tre osservazioni ulteriori.
La prima è di carattere psicologico. La trovata, il colpo d’ala del parroco che decide di scomparire, sottintende una raffinata tecnica cognitivo-comportamentale. Invece di cambiare gli altri (come il parroco all’inizio vuole fare, ottenendo pessimi risultati), devi cambiare il tuo comportamento. E l’equilibrio (negativo in questo caso) si modificherà di conseguenza, con cambiamenti anche notevoli nei comportamenti di persone che sembravano statiche e saldamente arroccate su posizioni nette.
Secondo. A mio avviso, non è tanto vero che, nel romanzo, ci siano echi di Guareschi (come ha scritto qualche commentatore) o di Bernanos. Mi sembra piuttosto che il libro di Mercier appartenga a una “tradizione” di “scomparsi”, che ha un precedente illustre in una trilogia di Gerard Bessiére – purtroppo mai più riedita in Italia –, dove a “scomparire” era il nuovo papa: stufo degli intrighi di una curia intrigante, lasciava il Vaticano alla chetichella per andare tra gli operai parigini e da lì decideva di indire un Concilio, restando saldamente papa fuori sede. Intuizione originale e nuova, all’epoca (anni Sessanta).
Terzo. Quando il mondo cattolico si appropria in maniera seria ed efficace dei temi che gli sono propri, i risultati non si fanno attendere. E si può parlare seriamente di problematiche ecclesiali attraverso la letteratura. Come attraverso i fumetti. Abbiamo l’esempio della Chiesa di San Martino in Riparotta, vicino a Rimini, dove la storia del santo campeggia in fumetti sulle pareti. Oppure gli Angelus domenicali sempre a fumetti di Tomàs de Zarate, spagnolo che vive in Slovenia e pubblicati da Il Timone.
Dunque, qualcosa di nuovo è in arrivo. Intanto, almeno, si comincia a riflettere e a sorridere. Poi qualcosa cambierà.