Parroco al Terminillo e docente di teologia dogmatica a Terni e a Rieti, Pappalardo pubblica un interessante sussidio per la preparazione alla celebrazione del sacramento del perdono/riconciliazione da parte degli giovani e degli adulti. Questo costituisce una preziosità unica, vista la quasi totale scomparsa di tale celebrazione, che, anche quando avviene per gli adulti (magari con grandi responsabilità a tanti livelli), spesso si svolge sulla falsariga delle confessioni «infantili».
L’autore, che è anche fondatore della Fraternità monastica della Trasfigurazione presso il tempio votivo di San Francesco sul monte Terminillo, delinea innanzitutto le mille sfumature del peccato, tenendo presente i condizionamenti della fragilità e della malvagità pervasiva del nostro tempo.
Il peccato è una «felice colpa», così si proclama nell’Exultet della notte di Pasqua. Gesù è venuto a prendere su di sé il peccato degli uomini, per portarlo via come agnello immolato. La sua venuta non è dovuta solo al peccato dell’uomo, ma pensata da sempre dal Padre. Tuttavia, di fatto, essa assume una piega soteriologica impensata, ma salvifica nei confronti della violenza e della lontananza dell’uomo dal progetto di Dio.
Nel naufragio dei propri giorni, il sacramento del perdono si presenta come una scialuppa di salvataggio, una seconda tavola di salvezza, che interpella e coinvolge la Chiesa intera. Di qui derivano i percorsi penitenziali personali e comunitari che risvegliano la sensibilità sul peccato come evento che ha una rilevanza (negativa) in tutto il tessuto ecclesiale e sociale.
A volte, si dice che tutto è peccato e che anche i santi peccano sette volte al giorno. Una distinzione fra i diversi atti di fragilità, che però faccia chiarezza sulla serietà del peccato vero e proprio, resta sempre opportuna.
Pappalardo ripercorre quindi i segreti per una buona confessione (i classici «atti del penitente»). Molto utile il c. 6 «Confessare chi e che cosa», che ricorda la triplice confessione, ignorata dai più: confessione di fede, di lode e della vita (io preferirei questo ordine…). Spesso infatti le persone sono state abituate a vivere il sacramento del perdono/della riconciliazione come sacramento di… un solo «atto del penitente»: la confessione/elencazione dei peccati.
Saggi consigli spirituali sulla cadenza con la quale celebrare il Perdono donato dal Signore (popolarmente: «confessarsi») precedono l’ultimo capitolo dedicato al peccato come scuola di vita spirituale. Il peccato è un antidoto alla presunzione, ma è anche un’occasione – da non ricercare, evidentemente, ma da vivere bene quando ci si trova avviluppati in esso – per sentire tutta la gioia di sentirsi amati dal Signore. È questo che il sacramento celebra, e le persone fanno fatica ad assimilare! Il peccato, inoltre, è una scuola di umiltà e di carità.
Un sussidio ben fatto, pensato per il mondo dei giovani e degli adulti, coloro che non sentono più il bisogno di «confessarsi» spesso perché non hanno presente il vero senso del sacramento del perdono/riconciliazione.
Questo libretto può fare molto del bene e ne raccomandiamo ai pastori un’ampia diffusione nei tempi forti dell’anno liturgico, nei ritiri e nei momenti formativi del cammino parrocchiale e di gruppo.
Mariano Pappalardo, La parabola del buon peccatore. Preparazione alla confessione per giovani e adulti, EDB, Bologna 2017, pp. 96, € 6,50.
Ma perché il perdono della confessione di fede, di lode, di vita deve passare solo attraverso il confessore? Ci sono anche altri momenti, vedi l’Eucaristia, i Momenti comuni della celebrazione della Penitenza ecc. Ritengo che la Confessione debba rimanere, ma non bisogna escluderne altri
già la confessione è un sacramento che ha subito un declino inesorabile sia nella frequenza (pochi si confessano con regolarità) che nella qualità (molti di quelli che si confessano quelle 1/2 volte l’anno lo fanno male, senza nessuna spinta a convertirsi) se la rendiamo ‘facoltativa’ gli diamo il colpo di grazia. In secondo luogo dopo il Concilio la riforma dei riti ha ben separato dal punto di vista liturgico la Confessione sacramentale dalla confessione generale che si fa durante la Messa, proprio per far capire che non sono equivalenti. In terzo luogo il confessore è stato consacrato anche per confessare, e in lui agisce lo Spirito Santo: perchè non voletr confessarsi davanti a lui? forse perchè confessarsi da soli sembra più facile…