«Siamo pronti ad affrontare gli abissi? Abbiamo abbastanza aria nei polmoni, per sopravvivere?». Sono le parole pronunciate dal primo ministro (fittizio) Fabrizio Pietromarchi, parole che attraversano profeticamente i molti piani di un opera complessa, che non mancherà di far parlare di sé e che forse – così speriamo – contribuirà ad alimentare una sensibilità da tempo auspicata nella produzione televisiva italiana.
Stiamo parlando de Il miracolo, serie tv in otto episodi scritta e diretta da Niccolò Ammaniti insieme a Francesco Munzi e Lucio Pellegrini per Skyatlantic HD, conclusasi il 29 maggio scorso. Il miracolo è indubbiamente un’opera affascinante e misteriosa fin dalla bellissima sigla di apertura che, pur se non perfetta in tutto, speriamo possa inaugurare un nuovo corso nella produzione di fiction italiane. Ammaniti è un noto e premiato autore di libri best seller, adattati anche per il grande schermo: Ti prendo e ti porto via, Io non ho paura, Come Dio comanda; ma Il miracolo sembra strizzare l’occhio piuttosto ai suoi primitivi e apocalittici racconti della raccolta Fango. Con Il miracolo l’autore compie un passo rivoluzionario per una serie made in Italy, allineandosi al livello lirico e visivo alle fortunate produzioni internazionali del genere da una parte, ma distinguendosi con la propria personale visione dall’altra, ritagliandosi così un posto più che rispettabile tra quei “veri miracoli creativi” che sono le serie tv contemporanee.[1]
La serie è incentrata sul ritrovamento – nel nascondiglio di un boss della ‘ndrangheta – di una statua di plastica della Madonna che piange sangue umano, nove litri l’ora, e dell’effetto che il fenomeno ha su alcuni personaggi di cui seguiamo le vicende.
Tra questi Fabrizio Pietromarchi (Guido Caprino), primo ministro italiano alle prese con un preoccupante calo dei consensi dovuto alla possibilità che un referendum decida l’uscita dell’Italia dall’Europa. Per il premier le cose si complicano quando il Generale Votta (Sergio Albelli) lo convoca in una piscina sequestrata dove la Madonna piangente è stata stoccata per motivi di sicurezza nazionale.
Il Premier interpretato da Caprino è uno dei personaggi più riusciti e carismatici della serie e riesce molto bene ad incarnare la resistenza dell’uomo verso il mistero, il nuovo, l’incapacità di considerare l’ignoto come una condizione di possibilità piuttosto che fonte di terrore e smarrimento. Bellissimi quanto inquietanti i sogni che tormentano Pietromarchi, che ci mostrano con grande forza simbolica la sua incapacità di aprirsi.
Non meno interessante è il personaggio di padre Marcello, interpretato da Tommaso Ragno: amico di famiglia di Pietromarchi, è un sacerdote che ha perso la fede e si trova letteralmente all’inferno, perso tra i vizi del gioco e della pornografia. Convocato dallo stesso Pietromarchi per vedere la statua e avere un suo parere sul miracolo, padre Marcello verrà folgorato dalla visione della Madonna piangente, che definirà “un miracolo di proporzioni epiche”, che non può essere tenuto nascosto e che cambierà le sorti dell’Italia e del mondo. Da queste convinzioni nascerà il contrasto con il primo ministro.
C’è però anche un altro aspetto che la serie intende indagare: il rapporto tra miracolo e scienza. La Madonna è infatti monitorata da un gruppo di giovani scienziati tra i quali spicca Sandra Roversi (Alba Rohrwacher), la studiosa che accerterà l’autenticità del sangue umano (maschile) pianto dalla statua. Sandra vive un difficile rapporto con la madre da tempo malata; combattuta tra l’evidente inspiegabilità dell’evento e le possibilità offerte dalla scienza di indagare l’origine del sangue, Sandra si convincerà che forse il miracolo non è avvenuto per caso: forse quel sangue è un messaggio per l’umanità e contiene le possibilità genetiche dell’uomo nuovo. Non sveliamo altro su questa parte della storia che avrà non poco peso sul finale di stagione della serie, aperto a un possibile seguito non ancora annunciato.
Alla fine de Il miracolo, dopo aver seguito le reazioni dei diversi personaggi a contatto con il mistero, viene però da chiedersi chi sia il vero protagonista della serie. I personaggi, infatti, sembrano incarnare i difetti, le ambizioni e le speranze dell’Italia stessa. Da questo punto di vista Il miracolo è un’opera di grande forza politica prima ancora che teologica.
Ammaniti si serve di un immaginario religioso ampiamente riconosciuto e riconoscibile per il pubblico italiano[2] ma non intende creare una fiction religiosa, tutt’altro: la Madonna sanguinante smette fin da subito di essere un evento riconducibile esclusivamente al mistero cristiano e diventa la cifra universale dall’inspiegabile, che resiste ai tentativi umani di chiudersi nella propria autosufficienza. Il miracolo è ciò che spezza il normale flusso del quotidiano e ci dice che la sovversione della monotonia schiacciante della nostra società e della natura è possibile: che il nuovo può farsi strada proprio dove tutte le forze sembrano lottare per l’immobilità e l’irrigidimento della società e dello spirito.
In questo senso la scrittura di Ammaniti centra il bersaglio, utilizza l’immaginario religioso evidenziandone però l’impatto antropologico, che precede ogni credo e convinzione. Il miracolo parla perciò certamente all’uomo e parla soprattutto dell’Italia e all’Italia, forse oggi più che mai immersa proprio in quegli abissi oscuri profetizzati da Pietromarchi.
[1] F. Pellegrini, Entrare nel contemporaneo. La lezione di 24, Lost e FlashForward, Bulzoni Editore, Roma 2015, 31.
[2] I fatti della serie prendono spunto dalle vicende del caso della Madonna di Civitavecchia. Che avrebbe pianto sangue diverse volte tra il 2 febbraio al 15 marzo 1995.
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