Il progetto del teologo basco José Antonio Pagola di rivivificare le parrocchie e le comunità in ordine all’annuncio del Vangelo proponendo loro un preciso cammino pastorale giunge al termine con questo quarto volumetto. I primi tre avevano per titolo: Recuperare il progetto di Gesù (EDB), Annunciare Dio come buona notizia (EDB) e Cristo risorto è la nostra speranza. L’edizione italiana di questo testo, come dei precedenti, è curata da don Francesco Strazzari, nostro collaboratore per SettimanaNews.
Nella prima parte del presente volume Pagola traccia un quadro della situazione dell’uomo del nostro tempo. Si tratta di tre capitoli, al solito molto efficaci e convincenti. Li possiamo sintetizzare in tre affermazioni:
- «Non è più il tempo di imporre certezze, ma di accompagnare le persone a interrogarsi sul senso ultimo dell’esistenza». Né la scienza né la tecnica possono rispondere agli interrogativi dell’essere umano e colmare gli aneliti del suo cuore, perché «l’uomo continua ad essere un enigma difficile da decifrare». L’uomo cerca un senso alla sua vita, alle sue azioni e alle sue aspirazioni. Anche se oggi la religione (la pratica religiosa) è in crisi, tuttavia rimane vero che «fino ad ora, i “grandi datori di senso”, sono state le religioni». Certo, l’uomo può espellere Dio dalla propria vita ma la forza del male e la sconfitta della morte possono rimanere senza risposta?
- «Non possiamo dedicarci ad annunciare la “speranza nella vita eterna” ignorando chi sta perdendo anche la speranza in questa vita». Non possiamo non farci carico come cristiani di tutte quelle situazioni in grado di prostrare o di annullare la speranza (paure, malattie, fallimenti, solitudini…). Con un’umile certezza: la speranza si comunica «per contagio», mettendo in pratica soprattutto tre atteggiamenti quali l’accoglienza, l’ascolto e l’accompagnamento.
- «Sono convinto che la preghiera sia un’esperienza chiave per risvegliare, dare forza e arricchire la nostra azione di evangelizzazione». Senza dimenticare che la preghiera di chi evangelizza deve essere sempre permeata dell’amore di Dio per ognuna delle sue creature.
L’autore, nella seconda parte del libro, suggerisce cinque ambiti verso i quali rivolgere l’azione evangelizzatrice. Sono quegli ambiti che papa Francesco ha chiamato «periferie esistenziali».
Il primo di essi parte da una costatazione: «ogni giorno aumentano quelli che si allontanano dalla Chiesa e abbandonano la fede». Perché si sono allontanati? Che cosa cercano altrove? Dopo aver analizzato i motivi di coloro che abbandonano (indifferenza, crisi morale, conflitto con la Chiesa, crisi ideologica, negligenza…), l’autore tenta una risposta a partire da coloro che “ritornano”. Perché ritornano, dopo aver sbattuto la porta in faccia alla Chiesa e alla pratica religiosa? Basta ascoltarli. Essi raccontano innanzitutto perché prima se ne sono andati, poi perché le esperienze sostitutive della loro fede non li hanno soddisfatti, fino a far sentir loro la nostalgia per un ritorno, che però non è un riannodarsi al passato bensì un nuovo inizio.
Il secondo ambito è l’area della povertà. Come deve comportarsi la comunità cristiana davanti alle situazioni di povertà e di emarginazione? L’autore immagina come interlocutori tutte le persone semplici delle nostre parrocchie impegnate nel volontariato, nella Caritas, nel servizio agli anziani, agli emigranti… Quali atteggiamenti devono assumere? Due convinzioni, prima di tutto: credere in Dio vuol dire lavorare per il povero, perché anch’esso è figlio di Dio ed è bisognoso di amore e di giustizia; il povero è memoria vivente di Gesù («Cristo lo si trova oggi nel settore degli esclusi»).
Impegnativo il terzo ambito – le carceri – dove il cristiano è chiamato ad un «servizio di riconciliazione». Dopo aver analizzata la situazione in cui versano i detenuti, l’autore suggerisce di offrire ai carcerati un «perdono accogliente», nella convinzione che l’accoglienza del perdono «rende possibile la trasformazione interiore della persona».
Altro ambito di frontiera sono i malati psichici. Guardiamo come ha fatto Gesù: li ha accolti, li ha liberati dal male e li ha reinseriti nella convivenza. È chiaro che in questo ambito non ci si improvvisa, perché queste persone hanno bisogno di un’attenzione religiosa personalizzata. Bisogna superare paure e pregiudizi, perché anch’essi sentono il bisogno di essere amati e sono destinatari della grazia sacramentale.
L’ultimo settore segnalato da Pagola è l’area dell’omofobia. È applicabile anche qui «il principio-misericordia»? È possibile creare «una società liberata dall’omofobia, dove la comunità omosessuale possa convivere in maniera più degna, giusta e felice con la maggioranza eterosessuale»? È innegabile che il magistero ufficiale della Chiesa in questo ambito sia per lo meno ancora parecchio sospettoso. È convinzione dell’autore che occorra far evolvere questo atteggiamento.
Le pagine scritte da Pagola sono ricche di umanità e di concretezza, nascono dalla vita e dalla sua complessità, sono costantemente illuminate dalla luce del Vangelo, contengono preziose indicazioni pratiche affidate ai cristiani delle comunità parrocchiali. La nota costante che colpisce il lettore è l’insistenza su alcune parole chiave come accoglienza, misericordia, vicinanza, ascolto, accompagnamento. L’unica carta vincente per la Chiesa del nostro tempo.
José Antonio Pagola, Percorsi di evangelizzazione, Edizione italiana a cura di Francesco Strazzari, Collana «Fede e annuncio», EDB, Bologna 2018, pp. 139, € 14,00. 9788810203989