Ci troviamo di fronte alla prima edizione italiana integrale dell’unico commento alle lettere di Paolo in lingua greca pervenutoci per intero. Teodoreto, vescovo di Cirro (Antiochia 393 – Antiochia?/Monastero di Nikertai? 460 ca.) partecipò attivamente alle dilanianti discussioni intraecclesiali del V sec. d.C. sulla cristologia. Amico e seguace di Giovanni Crisostomo, egli mantenne una linea mediana nella lotta fra la scuola “letteralista” di Antiochia e quella più “allegorica” di Alessandria, rappresentata dal suo esponente principale, Cirillo.
Teodoreto compose il suo Commento verso il 447 d.C. Dopo un Prologo generale, egli commenta le 14 lettere attribuite allora a Paolo suddividendole fra quelle scritte in Asia, Macedonia e Acaia e quelle composte a Roma. L’ordine seguito è il seguente: Rm, 1-2Cor, Gal, Ef, Fil, Col, 1-2Ts, Eb, 1-2Tm, Tt, Fm.
Teodoreto persegue l’ideale della sinteticità e della chiarezza. Il suo commentario non ha lo stile della retorica impetuosa delle omelie di Crisostomo, ma la sobrietà di colui che intende “nascondersi” dietro l’autore biblico e il testo delle varie lettere, facendone risuonare l’eloquenza immanente. Le sue sono brevi annotazioni, parafrasi, spiegazioni.
Il suo scopo principale è sottolineare l’utilità (opheleia) che Paolo intendeva trasmettere al lettore e l’individuazione dello scopo (skopos) che egli aveva in mente nella composizione della lettera. Teodoreto ne individua uno generale e uno particolare per ogni pericope esaminata.
Egli procede con l’esame del testo versetto per versetto, con molta attenzione alle problematiche grammaticali, al senso letterale del testo, alla possibilità di un suo ulteriore senso allegorico-tipologico che anticipi i tempi della Chiesa successiva, fornendo termini e ragionamenti atti a combattere le eresie che Paolo avrebbe intravisto chiaramente fin dal suo tempo.
Teodoreto cita come sue fonti alcuni (tines), che praticamente si possono individuare in Giovanni Crisostomo e in Teodoro di Mopsuestia (le sue “lampade”).
Egli semplifica e sintetizza lo straripante eloquio di Crisostomo – attento anche alle tecniche retoriche di composizione –, attenendosi per lo più alle sue conclusioni esegetiche.
Nei confronti di Teodoro attua invece un’assimilazione più prudente, escludendo per esempio tutto il linguaggio cristologico dell’homo assumptus impiegato da lui parlando dell’incarnazione.
Oltre Diodoro di Tarso, si possono individuare altri maestri di Teodoreto: Origene, Efrem, Severiano di Gabala.
Nel commento alla Lettera agli Ebrei, Teodoreto assume posizioni più ireniche verso Cirillo di quelle usate in precedenza nella sua opera Confutazione dei dodici anatematismi, scritta proprio per controbattere a Cirillo.
Altri criteri interpretativi della Bibbia (oltre allo skopos e all’opheleia) sono per Teodoreto la necessità di interpretare la Bibbia con la Bibbia, l’equilibrio tra il senso letterale (da preferire in prima battuta) e quello allegorico, la sottolineatura del senso tipologico, la vita stessa di Paolo e il dono profetico a lui concesso.
In Teodoreto vi è un andirivieni continuo tra la spiegazione del testo e un accentuato interesse teologico nell’individuare in esso i termini e i ragionamenti atti a sostenere le sue posizioni teologiche nel dibattito cristologico in corso.
Nel suo commento, Teodoreto ha presente la tematica antropologica, con l’attenzione alla composizione dell’uomo fatto di anima immortale e di corpo mortale (a differenza di ciò che sosteneva il suo maestro Crisostomo), segnato dalla fragilità e dalle passioni, sempre in bilico fra libertà e grazia.
Il fulcro del commento di Teodoreto è però di tipo cristologico. Egli è molto attento a sottolineare la dottrina delle due nature, centrando la sua attenzione sul cuore problematico della fede: l’incarnazione. La dottrina delle due nature aiuta ad accostarsi, fra l’altro, anche allo spinoso problema della sofferenza del Verbo, non attribuibile alla divinità.
L’intento principale di Teodoreto era triplice: parlare a tutti, difendersi, attaccare. Non va quindi dimenticato che il Commento è attento all’esegesi sintetica del testo, ma è pervaso anche da un aperto intento polemico antiereticale.
L’impostazione polemica del Commento si riscontra nello scopo di confutare gli avversari. Se le eresie sono “mistero di iniquità”, vanno smascherate e combattute.
Contro gli gnostici e i manichei Teodoreto sottolinea l’unicità di Dio, la bontà della creazione e la risurrezione dei corpi.
Contro Sabellio e il monarchianismo egli difende la Trinità.
Contro ariani, eunomiani e pneumatomachi sottolinea la dottrina della consostanzialità del Figlio con il Padre e con lo Spirito divino.
Contro i novaziani dibatte sul secondo matrimonio e il perdono dei peccati.
Contro l’idolatria e il giudaismo chiede con forza di riconoscere la nuova economia inaugurata con l’avvento di Gesù Cristo.
Il vero obiettivo del Commento rimane però probabilmente la polemica intraecclesiale: esegesi letterale, esegesi allegorica, due nature e una persona in Cristo.
Teodoreto cercò sempre, senza condannare l’amico Crisostomo (e anche quando lo dovette fare), di tenere una linea mediana, facendo vedere le problematiche nascenti dal senso diverso attribuito alle stesse parole greche; physis, prosopon ecc. Egli tenne in conto tre capisaldi: Gesù Cristo, Paolo, la tradizione ecclesiale che già venerava i “padri” e teneva in conto i dettami dei concili. E questo con l’intento dell’edificazione del progresso spirituale e dottrinale del popolo di Dio.
Va ricordato, infine, che gli scritti di Teodoreto furono oggetto di anatema da parte del secondo concilio di Costantinopoli del 553, condannando in tal modo la sua figura e le sue opere all’oblio ecclesiale.
Dopo l’elenco delle abbreviazioni e delle sigle (pp. 7-10), il volume presenta una ricca Introduzione di Perrotti (pp. 11-138) con un excursus sullo status filologico della trasmissione del testo (pp. 139-141) e la bibliografia (pp. 142-158). Il commento alle 14 lettere attribuite allora a Paolo occupa le pp. 159-1045. Dopo un’Appendice (pp. 1045-1050) riguardante le integrazioni dell’edizione MP1, il pregevole e importante volume si chiude con gli indici: scritturistico (pp. 1053-1076), onomastico (pp. 1077-1090), analitico (pp. 1091-1102).
Teodoreto di Cirro, Commento alle lettere di Paolo. A cura di Pierpaolo Perretti (Letture cristiane del primo millennio 57), Edizioni Paoline, Milano 2017, pp. 1120, € 72,00.