Chissà se Nietzsche si è ispirato a Qoèlet per scrivere Così parlò Zarathustra. Non vi è dubbio che il libro di Qoèlet offra moltissime considerazioni; ne hanno scritto in molti, a volte anche in disaccordo come Voltaire. È uno dei libri della Bibbia, dell’Antico Testamento. Luigino Bruni vi ha dedicato di recente il saggio: Una casa senza idoli. Qoèlet, il libro delle nude domande, edito dalle Edizioni Dehoniane Bologna.
I libri spesso sono delle chiamate e il saggio di Bruni lo è stata; un modo per porsi domande e darsi delle risposte, per riflettere su questioni riguardanti il lavoro, il tempo, l’edonismo, la falsa meritocrazia, il profitto, temi di estrema attualità. È bizzarro pensare, nella società odierna, al libro di Qoèlet come a un testo di filosofia, da leggere e meditare dal punto di vista laico, ovvero da una prospettiva non olistica, generica, ma filosofica: «Cercare la verità senza possederla, indagare la conoscenza restando insoddisfatti e indigenti, è semplicemente la condizione umana».
È uno dei passi del saggio di Luigino Bruni il quale, in qualità di docente ordinario di Economia politica, vede in Qoèlet la denuncia di una «globalizzazione» come crisi profonda della cultura dell’Israele del tempo. Non solo. In Qoelet, egli vede anche il confutatore dell’ideologia meritocratica, secondo la quale il giusto viene ricompensato con beni, salute, figli e il malvagio punito, considerato uno sventurato, perché colpevole. Qoèlet, dunque, è un antidoto contro la nuova-antica idolatria che sta invadendo ogni settore, dalla politica alle imprese alla Chiesa, senza trovare resistenza.
Una casa senza idoli dovrebbe essere la nostra, evidenzia Bruni, mentre la produzione di idoli pare la sola risposta di massa alla morte. L’idolatria, non l’ateismo, «è sempre stata la grande illusione per vincere la morte» (p. 43). Nel saggio si tratta di una società che non riflette più sulla morte, non osserva la vita, la natura, l’essere umano nella sua autenticità. Da cui l’eco pretenziosa di «reimparare e raccontare il paradiso a gente che non riesce più a vederlo anche perché le nostre ideologie religiose consolatorie glielo hanno svelato. Qoèlet non popola il nostro paradiso. Ma lo svuota di idoli, e la sua compagnia è più utile di quella dei costruttori dei tanti paradisi consolatori» (p. 41).
Qoèlet quindi un po’ come Diogene, o Zarathustra: un profeta, uno che si propone di mettere in discussione le proprie certezze, che indica possibili vie, ricerca il sole, la luce, pur conoscendo il valore e il senso del buio. Sorprende la definizione data da Bruni della Bibbia, espressione di un autentico umanesimo solo se presa sul serio, nella sua interezza, senza censurarne gli snodi e gli accordi dolorosi. Come ci è stata raccontata sino a oggi? E come viene ancora oggi raccontata ai ragazzi, ai giovani?
Il libro di Qoèlet non è un romanzo né un trattato di teologia. È più simile a un diario spirituale ed etico. Pertanto leggerlo e interpretarlo, magari nelle scuole, come se fosse un manuale di filosofia, potrebbe rivelarsi vantaggioso per gli studenti e per gli insegnanti. Ogni capitolo va ascoltato con la dovuta attenzione, con meraviglia. Lascia attoniti quando si legge: «Le teorie del merito hanno bisogno di un umanesimo di individui moralmente diversi tra loro, dove ognuno ha la propria “scheda” personalizzata di azioni, ricompense. Le società olistiche non sono meritocratiche».
L’autore del saggio tratteggia un panorama fosco ma reale dal punto di vista economico e politico, evidenziando che questo tipo di ideologia, accresciuta da grandi imprese, aziende, multinazionali, parla di umanesimo ma dell’umano e della vita né sa poco. In questo contesto, Qoèlet ci insegna a non guadare la nostra vita e quella degli altri dal punto di vista del merito, dei premi, delle punizioni, secondo l’ottica di un’economia che non farà altro, come già accade, che incentivare i meriti quantitativi e misurabili, atrofizzando le qualità, le competenze, quanto non si vede, come nel caso delle virtù: la saggezza, l’onestà, la mitezza, la resilienza.
Grazie a Una casa senza idoli ci si può accostare al libro del Qoèlet, e ad altri libri della Bibbia, riflettendo e tentando individualmente di cambiare la rotta, di non lasciarsi trascinare dalle correnti avverse che stanno travolgendo la civiltà umana, con particolare riguardo a quella italiana.
Luigino Bruni, Una casa senza idoli. Qoèlet, il libro delle nude domande, EDB, Bologna 2017, pp. 136, . La recensione firmata da Alessandra Peluso e qui ripresa è stata pubblicata sul sito web Affaritaliani.it lo scorso 11 ottobre.