Raggiunti i settantacinque anni di vita, il sacerdote cattolico John P. Meier – già docente di NT alla Catholic University di Washington/D.C., già presidente della Catholic Biblical Association e direttore di riviste specializzate (CBQ, NTS, DSD), attualmente professore di Nuovo Testamento alla Notre Dame University, nello stato americano dell’Indiana – con questo quinto volume completa la sua monumentale ricerca sul Gesù storico, denominato da lui «ebreo marginale».
Lo sviluppo della ricerca si è così articolato (volumi pubblicati in italiano sempre dalle edizioni Queriniana, Brescia, collana BTC 117.120.125.147.186): vol. Un ebreo marginale. Ripensare il Gesù storico 1. Le radici del problema e della persona 2001 (ed. am. 1991), pp. 472; 2. Mentore, messaggio e miracoli 2002 (1994), pp. 1344; 3. Compagni e antagonisti 2003 (2001), pp. 736; 4. Legge e amore 2009 (2009), pp. 760; 5. L’autenticità delle parabole 2017 (2016), pp. 456.
Già nella pagina dei ringraziamenti Meier precisa lo scopo del suo libro: non esaminare tutte le parabole (lavoro già fatto egregiamente dai commentari e dagli studi ad hoc), ma studiare quelle che possono validamente rivendicare la propria autenticità, nel senso che possono essere fatte risalire con certezza al Gesù storico. Le parabole nel loro insieme sono già state studiate da molti esegeti, e Meier non intende ripetere il lavoro.
Distinzione fondamentale
Nella sua introduzione al vol. 5 egli ricorda la strategia complessiva seguita nella sua monumentale ricerca, visto che il lettore può aver consultato solo uno o l’altro dei suoi volumi. Per lui «è essenziale distinguere tra la ricerca sul Gesù storico, da un lato, e la teologia (con la sua suddivisione della cristologia), dall’altro» (p. 19). Nel vol. 5 egli vuole «erigere un alto muro di separazione tra la ricerca storica e la cristologia» (ivi), notando «fin troppa confusione tra il ruolo svolto dalle parabole nella fede cristiana e nella teologia e quello che esse dovrebbero svolgere in una seria ricerca sul Gesù storico» (ivi).
Per aiutare il lettore a orientarsi nell’opera di John P. Meier, riportiamo alla lettera qualche sua asserzione formulata nell’Introduzione al volume 5 (pp. 10-37). Il «Gesù storico» non è racchiuso nel «Gesù reale», perché gran parte di quest’ultimo «includerebbe tutto ciò che Gesù di Nazareth disse, fece e sperimentò negli oltre trent’anni della sua vita nella prima metà del I secolo d.C. Una buona parte della realtà totale che fu Gesù è andata perduta e non sarà mai recuperata. Al contrario, il Gesù storico è un costrutto astratto creato da studiosi moderni, applicando metodi storico-critici a fonti antiche.
Se gli studiosi applicano questi metodi alle fonti appropriate con competenza professionale, logica attenta e integrità personale, abbiamo buone ragioni per aspettarci che la loro ricostruzione astratta si avvicini, e in parte coincida, con l’ebreo del I secolo chiamato Gesù di Nazareth. La corrispondenza non sarà mai perfetta (…) non ho mai accettato lo scetticismo totale, il soggettivismo radicale o il prospettivismo associato a certi approcci alla storia vagamente etichettati come “postmoderni”» (p. 20).
Criteri di storicità
Meier riespone la propria metodologia, facendo «un ripasso del codice della strada». Egli ricorda i criteri di storicità seguiti nell’analisi dei racconti evangelici.
A) I cinque criteri primari sono:
- il criterio dell’imbarazzo, che «individua materiali evangelici che difficilmente sarebbero stati inventati dalla Chiesa primitiva, perché creavano imbarazzo o difficoltà teologiche alla Chiesa del periodo testamentario» (p. 24);
- Il criterio della discontinuità «si focalizza su parole e atti di Gesù che non possono essere ricavati né dal giudaismo (o giudaismi) del suo tempo né dalla Chiesa primitiva» (p. 26);
- Il criterio della molteplice attestazione «si focalizza su detti o atti di Gesù attestati (i) in più fonti letterarie indipendenti (…) e/o (ii) in più forme o generi letterari» (p. 29);
- Il criterio della coerenza viene messo in campo solamente dopo, ed esso «sostiene che quegli atti di Gesù che si inseriscono bene nel database preliminare stabilito mediante gli altri criteri hanno una buona probabilità di esser storici» (p. 30);
- Il criterio del rifiuto e dell’esecuzione di Gesù guarda principalmente all’insieme del ministero di Gesù, chiedendosi quali parole e atti corrispondano al suo processo e alla sua esecuzione e ne diano una spiegazione» (p. 30).
B) Criteri secondari (o dubbi), di rincalzo: tracce di lingua aramaica ed echi dell’ambiente palestinese dell’inizio del I secolo.
C) Approcci alternativi: alcuni studiosi scettici seguono «studi moderni di fenomeni come la memoria comune, la trasmissione orale delle tradizioni di particolari gruppi etnici e i tanti modelli conservati in tali memorie e tradizioni orali» (pp. 31-32). Theissen ha sostenuto, con altri, il suo «criterio di plausibilità», costituito di fatto da quattro «criteri parziali». Meier si attiene ai cinque criteri citati ma «non ci si deve aspettare dai criteri più di quanto essi possano dare. La loro applicazione rimane più arte che scienza. Al massimo, offrono vari gradi di probabilità e sono molto più forti nell’insieme che applicati singolarmente» (pp. 36-37).
Conclusione… sgradita
Per quanto riguarda le parabole, il risultato a cui Meier giunge è che «non si può dimostrare con discreta probabilità che la maggior parte delle parabole sinottiche risalgano al Gesù storico (…) sono stato costretto alla sgradita conclusione che la maggior parte delle parabole mancano di argomentazioni solide in favore dell’autenticità (…). Tale conclusione urta contro la prospettiva quasi unanime dei ricercatori del secolo scorso» (p. 36).
Il c. 37 (pp. 39-88) presenta sette tesi inattuali sulle parabole di Gesù: il numero (evidenziando che gli studiosi non concordano neppure sul significato da dare al genere letterario «parabola»); la sapienza dell’AT non è l’analogatum primario; rapporto tra profeti posteriori e parabole narrative; Gesù narratore di parabole; descrizioni generali illegittime delle parabole di Gesù; le parabole nel Vangelo di Tommaso; poche parabole autentiche.
Dopo un excursus sull’allegoria (pp. 89-95), Meier studia il problema delle parabole in rapporto al Vangelo copto di Tommaso (c. 38, pp. 96-191) e nel c. 39 (pp. 192-230) analizza le parabole sinottiche, alla ricerca di possibili candidate, concludendo il suo voluminoso studio col c. 40 (pp. 231-358), dedicato a «Le poche elette»: Il Granello di senape (Mc 4,30-32 e par. in Mt 13,31-32; Lc 13,18-19); I Fittavoli malvagi della Vigna (Mc 12,1-11 e par. in Mt 21,33-43; Lc 20,9-18); Il Grande banchetto (Mt 22,2-14 e par. in Lc 14,16-24); I Talenti/Monete (Mt 25,14-30 e par. in Lc 19,11-27).
Nella Conclusione del vol. 5 (pp. 359-372) egli sottolinea il suo passaggio dalle tesi inattuali alla conclusione in controtendenza, dando l’addio a un fondamento sicuro. In Appendice (pp. 373-385) lo studioso riporta una bibliografia introduttiva sulle parabole di Gesù, a cui seguono le Abbreviazioni (pp. 386-403), l’Indice delle citazioni bibliche (pp. 404-418), l’Indice dei nomi (pp. 419-427) e il prezioso l’Indice analitico (pp. 428-450).
Citato – seppur in modo critico – anche da Joseph Ratzinger-papa Benedetto nei suoi tre volumi sulla vita di Gesù, John P. Meier non potrà mai raccogliere l’unanimità dei consensi sulle sue analisi dei testi biblici e sulle sue conclusioni storico-esegetiche, ma sarà sempre un autore di grandissimo valore con cui confrontarsi e da citare – anche con critiche più o meno feroci, s’intende – in ogni lavoro scientifico del futuro. Penso vada comunque ringraziato – viste anche le condizioni di salute con nelle quali ha lavorato – per la mole immensa di materiale letto, studiato e analizzato e posto alla considerazione dei lettori. Per tutto questo, grazie.
John P. Meier, Un ebreo marginale. Ripensare il Gesù storico 5. L’autenticità delle parabole, collana «Biblioteca di Teologia Contemporanea» 186, Queriniana, Brescia 2017, pp. 456, € 49,00.
Anche la vita del S.Francesco reale o dello Shakespeare reale o di Omero o Socrate reale sono andate perdute irrimediabilmente. Ci deve essere qualche problema nel metodo storico critico se i risultati sono così deludenti.
Uno certamente è la fissazione su un testo letterario canonico per ricostruire una verità storica che richiederebbe l’uso di tutte le fonti disponibili. Ma qui il teologo deve lasciare la Sacra Scrittura e aprirsi a tutte le fonti. Nessun esegeta lo farebbe perchè è sulla <bibbia che deve lavorare. E così un lavoro immenso non è a servizio di nessuno. Se mai è utile per la discussione del metodo. Quanto alle parabole superficialmente osserverei che la metà trovano spunto nell'AT. Valga il finale del salmo 119 sulla pecorella smarrita.