La poesia italiana del Novecento è, come nel resto del mondo, un insieme variegato di voci e di stili, codificato attraverso metodi spesso nuovi che stupiscono e affascinano. Citando Croce, il ventesimo secolo si apre con “il faro letterario del primo ventennio di Unità” italiana, ovvero con Carducci, un poeta che giunge dal secolo precedente con un bagaglio classicista, magniloquente e impegnato. Non stupisce che sarà proprio lui il primo Premio Nobel per la letteratura dello Stivale nel 1906, grazie proprio a quella tradizione capace però di presentarsi con una veste nuova e più moderna.
Ovviamente, quasi seguendo la classica ripartizione temporale della letteratura italiana voluta dai programmi ministeriali, i primi decenni del Novecento sono gli anni del Sommo Vate, colui che ha fatto dell’impegno politico parte integrante della sua cifra stilistica. D’Annunzio è il “poeta dell’esteriorità”, come ebbe a dire il grande scrittore senese Federigo Tozzi (che lo paragonava a Pascoli, ovvero il “poeta dell’interiorità”), ma anche colui che seminò le prime tracce del futuro Crepuscolarismo.
Ci sono ovviamente altri nomi che compongono l’Olimpo italiano dei Poeti classici, coloro che hanno dato vita a modi diversi di fare poesia: Ungaretti, precursore di tutti coloro che successivamente tratteranno del difficile, e spesso negativo, rapporto tra uomo e nuove tecnologie; Montale, che passò – secondo una celebre definizione di Zanzotto – “dall’escatologia alla scatologia”, ovvero dal sublime allo scetticismo; Saba, che si affaccia alla letteratura con il bisogno di “aulicità ritmico-metrica” e il “gusto di trite parole” e Quasimodo, il letterato di chiara eleganza e cultura, “erede dell’ermetismo”…
Non è semplice racchiudere la storia della poesia italiana del Novecento in sole 225 pagine e occorre riconoscere ad Alberto Bertoni il merito non solo di averci provato ma, soprattutto, di aver dato vita ad un saggio interessante e mai eccessivamente divulgativo o accademico. In effetti, è tra i pochi a cui era possibile affidare un compito del genere, essendo non solo docente di Poesia italiana del Novecento presso l’Università di Bologna ma anche uno stimato poeta e creatore di collane di poesia contemporanea. Lo spirito con cui tratta questo argomento è evidente nel capitolo dedicato alle “lezioni di poesia” (trascrizione di un suo intervento durante un dialogo con gli studenti di Pordenone e provincia e il critico Roberto Galaverni in occasione del festival “Pordenonelegge” del 2012, ndr).
La sua passione diventa con il tempo professione e, ci tiene a precisarlo, fonte di guadagno, ma non ha mai perso quel fuoco che l’accompagnava sin dall’adolescenza. Non solo, ammette di essere un individuo salvato dalla poesia, che lo ha mantenuto lontano da periodi bui o esperienze di vita difficili. Questa bella carrellata sulla produzione in versi del nostro Paese non è, quindi, solo un semplice excursus su un secolo di innovazione poetica – che, comunque, ha dimostrato di passare dal classicismo ancora ottocentesco alle nuove frontiere della parola scritta attraverso media tecnologici sempre più veloci, in cui si “radicalizza il nuovo statuto orale” – ma anche un vera e proprio dichiarazione di amore verso un’arte spesso poco approfondita o studiata.
Alberto Bertoni, La poesia italiana dal Novecento a oggi, Marietti 1820, Bologna 2019, 232 pp., 20,00 euro. Recensione postata sul sito Mangialibri il 25 gennaio 2020.