La lettura dell’ultimo libro Vannino Chiti – Le religioni e le sfide del futuro (Guerini e Associati, settembre 2019) – è una felice sorpresa. Dal momento che l’autore è stato sindaco di Pistoia e successivamente presidente della Regione Toscana, parlamentare e vice-presidente del Senato, ecco che esistono ancora politici che riflettono, si domandano, cercano, scrivono, riflettono guardando al di là del proprio naso e senza preoccuparsi di un immediato vantaggio individuale o di parte. Questa è davvero una buona notizia!
Il filo rosso del dialogo
È stato detto della differenza tra un politico e uno statista: il primo guarda alle prossime elezioni, l’altro ai prossimi 50 anni… Qui l’autore guarda ancora più in là, apre scenari sulle epoche che i nostri posteri avranno davanti a sé. E semina salutare inquietudine, ci costringe a interrogarci sul futuro: se abbiamo voglia di averlo, un futuro. Fare la nostra parte per costruirlo. Avere a cuore il bene dell’umanità, la vita delle generazioni che abiteranno il pianeta dopo di noi… addirittura ipotizzando una conquista dello spazio in prospettiva non utilitaristica né bellicosa, ma alla ricerca di un’avventura che è scommessa sul futuro. Una speranza laica che, però, ha qualcosa in comune con l’attesa biblica di «cieli nuovi e terra nuova».
A partire da questa apertura di orizzonti, l’autore ci aiuta a individuare, dentro le diverse fedi e pratiche religiose, il filo rosso del dialogo alla ricerca della pace, di un modo più giusto e più umano di vivere su questa terra. E, insieme, propone alle stesse religioni e a tutte le persone di fede di uscire da un intimismo spiritualista per farsi carico, davanti a Dio e all’umanità, di autentico impegno sociale, civile, culturale e anche politico, se per politica intendiamo – come la intendeva Paolo VI – «una delle più alte forme di carità». Politica che si pone al servizio della liberazione da ogni forma di schiavitù, senza che pensarla diversamente e anche da avversari diventi motivo di contrapposizione, inimicizia, violenza verbale. Appunto attraverso il dialogo, il confronto, la cooperazione, la sinergia.
Oltre a offrire in un capitolo una preziosa presentazione sintetica degli aspetti salienti delle principali religioni con cui oggi in Italia siamo chiamati a confrontarci (l’ortodossia, la galassia delle Chiese evangeliche, l’ebraismo, l’islam, il buddismo e l’induismo), Chiti interroga le diverse religioni nella prospettiva – come enunciato nel sottotitolo del libro – di «un’etica condivisa fondata sul dialogo». Al contrario di quello che non pochi ritengono, e cioè che le religioni siano strumento di divisione, di contrapposizione e perfino di violenza, qui vengono ricercati ed evidenziati i contributi positivi che ciascuna religione può fornire al miglioramento della qualità della vita sociale e civile.
Guardando dentro la Chiesa
Non possiamo non rilevare la consonanza delle tesi dell’autore con l’affermazione di Gaudium et spes 34: «il messaggio cristiano, lungi dal distogliere gli uomini dal compito di edificare il mondo, lungi dal disinteressarsi del bene dei propri simili, li impegna piuttosto a tutto ciò con un obbligo ancora più stringente»; come pure con il documento della CEI Chiesa italiana e prospettive del paese (1981): «Se non abbiamo fatto abbastanza nel mondo, non è perché siamo cristiani, ma perché non lo siamo abbastanza». Augurandoci che affermazioni valide per la Chiesa cattolica possano trovare analoghi accenti in altre fedi e religioni.
Sempre leggendo da cattolici il lavoro di Chiti, possiamo individuare nel magistero pontificio, e più in generale nella fede e nella prassi ecclesiale, almeno da papa Giovanni XXIII in qua, tre linee di sviluppo complementari.
- Il fatto che il magistero pontificio, in alcuni pronunciamenti importanti e decisivi, si rivolga non più soltanto ai cattolici (cardinali, vescovi, preti, religiosi/e, fedeli laici…) ma all’intera umanità, «a tutti gli uomini di buona volontà»; fino ad arrivare alla Laudato si’ in cui non solo Francesco all’inizio si rivolge «a ogni persona che abita questo pianeta», ma, alla fine, conclude con due preghiere delle quali la seconda fa riferimento chiaro alla Trinità e quindi alla fede cattolica, mentre la prima – «preghiera per la nostra terra» – è un testo che può diventare preghiera di chiunque creda in un «Dio onnipotente», che è anche significativamente il «Dio dei poveri».
- L’estensione del raggio di interesse della dottrina sociale della Chiesa, inizialmente puntato sulla questione operaia (anche per contrastare l’ideologia marxista) e quindi circoscritto a un ambito geo-politico occidentale (a partire dalla Rerum novarum, 1891), a questioni di rilevanza planetaria: la pace, con la Pacem in terris (1963), lo sviluppo dei popoli con la Populorum progressio (1967), l’interdipendenza economica mondiale con la Sollicitudo rei socialis (1997), l’esigenza di un’anima antropologica ed etica per l’economia e la finanza (Caritas in veritate, 2009) e, infine, la questione ambientale in prospettiva planetaria con la Laudato si’ (2015).
- L’allargarsi del dialogo tra la Chiesa cattolica e le altre religioni, non solo con le altre fedi cristiane (a partire dall’incontro di PaoloVI con Athenagoras, 1964), ma anche con l’ebraismo, l’islam e le religioni orientali. Oltre ai numerosi incontri bilaterali, meritano di essere ricordati gli incontri interreligiosi di Assisi, a partire da quello voluto da Giovanni Paolo II il 27 ottobre 1986.
I punti qui ricordati stanno ad attestare la consonanza tra importanti percorsi in atto nella Chiesa cattolica e il prezioso lavoro di Vannino Chiti. Una consonanza che non riguarda soltanto gli interventi pontifici, ma il vissuto di molte Chiese locali e le iniziative e gli impegni culturali e operativi di molti credenti.
Anche se ci sono frange di resistenza per non dire di ostilità al cammino ormai intrapreso – sperabilmente in modo irrevocabile – è bello fare riferimento a tre cristiani che hanno agito sulla linea del dialogo fruttuoso, volto ad affrontare le sfide del futuro con coraggio, lavorando insieme e sognando insieme:
– un vescovo, don Tonino Bello, infaticabile apostolo del Vangelo della pace, uomo del dialogo a 360 gradi…
– un prete, Ernesto Balducci (a proposito del quale, in uno dei contributi a conclusione del testo, c’è una preziosa riflessione di Simone Siliani)
– un laico che fece della ricerca pace e della difesa dei poveri la sua bandiera, il “sindaco santo” Giorgio La Pira: uomo del dialogo come pochi altri, pellegrino di pace a Mosca e ad Hanoi in tempi di guerra fredda e calda; in particolare, organizzatore a Firenze dei convegni dei sindaci del Mediterraneo, portando allo stesso tavolo primi cittadini cattolici, ortodossi, musulmani ed ebrei; sognatore di una città in cui ci fosse un posto per tutti: per lavorare, studiare, guarire, amare e anche pregare. Sicuramente oggi non si sarebbe opposto all’edificazione delle moschee!
Guardare lontano
A conclusione di questa presentazione, non resta che ringraziare l’autore per aver invitato a riflettere, a porci domande, a guardare lontano. In particolare sono da accogliere e da condividere in pieno tre motivi di preoccupazione e, insieme, di speranza che emergono dalla lettura:
- la pace, di fronte a quello che nel testo è definito «lo spostamento in avanti delle lancette dell’apocalisse»;
- la sostenibilità ambientale, di fronte ai sempre più seri allarmi per i cambiamenti climatici e per il depauperamento della biodiversità naturale;
- l’incremento delle povertà, a livello planetario, per il concentrarsi della ricchezza sempre più nelle mani di pochi (una delle grandi cause delle migrazioni, insieme alle guerre e alla violazione dei diritti umani), ma anche – ed è ciò che ci riguarda da vicino anche in Italia – per la riduzione già in atto dei livelli di welfare.