Una grande meditazione sul mistero dell’Ora
La “via crucis” è una grande meditazione pregata sulla passione di Cristo, amatissima dal popolo, ricca di dimensioni importanti (biblica, teologica, ascetica, poetica). Per messo di essa, a certe condizioni, può passare tanta evangelizzazione e può essere l’occasione per una grande ora di grazia. Essa narra un piccolo tratto della vita di Cristo: il suo inizio è indicato dal Vangelo con le parole: «dopo aver cantato l’inno uscirono verso l’orto degli ulivi» (Mc 14,26); il suo ultimo punto è ricordato così: fu condotto al «luogo del Golgota» (Mc 15,26), dove fu crocifisso; innalzato sulla croce, operò le sue consegne estreme, innalzò il grido della nona ora, fu deposto e sepolto in un giardino vicino.
Della “via crucis” abbiamo un lontano abbozzo nella processione che si compiva dall’Anastasis al Martyrium, passando per la chiesetta ad Crucem, di cui ci parla la pellegrina Eteria alla fine del IV secolo. Preparata dalla teologia di Bernardo di Chiaravalle (+ 1153) e di Bonaventura da Bagnorea (+ 1274), oltre che dalla spiritualità di Francesco d’Assisi (+ 1226), ebbe la sua prima strutturazione in stazioni verso la fine del XIII secolo. Nella sua attuale configurazione la conosciamo in Spagna, nel secolo XVII, da dove passò nella penisola italica, passando per la Sardegna.
La “via crucis” ebbe un grande diffusore in san Leonardo da Porto Maurizio (+1751) e un convinto sostenitore nel papa Benedetto XIV, che nel 1750 volle fosse eretta nel Colosseo, dove ogni anno ormai, da Paolo VI a Benedetto XVI, viene celebrata con splendidi e impegnativi testi, che hanno una grande eco nel popolo cristiano.
Dolori a confronto
La “via crucis” è un’esperienza dolorosa di Cristo in cui andiamo a verificare la nostra esperienza di sofferenza, di umiliazioni, di peccato e perfino di fallimento. Celebrandola, noi facciamo una raffinata esperienza di fede: crediamo di trovare senso e consolazione al nostro personale patire dell’esodo – sia come pellegrinaggio di Chiesa, sia come partecipi all’esperienza della carovana umana che attraversa il deserto della storia – proprio in un altro patire: nella passione e nel dolore di Dio, nella morte del suo Figlio incarnato, l’Uomo dei dolori, che conosce il soffrire.
Di fronte a Cristo, il dolore (nelle forme più ampie possibili) non è più un problema di cui discutere, ma un mistero di cui vivere per accedere alla gloria pasquale. Il Cristo è il Redentore che si è dedicato totalmente alla causa dell’uomo al fine di strapparlo al peccato e alla morte e, più ancora, al fine di elevarlo alla condizione filiale mediante la passione e la croce di Cristo, misterioso “luogo” dove, non solo si è compiuta la redenzione mediante la sofferenza, ma anche la stessa sofferenza umana è stata redenta.
Un modo di riordinare i nostri passi con quelli di Cristo
Celebrando la “via crucis”, noi compiamo un atto penitenziale e di esercizio della conversione: vogliamo mettere a fuoco anzitutto il peccato in tutta la sua natura devastante: quale rottura e indebolimento del rapporto con Dio, quale turbamento della relazione con gli altri (compagni di vita e fratelli di battesimo), quale approccio e legame con la creazione. Inoltre, la celebrazione della “via crucis” ci fa vedere, nella prospettiva della fede, l’esperienza umanamente sterile e negativa di tutto ciò che è conseguenza del peccato, che è stata cambiata di segno da parte di Cristo, trasformandola in esperienza feconda e positiva.
La sofferenza è la chiave d’oro che apre le porte della salvezza e della gloria eterne e che ci aiuta ad essere pienamente umani. Mai si è seri, credibili, comprensivi, miti come quando siamo nelle spire di un dolore accettato e vissuto con sapienza. Il dolore ci fa intensi, pensosi, interiori, perché è l’esperienza umana più vera.
Una viva “lezione” di cristologia popolare
Questa “via crucis” è una bella esperienza spirituale, peraltro completa: prevede quasi sempre tre momenti: biblico (narratio), che racconta il particolare della passione o vi allude profeticamente, attraverso piccoli frammenti scritturistici; riflessivo (meditatio), che cerca di penetrare nel senso della “stazione” e di attualizzarlo; di preghiera (oratio), che traduce ed esprime soprattutto con sentimenti di contemplazione e di supplica quello che si è ascoltato dalla Parola meditata. Vissuta bene, la “via crucis” è un bel bagno di spiritualità dentro il mistero della croce, l’asse misterico del cristianesimo.