L’inumazione dei corpi è da sempre la scelta preferita dalla Chiesa cattolica in ordine al trattamento dei cadaveri e alla memoria dei fedeli. L’enorme crescita della cremazione negli ultimi decenni ha posto nuovi problemi e nuove prassi. Se la cremazione è ecclesialmente legittima, non lo sono la custodia in casa delle ceneri e la loro dispersione. La Congregazione per la dottrina della fede ha reso pubblico il 25 ottobre una istruzione, Ad resurgendum cum Christo (Per risorgere con Cristo) in cui si rende esplicita una norma in merito.
«La conservazione delle ceneri nell’abitazione domestica non è consentita», se non per casi assai particolari, d’intesa col vescovo. Ma anche con il permesso, le ceneri «non possono essere divise tra i vari nuclei familiari e vanno sempre assicurati il rispetto e le adeguate condizioni di conservazione». «Per evitare ogni tipo di equivoco panteista, naturalista o nichilista, non sia permessa la dispersione delle ceneri nell’aria, in terra o in acqua o in altro modo oppure la conversione delle ceneri cremate in ricordi commemorativi, in pezzi di gioielleria o in altri oggetti, tenendo presente che, per tali modi di procedere, non possono essere addotte le ragioni igieniche, sociali o economiche che possono motivare la scelta della cremazione». «Nel caso che il defunto avesse notoriamente disposto la cremazione e la dispersione in natura delle proprie ceneri per ragioni contrarie alla fede cristiana, si devono negare le esequie, a norma di diritto».
Inumazione
Il testo, che porta la data del 15 agosto, si sviluppa in otto numeri confermando la legittimità della cremazione, già indicata nell’istruzione Piam et costantem (luglio 1963) e poi recepita nel Codice di diritto canonico (1983) e, in Italia, nel Rito delle esequie del 2012. La passione-morte e risurrezione di Gesù è il nucleo più segreto e profondo della fede. Con lui siamo risuscitati anche noi e, grazie a lui, la morte cristiana ha un significato positivo, tanto da diventare, per il martire, il giorno della sua vera nascita. «Con la morte, l’anima viene separata dal corpo, ma nella risurrezione Dio tornerà a dare la vita incorruttibile al nostro corpo trasformato». La fede cristiana non è mai venuta meno alla testimonianza della risurrezione della carne.
Per questo ha cura dei corpi dei defunti che raccomanda vengano seppelliti nel cimitero o in altro luogo sacro. «Seppellendo i corpi dei fedeli defunti, la Chiesa conferma la fede nella risurrezione della carne e intende mettere in rilievo l’alta dignità del corpo umano come parte integrante della persona della quale il corpo condivide la storia». Non solo abbiamo un corpo, ma siamo anche il nostro corpo. La sepoltura nei cimiteri o nei luoghi sacri risponde alla pietà e al rispetto dovuto ai corpi dei battezzati e favorisce il ricordo e la preghiera per i defunti. Essa ha anche la funzione di resistere «alla tendenza a occultare o privatizzare l’evento della morte e il significato che esso ha per i cristiani».
La Chiesa non ha motivi dottrinali per impedire la cremazione, ma ritiene importante che la custodia delle ceneri avvenga nei cimiteri, in luoghi sacri o nelle chiese. Questo favorisce la preghiera e il ricordo ed evita la mancanza di rispetto e le pratiche sconvenienti e superstiziose. Da qui le indicazioni normative che abbiamo già accennato: no alla custodia delle ceneri in casa, no alla divisione delle ceneri tra famiglie, no alla dispersione in natura, no alla trasformazione in gioielli.
Dal punto di vista storico, la cremazione non ha mai fatto problema in momenti di emergenza (guerre, pestilenze, disastri ambientali ecc.), ma l’inumazione dei corpi è sempre stata indicata come la prassi più corrispondente al dettato della fede. La vera discussione è apparsa nell’Ottocento quando il «libero pensiero» ha indicato la cremazione come la soluzione più efficace per esprimere il dissenso dalla Chiesa e per negare la risurrezione (dei corpi e di Cristo). Allo stato laico corrispondeva la morte laica. In quel contesto è nato il divieto ecclesiastico, poi superato dalle disposizioni di Paolo VI. Un libro recente che ricostruisce l’intera questione è: Cioli G., Polvere. Cremazione e dispersione delle ceneri negli orientamenti della Chiesa cattolica, EDB, Bologna 2014.
Interpretare la morte, capire la vita
Dal punto di vista simbolico, la cremazione opera tre dislocazioni essenziali: il corpo diventa cenere, la tomba diventa urna, il luogo di sepoltura passa da definito a indefinito. Il corpo, fatto oggetto di esasperate cure mentre è in vita (mediche, chirurgiche, sportive, di bellezza) è considerato, al momento della vecchiaia e della morte, come una sconfitta e una degradazione. Cambia il senso del morire. L’allungamento della vita, i risultati della medicina, l’evoluzione delle cause di morte fanno percepire quest’ultima non come un dato di natura ma come una rottura da evitare o, meglio, come una responsabilità personale da esercitare.
Il discorso sul morire torna in pubblico grazie ad alcuni casi molto mediatici, ai racconti cinematografici e televisivi e ai dibattiti alimentati dalle organizzazioni favorevoli all’eutanasia. Anche la “morte pubblica” di Giovanni Paolo II nel 2005 ha contribuito al cambiamento. La morte è sempre più percepita non tanto come nemico da combattere ma come compito da gestire.
Negli ultimi decenni la pratica della cremazione è cresciuta molto in Occidente. In Italia è al 20% circa, al 30% in Francia, al 39% in Germania, al 48% in Olanda, al 73% in Gran Bretagna, all’81% in Cechia, all’83% in Svizzera. In Italia nel 1987 le cremazioni erano 3.600, nel 2005 era già 48.000 e ora arrivano al 20% dei circa 600.000 morti. Nelle città sono ormai maggioranza a Milano, Bolzano, Torino, Genova e Bologna. Le ragioni più condivise sono l’igiene (di contro alla corruzione dei corpi), gli spazi (minori rispetto all’inumazione dei cadaveri), i costi, la rapidità, la possibilità di trasporto, l’opportunità di collocazione in loculi già usati per altri, il maggiore rispetto per il corpo, la paura delle morti apparenti. Elementi non sempre convincenti: la violenza del fuoco sui corpi, lo sbriciolamento delle ossa lunghe, l’incertezza dell’attribuzione delle ceneri, l’accertamento della morte, i non risolti problemi psicologici dei sopravvissuti (nel caso di assenza dai funerali e di dispersioni delle ceneri) ecc., rendono meno evidenti i “vantaggi” della cremazione.
Le case del commiato – il luoghi dove vengono approntate le camere mortuarie e offerti tutti i servizi in ordine al morire e alla sepoltura – sono ormai parte del panorama e delle professioni legate alla morte. La cremazione e le nuove pratiche del morire sono una di quelle «rivoluzioni silenziose», tanto rilevanti quanto inavvertite. I sociologi osservano una progressiva evacuazione dei rituali che accompagnano il defunto e la vita dei sopravvissuti e il venir meno della memoria collettiva garantita dai cimiteri.
L’istruzione della Congregazione chiarisce alcune pratiche e definisce alcuni limiti, ma soprattutto suggerisce una rinnovata coscienza ecclesiale in ordine a uno degli snodi fondamentali del vivere e del credere.
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