Il 3 dicembre scorso 2017, prima domenica di Avvento, la Chiesa francese ha adottato ufficialmente la nuova versione del “Padre nostro”, com’era stato deciso dai vescovi riuniti a Lourdes in Assemblea plenaria. La versione finora in uso risaliva al 29 dicembre 1965 ed era frutto di un compromesso ecumenico, sull’onda del concilio Vaticano II. Ma si era subito presentato un problema dal punto di vista teologico a proposito della sesta domanda: «ne nous laissez pas succomber à la tentation» che era diventato «Ne nous soumets pas à la tentation».
Ora, dopo anni di discussioni circa la giusta traduzione, la nuova versione francese non include più il passaggio «ne nous soumets pas à la tentation» (non sottometterci alla tentazione), che è sostituito con la versione più corretta «ne nous laisse pas entrer en tentation» (non lasciarci entrare in tentazione).
Secondo quanto ha scritto il quotidiano Le Figaro, la prima formula – «non sottometterci» – ha fatto credere a generazioni di fedeli che Dio potesse tendere in qualche modo una sorta di tranello; chiedendo loro di compiere il bene, li sottometteva «alla tentazione del male». «La frase finora in uso – ha commentato, da parte sua, il vescovo di Grenoble, Guy de Kerimel – lasciava supporre che Dio volesse tentare l’essere umano, mentre egli vuole che l’uomo sia un essere libero».
Il nuovo testo
Il nuovo testo, ora entrato in vigore, era stato approvato nel 2013 dalla Congregazione vaticana per il culto divino e la disciplina dei sacramenti. Attualmente era già in uso in Belgio, Benin e Togo, mentre in Svizzera, per le regioni di lingua francese, sarà adottato a partire dalla prossima festa di Pasqua.
Per aiutare i fedeli a memorizzare la nuova versione sono state distribuite decine di migliaia di copie nelle chiese.
Il testo che d’ora in poi sarà recitato è il seguente:
Notre Père, qui es aux Cieux,
Que ton nom soit sanctifié,
Que ton règne vienne,
Que ta volonté soit faite
Sur la terre comme au ciel.
Donne-nous aujourd’hui notre pain de ce jour,
Pardonne-nous nos offenses
Comme nous pardonnons aussi à ceux qui nous ont offensés,
Et ne nous laisse pas entrer en tentation
Amen.
Il cambiamento ha ricevuto il plauso anche del papa. Lo ha spiegato egli stesso nella settima puntata del programma “Padre nostro”, condotto da don Marco Pozza, in onda su Tv2000. «Dio, ha detto, non ci induce in tentazione; non è una buona traduzione. Anche i francesi hanno cambiato il testo con una traduzione che dice «non mi lasci cadere nella tentazione». Sono io a cadere, non è lui che mi butta nella tentazione per poi vedere come sono caduto. Un padre non fa questo, un padre aiuta ad alzarsi subito». Ed ha aggiunto, dialogando con il giovane cappellano del carcere di Padova: «Quello che ti induce in tentazione è satana, quello è l’ufficio di satana».
In Germania e in Italia
In relazione con l’iniziativa francese, ha preso nuovo vigore la discussione anche in Germania, dove vari teologi chiedono un simile adattamento anche nel loro paese. Il testo tedesco infatti dice: «und führe uns nicht in Versuchung» («e non ci indurre in tentazione»).
Recentemente il teologo Peter Graf, nel giornale Publik Forum, ha fatto notare che la formula attuale della versione tedesca traduce sì correttamente il latino della Bibbia-Vulgata, ma non il testo originale greco dei Vangeli. In questo modo – ha sottolineato – i fedeli che sono senza una conoscenza della dottrina della giustificazione possono formarsi un’idea sbagliata di Dio.
Non d’accordo con questa interpretazione si è invece dichiarato il vescovo di Regensburg (Ratisbona) Rudolf Vodeholzer, il quale con un comunicato ha messo in guardia dal rischio di una «falsificazione delle parole di Gesù». A suo parere, la domanda del Pater nella versione tedesca attuale «führe uns nicht in Versuchung» («non ci indurre in tentazione») «è esattamente ciò che ci hanno tramandato Matteo e Luca. Perciò non è accettabile che si corregga Gesù».
In realtà, la versione francese si avvicina molto all’originale greco. In effetti l’espressione “μὴ εἰσενέγκῃς”, stando alla traduzione della Bibbia di Gerusalemme, significa «non lasciarci entrare in tentazione» e, nella versione interlineare italiana del Vangelo di Matteo a cura di Roberto Reggi (EDB, 2016), è tradotta con «e non fare entrare noi in tentazione», mentre il Nuovo Testamento greco e italiano, a cura di Agostino Merk e Giuseppe Barbaglio (EDB, 2010) traduce «e non abbandonarci alla tentazione», accolta nella Bibbia CEI del 2008.
Ha ragione quindi il papa quando dice che l’espressione «Dio che ci induce in tentazione non è una buona traduzione».
Per la verità anche nella versione della Bibbia CEI (2008) il passo è reso con «e non abbandonarci alla tentazione». Tuttavia il Messale Romano attualmente in uso (1983) non recepisce questo cambiamento. Pertanto nella liturgia si continuerà ancora a pregare «e non ci indurre in tentazione» in attesa che sia finalmente pubblicato il nuovo Messale Italiano.
Manca il finale… Ma liberaci dal Male
Poi sarà anche il caso di tornare a scriverlo con la lettera maiuscola o abbiamo paura di chiamare le cose col loro nome!
Vale a dire ci aiuti a non entrare nella tentazione. Molto bella questa definizione, poiché Gesù ci salva dal male ci protegge, perché mai dovrebbe “indurci”, si forse volevano evidenziare la scelta individuale “da inducere”, ma la grandezza di Gesù va oltre la scelta, perciò ci porge aiuto a non entrare in tentazione. Almeno mi sembra di avere capito così,ed è quanto desideriamo, un aiuto, quasi a sollevarci, sottobraccio…
Gesù ci ha insegnato in un passo del Vangelo: Pregate per non entrare in tentazione. Egli non abbandona nessuno. Questa sarà la nuova spiegazione che i Parroci dovranno spiegare
La nuova versione del padre nostro.
Non capisco perché i parroci non possano già introdurre la nuova traduzione approvata ufficialmente anche dal Papa, in attesa che venga introdotta nelle traduzioni dei vari messali. Paolo Barbero.