La solennità dell’Epifania lega il suo nome ai doni che i magi portano a Gesù: oro, incenso e mirra. Il Bambino riceve i doni: si tratta di doni intrisi di una simbologia intensa e duratura, tanto che ancora oggi noi ci sentiamo interpretati da essi. Soprattutto ci sentiamo rappresentati dall’andare dei magi verso il Cristo e dal loro atto di adorazione. Tutto questo, però, è pur sempre ciò che viene dato al Cristo. è forse il caso di chiederci anche, ogni tanto, che cosa lui ha portato a noi.
Quel Bambino visto da vicino
L’Epifania, facendoci inginocchiare dinanzi al Bambino di Betlemme, ci fa accostare a lui. Dunque, con sguardo più ravvicinato, vogliamo chiederci che cosa il Bambino di Betlemme porta all’uomo d’oggi, da poco uscito dal secondo millennio. Parrebbe, a ben vederlo, che l’uomo della soglia è un uomo povero, a corto di molte risorse spirituali e, perciò, bisognoso di doni.
Tutto questo atto ci richiama la logica del dono come una logica da riassumere per riorientare la nostra vita. In una società allevata al culto dei soli diritti, avvizzita nella contabilità di ciò che spetta, di ciò che si deve avere dalla vita, dal mondo, dagli altri, è forse il caso di immettere la logica del Natale, che è logica del dono e che, fra l’altro, oggi rappresenta un elemento imprescindibile per l’interpretazione e il rinnovamento delle dinamiche sociali (cf. Aa.Vv, Il dono. Tra etica e scienze sociali, a cura di Giovanni Gasparini, Edizioni Lavoro, roma 1999).
All’etica della responsabilità s’aggiunga anche l’ascetica del dono. Il Natale ce la insegna perché è evento di dono: «… ci fu largito un Figlio», canta Alessandro Manzoni nel suo terzo inno sacro Il Natale (1813). Dono è una parola pregnante di sensi, capace di dire per intero che cosa sia il cristianesimo. Un Figlio donato e che si lascia donare: questo è Natale. Un uomo donato e che si lascia donare: questo è il cristiano.
Singolarmente, poi, ognuno di noi deve cercare di crescere nella spiritualità del dono, la sola che assicura di poterci evitare il rischio della sterilità spirituale: infatti «chi non si dona è un grano che non germoglia» (A.D. Sertillanges). Dio ci eviti la disgrazia di rinchiuderci nella nicchia del nostro egoismo e ci dia la grazia di essere estroversi nell’amore. Verso tutti.
Dietro la stella della salvezza
Dio ha detto agli astrologi pagani una parola mediante una stella insolita in mezzo a stelle inconsuete; una stella che li ha fatti alzare di soprassalto e portati all’ascolto, mentre l’Israele abituato alla parola di Dio è diventato ottuso verso simili parole di rivelazione: esso non vuole lasciarsi disturbare nel normale corso delle dinastie. Occorre dunque lasciarsi disturbare da Dio, alzare l’occhio alla luce della stella dell’Epifania: ci ricorda che solo Dio ci guida e può portarci alla salvezza.
«I magi… il Bambino e Maria, sua madre»: sono i personaggi indissociabili dell’icona dell’Epifania. Si chiede di non dimenticare la «casa» dell’adorazione dei magi: è la «casa» della Chiesa (cf. Ef 2,19-20), che è costruita in luogo della «casa d’Israele» (Mt 10,6). La conclusione è: Gesù lo possiamo trovare come l’hanno trovato i magi, ossia sulle ginocchia di Maria, misteriosa Gerusalemme, dentro la Chiesa, anch’essa Gerusalemme, città di mistero (cf. Mt 5,14). Come si vede, Maria è indissociabile da Cristo e dalla Chiesa: la conseguenza è che a Cristo si va passando per Maria e per la Chiesa. Maria e la Chiesa sono infatti la stessa Gerusalemme, la città del gran Re.
Maria la prima adoratrice di Cristo
Compagna di fede di Cristo dal Natale alla Pasqua, la Vergine è compagna di fede anche della «fede professata». La Credente è modello per la Chiesa di come si accoglie la Parola (Annunciazione), di come la si genera (Natività), di come la si presenta al mondo (Epifania), di come la si conserva dentro di sé (vita di Nazaret), di come le si crede (Cana), di come la si diffonde (Visitazione), di come le si è fedeli (Croce), di come la si testimonia (Pentecoste).
In ogni passaggio vi è questo ricco servizio della Parola che Maria sa rendere a edificazione della Chiesa. La sua è una fede altamente qualificata, che si colora dei molteplici riflessi dell’infinito splendore che si sprigiona dai misteri di Cristo. Così:
- è fede diaconale: dopo l’Ascensione, con le sue preghiere aiutò le primizie della Chiesa;
- è fede intercedente: attendendo la Pentecoste, implorava con le sue preghiere il dono dello Spirito;
- è fede esemplare: ancora oggi, per la sua piena adesione alla volontà del Padre, all’opera redentrice del suo Figlio, ad ogni mozione dello Spirito Santo, la Vergine Maria è il modello della fede per la Chiesa;
- è fede perseverante: fino alla fine dei tempi, dal momento del consenso di fede prestato al tempo dell’Annunciazione, con la sua molteplice intercessione continua ad ottenerci i doni della salvezza eterna;
- è fede venerabile: fra le croci dell’ora, ad attuazione della profezia di Maria (cf. Lc 1,48) e in risposta alla sua la testimonianza di fede, la santa Vergine viene dalla Chiesa giustamente onorata con un culto speciale.
Ma com’è la sua fede nell’evento dell’Epifania? è una fede missionaria. Maria sottolinea, con il suo gesto, che la missione consiste nella presentazione del Cristo a tutti. Il suo è gesto ecclesiale, perché posto come Figlia di Sion, come Donna-popolo che rappresenta la Chiesa, anzi che è Chiesa nascente.