In un breve articolo Lucetta Scaraffia ha denunciato che “alla sottovalutazione della liturgia ha contribuito anche – bisogna riconoscerlo – l’immediata adesione delle gerarchie ecclesiastiche alla richiesta di sospendere i riti pubblici, senza neppure il tentativo di proporre altre strade per consentire almeno la partecipazione a qualche celebrazione. Come se i vescovi non credessero che le liturgie non potessero essere di aiuto in quel momento di paura e di sgomento, come se anch’essi pensassero che questa dimensione della vita cristiana non avesse più diritti davanti al virus”.
Se solo abbiamo una vaga memoria di quanto accadeva in Italia tra fine inverno e inizio primavera del 2020, il giudizio – oltre a essere ritrito – appare quantomeno ingeneroso. Anche falso, rispetto a comunità locali che si sono ingegnate a celebrare nonostante tutto – certo, in maniera inedita e non convenzionale.
La fede cristiana è stata celebrata anche in quei giorni, dove e come credo che in momenti della storia come questi sia questione del tutto marginale. Il nodo è quello di apprendere come innestare quella celebrazione sul ritmo settimanale dell’assemblea domenicale, riunita insieme per l’eucaristia.
Ma, forse, anche qui si potrebbe fare un ulteriore distinguo: la liturgia della fede non è solo la celebrazione domenicale dell’eucaristia – presieduta dal ministero ordinato. Lo sbilanciamento eucaristico nella comprensione dell’agire liturgico della fede cattolica chiede una qualche riflessione all’altezza del patrimonio celebrativo che ci tramandiamo di generazione in generazione.
Tenendo poi ben in vista il paradosso che ancora non riusciamo a scrollarci di dosso: agli inizi del cristianesimo l’eucaristia era gelosamente custodita come l’arcano della fede a cui partecipavano solo gli iniziati alla sequela; oggi è l’unico momento in cui si può entrare nel Vangelo senza che ti venga chiesta una qualche sorta di iscrizione al club parrocchiale – entri, ti siedi, ascolti, preghi, e poi torni alla tua vita.
La “colpa” del congedo dalla liturgia, sempre secondo Scaraffia, “non è solo della secolarizzazione che avanza, ma anche di liturgie trasandate, di sacerdoti che celebrano senza metterci il cuore, e soprattutto di omelie lunghe, noiose, francamente insopportabili”.
A parte il clericalismo soggiacente a questa interpretazione delle cose, mi sembra che la “liturgia trasandata” di cui tanto si parla oggi sia semplicemente un luogo comune – questo sì diventato francamente insopportabile. Nella mia esperienza la liturgia trasandata mi sembra essere più una eccezione che la regola: generalmente si celebra con dignità, magari in maniera semplice e sobria – ma certo degna.
Credo che per gli esteti liturgici trovarsi davanti alla scena della cena di Gesù con i suoi sarebbe un duro colpo al cuore della loro sensibilità liturgica. Eppure, è proprio questo che facciamo ogni domenica in nome di Lui: pane, vino, Parola e la dura vita di tutti i giorni – niente di più, niente di meno.
Certo, la scena della liturgia eucaristica è di tutti e non solo del prete (ma li abbiamo tirati su facendo credere loro il contrario); ed è tutta la comunità riunita a portare il peso della responsabilità per un celebrazione che sia memoria di Lui. A una comunità parrocchiale e alla sua celebrazione non ci si abbona a gradimento come a Sky, ma la si edifica tutti insieme – con pazienza e passione.
Nella mia parrocchia uno dei punti ricorrenti delle omelie del parroco è la sostanziale inutilità del cattolicesimo per la salvezza e anche solo per migliorare la propria vita morale (il tutto fatto intendere con parole “sapienti” però) . Non c’è da meravigliarsi che i fedeli rimangano a casa e la parrocchia sia diventataun deserto usato solo per il parco giochi esterno e i campi di calcetto ma con la chiesa vuota.
Che le liturgie siano trasandate non è un luogo comune. Basterebbe filmare a caso dieci Messe in Italia per vedere che molti preti nemmeno ci credono a quello che fanno e che non la semplicità (cosa bellissima) ma il brutto e la negligenza sono letteralmente ovunque. Non diciamoci bugie almeno se vogliamo cambiare le cose.
Il motivo principale per cui le liturgie sono:” trasandate”è che manca la vera fede nel clero di oggi. Se è vero che la liturgia è la fede celebrata (come ci insegna la dottria dei sacramenti) dalla quale ogni fedele attinge la forza necessaria per affrontare la nuova settimana, se è vero che che in essa (la Santa messa ) si perpetua il sacrificio di Cristo ma il comportamento e all’opposto, allora la domanda nasce spontanea : Quanto e come crediamo a ciò che partecipiamo? Quanto ritengo necessaria la partecipazione ai Santi misteri ?
E per ultimo ma non per importanza: Quanto tempo dedico per prepararmi spiritualmente a tale evento?
In conclusione è giusto revisionare l’ortoprassi liturgica , a condizione che si recuperi l’ortodossia.
Però sulle omelie la Scaraffia non ha tutti i torti.
Soprattutto nelle messe feriali l’improvvisazione la fa da padrona.
Ora bisogna anche capirli questi poveri preti alle prese con mille cose da fare e poco tempo da dedicare allo studio.
In questi casi non si potrebbe fare “passo”?
Non si potrebbe saltare l’omelia?
Quali sono le cose importanti da fare per un prete se non annunciare la Parola di Dio e celebrare i sacramenti? Credo che noi preti dobbiamo mettere ordine nelle nostre giornate dedicando un debito spazio alla meditazione e alla preparazione della messa quotidiana. Per esempio quanti di noi hanno letto con attenzione i Preanotanda dei libri liturgici, in particolare del Messale e del Lezionario?
Come in tutte le cose è sempre facile generalizzare. Ci sono presbiteri attivi, preparati e ben motivati e c’è anche l’opposto. Da anni non guardo il celebrante , ma, considerando ciò che avviene nella Liturgia, prima mi preparo e poi usando i sussidi “concelebro” dal mio banco. Una responsabilità, bisogna dirlo chiaramente, è dei partecipanti alla Celebrazione Eucaristica.
Come partecipano? Si sentono parte attiva e coivolta e coinvolgente o sono parte passiva. C’è solo il precetto da osservare e poi si è a posto con la coscienza!!! E le omelie, le vogliamo solide, corpose, illuminanti la Parola di verità e grazia o le vogliamo ridotte, ristrette e di pochi minuti per non sentirci impegnati in qualcosa di più alto e di più vitale che ci invita alla conversione! Chi legge consideri e non addosso le colpe ad altri