La liturgia sia inclusiva

di:

disabilità

Mancano poche settimane all’inizio della Settimana liturgica nazionale che si svolgerà a Modena dal 26 al 29 agosto e avrà come tema «Nella liturgia la vera preghiera della Chiesa, Popolo di Dio e ars celebrandi, [Il frutto di labbra che confessano il suo nome, Eb 13,15]».

Nei documenti di presentazione dell’evento leggiamo:

«In preparazione al Giubileo, papa Francesco ha chiesto con forza alla Chiesa tutta di riflettere sulla centralità della preghiera. La liturgia – ha affermato – “è atto che fonda l’esperienza cristiana tutta intera e, la preghiera liturgica è evento, è accadimento, è presenza, è incontro. È un incontro con Cristo”».

Senza entrare nel tema proposto dalla Settimana liturgica, le parole di papa Francesco che descrivono la liturgia come un incontro mi consentono di proporre alcune riflessioni rispetto al modo di partecipare e di vivere le liturgie eucaristiche domenicali.

Un incontro aperto a tutti

La messa: capisci cosa fai? È il titolo di un prezioso volume in cui l’autore presenta brevemente le varie parti della celebrazione eucaristica al fine di aiutare le persone che vi partecipano, di ogni età, a cogliere lo spirito della messa e le caratteristiche di ogni suo momento. Il volume è stato pubblicato 20 anni fa. Se proponessimo oggi questa domanda, che tipo di risposte avremmo?

Facendo sintesi di varie indagini, fatte negli ultimi anni, in particolare fra i giovani, la richiesta è quella di avere «liturgie sobrie e coinvolgenti, commenti incisivi, brevi e concreti alla Scrittura, una partecipazione attiva, un buon dosaggio tra silenzio, gesti e parole, celebrate in chiese dalle “porte aperte”, cioè particolarmente accoglienti verso tutti, ma proprio tutti».

Una liturgia, quindi, rivolta a soddisfare la sete che nasce dalle parole di Mt 4,4b «non di solo pane vivrà l’uomo, ma di ogni parola che esce dalla bocca di Dio», che permetta di fare esperienza concreta della misericordia di Dio e che possa essere percepita come un incontro aperto a tutti, dove nessuno possa sentirsi escluso, dove emerga chiaramente quella cultura dell’incontro basata sulla consapevolezza che ogni persona è unica e irripetibile e che, proprio per questo, ha qualcosa di unico da donare agli altri.

Quello che chiedono i giovani è condiviso da tanti ed è emerso anche dal dibattito sinodale.

Rispetto all’immagine della chiesa “dalle porte aperte” riporto una riflessione di papa Francesco che, a mio avviso, aiuta a comprenderla meglio:

«Bisogna andare avanti, ad esempio, riconoscendo meglio la loro capacità apostolica e missionaria e, prima ancora, il valore della loro presenza come persone, come membra vive del corpo ecclesiale. Nella debolezza e nella fragilità si nascondono tesori capaci di rinnovare le nostre comunità cristiane» (11 giugno 2016).

È importante che, alla mensa eucaristica, non manchi nessuno, in modo particolare i piccoli e i fragili, perché sono loro che ci aiutano a riconoscere e a condividere le nostre fragilità e questo ci predispone a fare concretamente esperienza della misericordia di Dio.

Spunti dal Vangelo

In un brano dei vangeli sinottici – Guarigione di un paralitico (Mc 2,1-12) – vedo le modalità nelle quali dovrebbe avvenire l’incontro:

  • Entrò di nuovo a Cafàrnao, dopo alcuni giorni. Si seppe che era in casa e si radunarono tante persone che non vi era più posto neanche davanti alla porta; ed egli annunciava loro la Parola.

Si era diffusa la voce che Gesù aveva parole di vita eterna, che guariva dalle infermità.

Penso che, nelle nostre comunità e nei nostri quartieri, si dovrebbe diffondere sempre più la voce che l’incontro della messa domenicale in chiesa è qualcosa che ha a che fare con la felicità, che aiuta a trovare senso al mistero della nostra esistenza, qualsiasi sia la nostra età.

Questo è percepito in modo sempre più concreto se, a quell’incontro, riusciamo a portare la nostra vita, le nostre fatiche ma, in modo particolare, le nostre fragilità e quelle degli altri.

Papa Francesco dice: «Andare all’incontro con Cristo, imparando a rispettare e ad accogliere le nostre fragilità, che abbiamo tutti, nessuno escluso, ci rende capaci di tenerezza, di misericordia, di amore e questo ci rende umani».

  • Si recarono da lui portando un paralitico, sorretto da quattro persone.

Il come ci mettiamo in cammino per andare a questo incontro è importante; possiamo tener conto soltanto delle nostre preoccupazioni oppure possiamo aprirci alle esigenze di altri.

Tante persone assistono alla Messa alla televisione ma, se qualcuno si offrisse di accompagnarle in chiesa, parteciperebbero volentieri. Serve quindi costruire e alimentare reti di relazioni nel modo più capillare possibile sul territorio che mettano in contatto le esigenze con la disponibilità.

Ci sono altri aspetti che contribuiscono a rendere l’incontro un momento atteso, piacevole che scalda il cuore ed è il modo in cui ci accogliamo gli uni gli altri:

(1) arrivare con anticipo offre la possibilità a tutti, a partire dai ministranti, di lasciare spazio ai saluti, alla conoscenza, in particolare di chi non si conosce. Una maggiore attenzione da parte di tutti dovrebbe essere rivolta a chi arriva all’incontro per la prima volta o che vi ritorna dopo una lunga assenza;

(2) rivolgere all’assemblea qualche parola di accoglienza, che introduca al cuore del messaggio proposto dal vangelo, che incoraggi la partecipazione al canto, che anticipi se, nella liturgia è previsto qualche evento particolare (anniversario, mandato, battesimo ecc.);

(3) dedicare la giusta attenzione e sensibilità nella distribuzione dei compiti previsti della liturgia, dando spazio a tutti, incoraggiando e valorizzando i carismi di ognuno, nella consapevolezza che l’incontro è performante quando tutti si sentono parte attiva.

  • Non potendo però portarglielo innanzi, a causa della folla, scoperchiarono il tetto nel punto dove egli si trovava e, fatta un’apertura, calarono la barella su cui era adagiato il paralitico.

Quando siamo forti, abbiamo bisogno di chi è più debole per rivelare la nostra umanità e risvegliare quelle energie che si chiamano tenerezza e compassione. Questo produce una profonda liberazione interiore; quando siamo deboli abbiamo bisogno di chi è più forte per non sentirci soli, per non perdere la speranza. Forza e debolezza unite compiono miracoli e trovano il modo di superare ogni ostacolo. È sempre sorprendente vedere come, da una necessità, da una difficoltà, nascono esperienze di amicizia, di solidarietà, che rendono possibile l’impossibile.

Mi colpisce sempre vedere qualcuno che arriva a «scoperchiare il tetto» per amicizia, per amore:

– lo vedo nelle tante famiglie che affrontano le difficoltà di una situazione di disabilità senza arrendersi mai, sopportando fatiche, chiusure, giudizi, burocrazie, indifferenza, solitudine, percorrendo ogni strada per i bene di chi è in condizione di fragilità;

– lo vedo nelle situazioni in cui si cerca di eliminare ogni barriera, sia culturale che fisica, affinché tutti possano avere le stesse opportunità, le stesse possibilità di partecipare, dove si smette di parlare di “loro” rispetto a chi è diverso da noi, ma si comincia a dire “noi”, perché nessuno è il proprio limite;

– lo vedo nelle comunità parrocchiali che si adoperano per consentire di vivere l’incontro domenicale anche alle persone che, a causa dei propri limiti, non potrebbero partecipare appieno, ad esempio introducendo nelle celebrazioni liturgiche modalità e strumenti capaci di utilizzare diversi canali comunicativi in modo da essere accessibili a tutti, anche a coloro che non utilizzano il tradizionale linguaggio verbale. Ciò consente alla messa di diventare espressione di tutta la comunità, anche dei più piccoli, degli adolescenti e dei più fragili.

  • Gesù, vedendo la loro fede, disse al paralitico: «Figlio, ti sono perdonati i peccati».

Arrivando all’incontro con Cristo, insieme, prendendoci cura gli uni degli altri, offrendo, con umiltà, ognuno le proprie fragilità, consentiamo a Gesù di condividerle e di farci toccare, subito, dalla sua misericordia.

  • Ora, perché sappiate che il Figlio dell’uomo ha il potere di perdonare i peccati sulla terra, dico a te – disse al paralitico –: àlzati, prendi la tua barella e va’ a casa tua”. Quello si alzò e subito presa la sua barella, sotto gli occhi di tutti se ne andò, e tutti si meravigliarono e lodavano Dio, dicendo: “Non abbiamo mai visto nulla di simile!”.

Sentirsi amati e perdonati dai fratelli e da Dio ci libera da ogni paura, da ogni paralisi, da feriti diventiamo guaritori e ritroviamo la forza per cambiare, per convertirci, per rialzarci e, quando questo accade, è impossibile non comunicarlo agli altri.

Scriveva don Marco Gallo, docente di Liturgia e di Teologia dogmatico-sacramentaria, su un numero di Rivista di Pastorale Liturgica dedicato a «Liturgia e disabilità»:

«La presenza delle sorelle e fratelli con disabilità, nelle sue tante forme, pone serie questioni alla nostra liturgia. Le barriere che emergono per loro sono in realtà ostacoli per tutti. In questo senso, un ascolto profondo dei vissuti è come sale e lievito per tutta la liturgia. E – vivendo i riti di conclusione – si percepirà che la liturgia non è tutto, che essa ha fatto il possibile. Eppure, ogni liturgia imperfetta ma fraterna e trasparente della presenza del Signore sarà piccolo incoraggiamento, gusto e profumo dei passi possibili. Quando è celebrata così, la liturgia non solo include, ma fa vivere un’appartenenza reale e dà il gusto di continuare».


Riporto tre contributi emersi in un seminario promosso dalla pastorale delle persone diversamente abili della CEI dal tema «Una liturgia inclusiva».

https://www.agensir.it/quotidiano/2022/5/13/disabilita-cei-seminario-una-liturgia-inclusiva-card-tolentino-de-mendonca-le-persone-disabili-sono-maestre-ci-insegnano-tanto-sui-sensi/

https://www.agensir.it/quotidiano/2022/5/13/disabilita-cei-seminario-una-liturgia-inclusiva-suor-donatello-stiamo-evidenziando-una-liturgia-ricca-che-usa-tutti-e-cinque-i-sensi-usa-il-corpo/

https://www.agensir.it/quotidiano/2022/5/13/disabilita-cei-seminario-una-liturgia-inclusiva-don-castellano-valorizzare-tutti-i-sensi-e-tutto-il-corpo-nella-celebrazione/

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