Il documento Responsa ad dubia della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti su alcune disposizioni della Lettera Apostolica in forma di «motu proprio» Traditionis Custodes del Sommo Pontefice Francesco aiuta a comprendere meglio la questione di fondo che il MP “Traditiones custodes” ha risolto 5 mesi fa e che fatica ad essere compresa in quella regione ecclesiale che, a partire dal 2007, era stata illusa sulla possibilità di valorizzare un’“indifferenza istituzionale” verso la Riforma Liturgica.
Il “vulnus” di quell’intemperanza istituzionale oggi crea ancora vittime. Un breve sguardo al recente documento è in grado di farci capire dove si collochi il problema fondamentale.
Domande e risposte
Il documento non è altro che un insieme di “dubia” (ben 11) , ai quali viene dato un “responsum” quasi sempre con una “nota esplicativa” che precisa i motivi per i quali è prevalso il sì o il no nella risposta.
Da notare è che, prima dei responsa, vi è un testo piuttosto articolato, a firma del Prefetto Roche, che chiarisce come la “mens” del MP Traditionis custodes sia quella di ristabilire il percorso normale di riforma liturgica, così come viene riascoltato sia dalle parole di papa Paolo VI a chiusura della II sessione del Concilio, sia nei termini dell’“irreversibilità” ripresa recentemente da papa Francesco.
I temi fondamentali su cui vertono le questioni sono il modo di interpretare le competenze episcopali – che TC ha restituito ai Vescovi – o quali siano i libri, i soggetti e i luoghi coinvolti nella celebrazione del Rito pre-conciliare. Mi pare che le risposte siano fondate sulla logica della riforma liturgica e sul buon senso.
Da dove vengono i “dubia”?
Credo che sia utile, oltre che considerare l’importanza delle risposte, sofferemarsi sulle domande sollevate. Ed è molto importante chiedersi: da dove scaturiscono questi interrogativi? Chi li ha sentiti sorgere nel proprio cuore e nella propria mente?
La risposta è molto semplice: vengono da tutti coloro che, in modo inavvertito e superficiale, talora in modo ideologico e superficiale, avevano potuto credere che Summorum Pontificum istituisse ufficialmente la “non irreversibilità del Concilio Vaticano II”. E che quindi tutto quello che dal 1963 era diventato sempre più autorevole, aveva scritto pagine di storia, istituito forme rituali, ripensato le vite e convertito i cuori, potesse essere guardato con un’alzata di spalle, come una “possibilità”, ma non come una necessità.
Così, in 14 anni di “pratiche parallele”, una serie di uomini e donne, di preti e di vescovi, di abati e di monaci, di religiose e di religiose, si sono lasciati affascinare da questo “mito”. Il mito della “reversibilità” del Concilio Vaticano II, il mito del parallelismo rituale, il mito della “devianza conciliare”, il mito non solo della “messa di sempre”, ma della liturgia immobile e della tradizione monumentale.
Quando salta il “dispositivo di blocco”
Ma c’è di più. La questione non riguarda né solo né soprattutto la liturgia. E’ il Concilio Vaticano II in quanto tale ad essere in gioco. Come è stata proprio la liturgia il primo livello su cui il Concilio ha avuto la forza di una “riforma”, un sogno coltivato a partire dagli anni 80, e durato quasi 35 anni, ha preso forma nel fermare la riforma liturgica, per svuotare il Concilio di ogni autorità.
Le forme della comunione, l’esercizio del ministero, il ruolo dei laici e delle donne, la relazione tra centro e periferia, le scelte nella traduzione delle parole e dei gesti: tutto ha potuto essere pensato come “assolutamente immodificabile”.
Questo è accaduto, in modo simbolico, proprio nella liturgia, nelle sue forme da tradurre e da inculturare, e che sono apparse per 30 anni, custodite solo dal passato e non dal futuro. Un vero e proprio “dispositivo di blocco” si era andato perfezionando sul piano liturgico: e alla vigilia di questo grande passo – che non è altro che un ritornare sulla grande strada del Concilio – non avevamo visto una grande Congregazione pubblicare una versione puntigliosamente “riformata” del rito che si pretendeva “irreformabile”?
Il gioco degli specchi e la tradizione che viene dal futuro
Il giochino, che fanno spesso anche i bambini, è questo: chi porta la guerra fa la vittima e chi cerca la pace è dipinto come guerrafondaio. Non bastano le dichiarazioni e le intenzioni, per dire che Summorum Pontificum era un documento di pace. Io mi sono convinto, fin dal 2007, che eravamo di fronte ad un pesante attacco non alla liturgia, ma al Concilio.
Oggi, nel mito dei “dubbiosi”, quel testo sembra il “paradiso perduto” della pace nella Chiesa. Nulla di più falso. Così come è falso pensare che queste equilibrate risposte ai dubbi siano “intolleranti” o “pesanti” o che “infieriscano” sui deboli. Riportano semplicemente le cose alla ragione.
Purtroppo questo oggi è più difficile perché moltissimi di coloro che dal 2007 avrebbero potuto scrivere, parlare, testimoniare, obiettare si sono adagiati in un barile, sotto sale, come piccoli pesci. Per la dignità del ministero pastorale e teologico non è il massimo, anche se garantisce la conservazione (di sé). La voce alta dei dubbiosi oggi ottiene risposte pacate e serie, che rischiano di essere fraintese proprio a causa della ambiguità con cui molti prima hanno o taciuto o parlato solo per enigmi.
La tradizione migliore ci attende nel futuro: nell’unico rito comune, che ora, doverosamente, TC ha ricollocato al centro, per tutti, possiamo fare entrare il meglio sia dei dubbi più accorati, sia delle risposte meglio fondate.
- Dal blog dell’autore Come se non.
Mi stupisce e non poco il dibattito che lei prof. Grillo ha dato vita e continua ad alimentare intorno all’antico messale romano. Mi stupisce ancora di più la molteplicità dei commenti dal venato sapore tradizionalista. Chi come me vive in una parrocchia di periferia a Milano dove chi frequenta la Messa – lei mi direbbe chi partecipa – è perlopiù latino-americano e non capisce neanche l’italiano trova tutto questo dibattito fuori dalla realtà, anacronistico. Ma molto probabilmente sono io e per questo chiedo scusa.
il professor Grillo ha un’ostilità viscerale per la gente che per varie ragioni preferisce il Rito Romano antico, che lui tra l’altro ha ammesso di conoscere e non aver necessità di conoscere, nonostante le sue critiche continue
ma lasciasse in pace chi vuole frequentare la Messa nelle vecchie forme: se il nuovo rito è quello veramente adatto al mondo di oggi, esso si farà strada da solo e prevarrà per la sua stessa forza
invece sono a favore di punizioni e marginalizzazioni dei tradizionalisti, con cui non provano neanche a dialogare seriamente
Io veramente non riesco a capire il perché di tanta intransigenza.
Ci sono cattolici di rito bizantino, caldeo, copto eccetera ma non ci possono essere cattolici di rito tradizionale.
In chiesa si può cantare in italiano, francese, tedesco, swaili ma non in latino.
I preti possono indossare paramenti liturgici di qualsisi foggia e colore ma non la pianeta.
Tutta la musica è accettabile in chiesa: pop, folk, rock ma non il gregoriano.
Insomma tutti sono bene accetti tranne chi è legato alle antiche e sempre praticate forme rituali.
E’ una cosa inspiegabie.
“Il Signore ha dato, il Signore ha tolto. Sia benedetto il nome del Signore” (Giobbe)
Mi piace sempre di più l’affermazione che il Concilio “ha generato una nuova primavera nella Chiesa”. Cosa succede in ogni primavera? Il tronco con le radici rimangono gli stessi degli anni precedenti (ciò ci fa pensare alla Tradizione che rimane sempre il fondamento della vita della Chiesa), ma i rami potati sono nuovi come lo sono i fiori e poi i frutti. Così la Chiesa deve sempre rinnovarsi in ogni ambito e donare linfa e frutti nuovi perchè il dialogo con il mondo è bene che cambi come cambiano i problemi dell’umanità. E’ la ricchezza che il Concilio ha portato nella Chiesa, con l’intervento dello Spirito Santo e che uomini di fede, di dialogo e di apertura mentale hanno saputo cogliere per accorciare la distanza tra la fede e la vita quotidiana. Lode allo Spirito che dona novità, apertura, fraternità, comprensione del Vangelo a coloro che sono aperti al suo soffio nuovo e vitale e non chiusi e arroccati al passato.
la potatura fatta bene riesce a rafforzare l’albero e renderlo più stabile, e di solito si limita a ridurre parte della chioma
la potatura fatta male (come la famigerata capitozzatura che elimina tutta la chioma a partire dalla base) invece può indebolire o addirittura uccidere l’albero: gli alberi capitozzati riducono le radici e il loro tronco marcisce, con risultati facilmente immaginabili…
chiediamoci: dopo il Concilio è stata fatta una potatura o una capitozzatura?
Come salvaguardare e trasmettere lo straordinario patrimonio di fede e cultura che il cristianesimo ha generato nella Storia? Su questo occorrerebbe interrogarsi in modo serio e senza pregiudizi. Eppure non sembra che ciò oggi sia possibile almeno nella Chiesa cattolica. Da una parte alcuni gruppi rumorosi della galassia tradizionalista hanno preso in ostaggio la Tradizione strumentalizzandola e impoverendola in nome di un grottesco e impossibile ritorno al passato, dall’altra una parte del mondo ecclesiale che sembra voler rompere con tutto ciò che è tradito dalla propria storia. La vicenda relativa alla “messa in latino” è paradigmatico di questa situazione schizofrenica. Farne uno strumento di lotta ideologica o un’occasione per limitarne il ricorso non permettono di affrontare e risolvere la questione di fondo, quella cioè del rapporto tra la Chiesa cattolica e la propria storia e tradizione. Una storia di certo complessa e pure contraddittoria, ma che merita comunque rispetto e considerazione, specie da parte di chi alla stessa Chiesa appartiene.
Dovreste vergognarvi: parlare tanto di misericordia e di dialogo, vi apprestate a celebrare il Natale e poi coi fedeli colpevoli solo di voler continuare ad assistere alla Messa Tradizionale, cioè al rito dei nostri padri e nonni , vi comportate non come cristiani ma come i peggiori tiranni autocrati ed spietati. Avete il potere e il potere da’ alla testa. Adesso vi sentite invincibili e trionfanti ,pensate di aver schiacciato una volta per tutte la tradizione liturgica della Chiesa, ma attenti alla vostra hubris come sempre succede nella storia la vostra tracotanza porta con sé il germe della propria disfatta. Pensate alla dittatura comunista: quando pensava di aver trionfato crollò. Così succederà alla dittatura modernista.
modo di interpretare le competenze episcopali – che TC ha restituito ai Vescovi
Un po’ discutibile come affermazione, visto che i dubia dicono che il vescovo necessità del parere romano prima di concedere a un prete l’autorizzazione a celebrare con il Rito Antico e gli impedisce di usare Rituale e Pontificale
L’indulto del 1984 invece dava vero potere e responsabilità ai vescovi
Comunque questo articolo si potrebbe riassumere così: se tutte le persone la pensassero più o meno come me non ci sarebbero divisioni, e quindi chi non la pensa come me è un divisore!