Sabato santo: intervallo di silenzio

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Mosaico del Santo sepolcro a Gerusalemme

Particolare dei mosaici del Santo sepolcro a Gerusalemme

«Ho sempre pensato… che la verità del cristianesimo – se esiste – dovesse situarsi in questo intervallo di silenzio che separa il Venerdì santo dalla domenica di Pasqua; né nel momento della passione né in quello della risurrezione, ma per l’appunto tra i due, nella notte incerta della tomba, quando il giorno esita tra la prova inaccettabile del Calvario e il miracolo impensabile della tomba aperta». Chi scrive così, dopo essersi dichiarato «ateo al massimo grado possibile», è Philippe Forest, scrittore francese che ha raccontato, in alcuni libri bellissimi e strazianti (li aveva pubblicati in Italia l’editrice Alet), la malattia e la morte della figlia Pauline, nata nel giorno di Natale del 1992 e morta all’età di quattro anni per un tumore alle ossa.

Le pagine che Forest dedica a «la religione e i riti» nel suo piccolo saggio Tous les enfants sauf un (2007; in italiano Anche se avessi torto. Storia di un sacrificio, Alet 2010), scritto a dieci anni dalla morte della figlia, contengono tra l’altro un ritratto della «crisi di fede» del padre (il nonno di Pauline), che segue di poche righe la brevissima meditazione sul Sabato santo citata all’inizio, e vi si collega direttamente: «Che cosa arrechi alla fede la morte di un bambino, non posso saperlo. Ma il modo in cui mio padre è giunto alla fine mi ha costretto a pensarci spesso: il suo evidente attaccamento a Pauline e a Hélène (la madre di Pauline), l’improvviso crollo dei suoi ultimi mesi, l’espressione inconsolabile di incomprensione e di impotenza che non lasciava più quest’uomo, la cui esistenza era stata tutta costruita su un ideale rigoroso di impegno nel mondo e sulla fedeltà alla lettera e allo spirito del cristianesimo. Continuava ad andare in chiesa come l’aveva fatto scrupolosamente ogni domenica della sua vita, ma la sua bocca rimaneva chiusa: non pregava più a voce alta, non cantava più con gli altri fedeli. Il suo corpo era al suo posto in mezzo agli altri. Solo la sua voce era ridotta al silenzio».

Perché proprio questa voce che tace, questo «intervallo di silenzio che separa il Venerdì santo dalla domenica di Pasqua» potrebbe essere, come dice Forest, il luogo in cui si colloca la verità del cristianesimo? Non pretendo di avere la risposta in tasca: ma il Sabato santo è il momento per eccellenza nel quale la morte dell’innocente sfida la fede. Bisogna, il Sabato santo, riprendere in mano la fotografia del piccolo Aylan Kurdi, e di suo fratello Galip, tre e cinque anni, morti sulla spiaggia di Bodrum, in Turchia, il 2 settembre scorso; e vedere in loro tutti gli altri bambini sconosciuti, lasciati morire nell’indifferenza vergognosa del nostro tempo, e per un momento – facendo finta di essere esenti da ogni responsabilità – chiedere a Dio: come è possibile, questo? perché lasci che i tuoi figli innocenti muoiano così? Come hai potuto lasciar inchiodare a una croce il giusto, il tuo diletto Figlio – e tutti gli altri figli deboli, fragili, piccoli, che dovremmo credere amati da te?

Il Sabato santo è il giorno in cui bisogna avere il coraggio di sporgersi su questo abisso – un abisso che ha portato molti a voltare le spalle a Dio, a «restituirgli il biglietto di ingresso», per riprendere la voce drammatica di Ivàn Karamazov, nel suo dialogo con il pio fratello Alësa sulla sofferenza degli innocenti. Sporgersi su questo abisso, e tacere. È necessario, anche per non trasformare troppo rapidamente la fede pasquale in una specie di happy end da film di terza categoria, che sarebbe ancor più offensivo nei confronti della morte innocente. Il credente sa che «il Padre ama il Figlio» (cf. Gv 3,35; 5,20) e lo accoglie nella sua gloria; e sa che nulla va perduto, di ciò che è stato a lui affidato (cf. Gv 6,30): per non saperlo troppo alla leggera, tuttavia, è indispensabile sostare a lungo nel silenzio drammatico del sabato santo, presso la tomba del Figlio innocente e crocifisso, e presso le tombe di tutti gli innocenti suoi fratelli.

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