Nel discorso tenuto per la celebrazione dei 70 anni del CAL (Centro di azione liturgica), papa Francesco ha pronunciato parole importanti sulla tradizione liturgica cattolica e sul modo di comprenderla oggi da parte del magistero ecclesiale. Un bravo interprete americano, il gesuita John Baldovin, ha riassunto in “cinque ragioni” la rilevanza di questo discorso.
Queste ragioni sono assai rilevanti e vorrei subito presentarle. Ma ancora più rilevante è, a mio avviso, la ermeneutica storica che Baldovin propone, perché in tal modo mette in chiaro che cosa è accaduto nella Chiesa cattolica negli ultimi 60 anni.
Le cinque ragioni
Il discorso di papa Francesco può dunque essere riassunto secondo Baldovin in 5 affermazioni chiave:
- primo, si ribadisce la rilevanza della partecipazione attiva, che rifiuta la riduzione dei fedeli a “estranei e muti spettatori”
- secondo, il Vaticano II ha voluto favorire la sana tradizione e il legittimo progresso
- terzo, per rispettare il Vaticano II occorre la pazienza di un lungo lavoro educativo
- quarto, la liturgia è presenza viva di Cristo, nelle diverse forme con cui il rito la realizza e che ha al centro l’altare, verso cui tutta la attenzione si dirige
- quinto, la liturgia è una azione non solo per il popolo, ma del popolo.
Queste cinque affermazioni, unite alla assunzione magisteriale della irreversibilità del Concilio Vaticano II, pongono fine alla recente oscillazione – iniziata formalmente dal 1988, ma culminata nel 2007 – tra queste linee fondamentali della Riforma liturgica, e le loro antitesi (riforma della riforma) che ora trovano fine. Ma ancor più interessante, nell’articolo di Baldovin, è la ricostruzione della storia che ha portato, finalmente, a questo pronunciamento.
Una preziosa ermeneutica storica
Nel suo articolo, J. Baldovin inizia da una preziosa ricostruzione storica. In sintesi egli presenta le opposizioni alla Riforma liturgica come scaturite immediatamente dopo il Concilio. Ecco le sue parole:
It is not news that the liturgy has been a contested field in Catholic life over the past few decades. Opposition to liturgical reform began even before the conclusion of the Second Vatican Council, and increased from 1964 onward, when reforms like the use of English and the practice of the priest facing the people while presiding at the Eucharist began to be implemented.
In its most extreme form this rejection of Vatican II’s reform found a base in the traditionalist movement founded by Archbishop Marcel Lefebvre, which eventually split off in schism from the Catholic Church after he ordained bishops on his own. Part of that movement remained within the church and was greatly encouraged by Pope Benedict XVI’s motu proprio “Summorum pontificum” ten years ago, which greatly liberalized permission to celebrate the traditional Latin Mass, now called the “Extraordinary Form.”
The opposition was not limited to this extreme, however. Another group characterized as the “Reform of the Reform” advocated modifications of the post-Vatican II reforms, such as a return to one Eucharistic Prayer (Prayer I, the Roman Canon) recited in Latin and in a low voice with the priest and people facing in the same direction (ad orientem). That movement’s most notable champion was Cardinal Joseph Ratzinger, but it had supporters among at least the past four prefects of the Congregation for Divine Worship and Discipline of the Sacraments : Cardinals Jorge Arturo Medina Estévez, Francis Arinze, Antonio Cañizares and (currently) Robert Sarah. These opposition movements also found support among some younger Catholics searching for a more transcendent experience of liturgy than they customarily experienced.
Con lucidità Baldovin individua non solo le concessioni fatte ai lefebvriani con il motu proprio Summorum pontificum, ma anche il lavoro di opposizione alla riforma sollevato dagli ultimi 4 prefetti della Congregazione del culto (oltre che, in modo determinante, dal prefetto J. Ratzinger). Questa ricostruzione non solo appare del tutto corretta, ma invita anche a trarre le conseguenze ultime del ragionamento, procedendo ad un inevitabile avvicendamento del prefetto Sarah, la cui preoccupazione dominante appare francamente incompatibile con questo disegno chiaro e determinato di ripresa del cammino della riforma voluta dal Concilio Vaticano II, sulla quale papa Francesco ha chiesto di continuare a lavorare con coerenza e senza divagazioni o nostalgie. Con questo discorso papa Francesco, da figlio del Concilio, ha superato ogni residua esitazione: come summus pontifex si è posto nettamente al di là di Summorum pontificum.
Pubblicato il 31 agosto 2017 nel blog: Come se non.
Povero Papa Francesco adesso è diventato un caso letterario post litteram ed una nuova categoria social-culturale! E’ un non-senso l’eccentricità inclusiva o esclusiva. Chi è eccentrico è semplicemente divergente o fuori centro. Ma proviamo ad immaginare le conseguenze di un Papa, che è o dovrebbe essere al centro della Chiesa, ma che si mette fuori dal centro, a quel punto la periferia potrebbe essere pure il centro. Con un centro eccentrico tutti possono andare dove vogliono. Se può essere eccentrico il Papa è giusto che lo siano anche i credenti. Certe suggestioni linguistiche, che vorrebbero facilitare la comprensione del Papa, finiscono per danneggiarlo ma soprattutto per danneggiare la Chiesa. ( 25 Agosto 2017).
Lei insinua che i Cardinali elencati abbiano boicottato l’attuazione della riforma liturgica del Vaticano II. Forse si dimentica che tutto il papato di S. Giovanni Paolo II è stato un reindirizzare su binari più equilibrati alcune derive esistenti nella Chiesa. Ora mi sembra che Papa Francesco nel definire irreversibile la riforma liturgica sia stato per nulla eccentrico, ha detto semplicemente che si va avanti. Per dove???? Ciò che è riformato una volta, può essere riformato tutte le volte che serve. Dopo 60 anni credo sia doveroso ponderare con grande amore verso la Chiesa la validità del percorso liturgico fatto. I nostri 60 anni dal Vaticano II corrispondono al tempo trascorso tra il Concilio di Trento ed il Vaticano II. Lei lascia intendere che Il Summus Pontifex abbia cantato il De Profundis del Summorum Pontificum. Professore ricorda la Parabola della Pecorella smarrita? Beh! qui non si tratta di pecora smarrita ma di una grande ricchezza della Chiesa trascurata e lasciata da parte. Il Summorum Pontificum è ritornato indietro a riprenderla e metterla a disposizione di tutti con senso di rispetto e libertà.
I 5 punti elencati da John Baldovin sono generici, bisogna vedere come vengono esplicitati ed implementati.
Partecipazione attiva: Vivere il Sacrificio di Cristo è essere fedeli “estranei e muti spettatori”?
Sana tradizione e il legittimo progresso: Approfondire il senso di preghiera mistica è essere “nostalgici e retrogradi”?
Pazienza di un lungo lavoro educativo: La vitalità del Rito Romano Antico non cade dal cielo, è frutto di un lento e lungo lavoro di formazione.
La liturgia è presenza viva di Cristo: Che parole vaghe, quasi a-gnostiche!!! Trascurare la presenza Eucaristica di Cristo e sminuire il ruolo del Sacerdozio ministeriale fa evaporare sia il Sacerdozio dei fedeli che il Corpo
Mistico di Cristo.
La liturgia è una azione non solo per il popolo, ma del popolo: Forse si continua a parlare per sentito dire.