Francesco Scoppola è Presidente del Comitato nazionale dell’AGESCI, Capo del Cerimoniale della Regione Lazio ed ex assistente parlamentare di David Sassoli. Nato a Roma, 41 anni, è laureato in Giurisprudenza e nel suo curriculum reca un Master in Istituzioni Parlamentari e Storia Costituzionale. Nel 50° anniversario del servizio di AGESCI – in Italia e nella Chiesa Italiana – abbiamo chiesto a Francesco quali sono le caratteristiche della associazione in fatto educativo e formativo.
- Il movimento scout è conosciuto in tutto il mondo, ma, forse, non tutti i lettori sono ben a conoscenza delle sue caratteristiche, metodologiche e valoriali. Francesco, vuoi riassumerle?
Lo scoutismo e il guidismo costituiscono, innanzi tutto, una proposta di vita comunitaria in cui a ciascuno e a ciascuna aderente viene offerta la possibilità di sviluppare la propria personalità svolgendo un proprio ruolo: l’impegno e la responsabilità del singolo sono sempre, infatti, indispensabili per la crescita di una intera comunità.
Questa caratteristica ha conferito una particolare forza e capacità di sviluppo al nostro movimento a livello internazionale: da quando lo scoutismo è stato fondato nel 1907, si stima che nel mondo siano circa 500 milioni le ragazze, i ragazzi e gli adulti che hanno indossato il noto fazzolettone.
Nel nostro Paese, quest’anno, celebriamo i 50 anni di servizio di AGESCI: un servizio particolarmente impegnato per la crescita delle giovani generazioni. Il desiderio e la responsabilità – in un motto – che abbiamo cercato di trasferire ai giovani è: fare sempre del proprio meglio per lasciare un mondo migliore di come l’abbiamo trovato.
Ricordo che l’AGESCI è nata nel 1974 dalla iniziativa educativa liberamente promossa da credenti, per unificazione di due preesistenti associazioni: l’ASCI (Associazione Scout Cattolici Italiani), maschile, e l’AGI (Associazione Guide Italiane) al femminile
In Italia, oggi, siamo in 182.000. Col metodo educativo scout, aiutiamo giovani di tutta la penisola a crescere, come buoni cittadini e buoni cristiani, orientati al bene comune, in una società che cambia ed evolve e affronta tempi e sfide più complesse che mai.
Essere una guida e uno scout, dunque, vuol dire sostanzialmente mettersi a disposizione dei giovani con competenza, entusiasmo, accoglienza, disponibilità; vuol dire, ancora, essere pronti a servire, in ogni circostanza, soprattutto ove è più difficile farlo.
Lo scoutismo è attento a riconoscere i valori, le aspirazioni, le difficoltà e le stesse tensioni del mondo giovanile, mantenendo una visione cristiana della vita, che considera globalmente l’essere umano e la sua aspirazione di vivere in armonia con sé stesso, con gli altri, col creato.
Vogliamo, inoltre, vivere la dimensione della fraternità universale, imparando ed educando a divenire artigiani di pace: compito quanto mai impellente di questi tempi.
Certo, sono tutte cose molto alte: ma precisamente per queste vogliamo continuare ad impegnarci!
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- Qual è lo stato di salute dello scoutismo cattolico italiano?
Sono convinto che il metodo scout sia ancora profeticamente attuale. Abbiamo un patrimonio di esperienze, una storia forte e vivace da mettere a disposizione. La proposta di fondo, da 50 anni, è la stessa: va chiaramente declinata localmente e nei tempi che viviamo.
Ciò che ha affascinato e coinvolto sin dal ’74, continua a coinvolgere intere generazioni di giovani in tutto il Paese, perché il nostro metodo è concreto, visibile e si manifesta nel tessuto sociale: come ho detto, vuol dire, fare, concretamente, per la pace, per l’ambiente, l’inclusione sociale, la cittadinanza, l’essere Chiesa-comunità, fare strada insieme, nel cammino, nel servizio. Non sono soltanto parole, ma sono le parole che mettiamo nello zaino e che portiamo, pronti a tirarle fuori e a farle vedere.
Celebrare il nostro 50° sarà senz’altro un modo per ricordare il nostro passato, ma soprattutto per guardare al futuro lasciandoci interrogare dai nostri giovani, dalla realtà sociale ed ecclesiale: dal cammino sinodale, ad esempio, a cui, assieme a tante altre associazioni a carattere educativo con cui stiamo lavorando.
- Quali sono le fragilità e le ricchezze delle nuove generazioni scout?
La parola “generazioni” contiene in sé il “generare azioni”, cioè il contribuire a processi di cambiamento contagiosi, in grado di innescarne altri. Nella associazione stiamo lavorando molto, di questi tempi, sul concetto di felicità: oggi è la felicità, l’essere felici, vivere felicemente è, specie per i giovani, la grande aspirazione, ovvero la grande sfida che sta dinnanzi. Per noi stare dalla parte della felicità è una scelta “politica” – forte e controcorrente – rispetto al clima negativo, pesante, ai segnali di crisi e di sfiducia imperante.
Ma quale felicità? La felicità umanamente possibile è quella che promana dal dono, dalla relazione con gli altri. Siamo quindi felici – come guide e scout – nelle dimensioni della accoglienza, della custodia, della generazione del domani, della esperienza di abitare ed essere abitati da Dio, nell’essere appassionati di lavoro buono, di pace; profeti di un mondo sempre nuovo.
Certo, siamo perfettamente consapevoli della complessità e persino della durezza di questo tempo, specie con gli occhi dei giovani. Le loro fragilità sono tante e sono consistenti. Vengono poi dalle nostre, da noi adulti. Come cristiano ciò ci riporta sulla soglia, ovvero ci obbliga a rimetterci in discussione, mettendoci in attento ascolto dei figli, dei nipoti, dei giovani. Gli scout e le guide non sono – ovviamente – ragazze e ragazzi diverse dai coetanei.
La crescita è un fatto che accade all’interno di relazioni significative e non al di fuori delle stesse: questo è indiscutibile. Dobbiamo allora proporci di testimoniare quanto una vita buona e piena – quella motivata dal Vangelo di Gesù Cristo – possa essere effettivamente vissuta nella quotidianità, attraverso il servizio, con intenti educativi, appunto.
Vogliamo aiutare ad accogliere il futuro ancora con speranza, abitando intensamente questi tempi così incerti e cupi, afflitti da guerre che imperversano e dalla crisi accelerata del cambiamento climatico. Siamo tutti sotto lo stesso cielo: uomini e donne di questo mondo. Le circostanze storiche necessitano – a maggior ragione – di guide e di capi molto significativi, che stanno con i 150.000 giovani che dell’associazione sono il cuore pulsante. Serve più che mai, oggi, guardare al futuro con coraggio creativo.
Camminare insieme a loro è il modo migliore che conosciamo. Vivremo, anche quest’anno, con autenticità, nuove esperienze: ad agosto a Villa Buri, in provincia di Verona, in 20.000, nella Route nazionale delle Comunità capi, dal titolo Generazioni di felicità.
Condivideremo dibattiti, riflessioni e faremo formazione sul “fare educazione oggi”, per le bambine e i bambini, le ragazze e i ragazzi che ci vengono affidati. Saremo accompagnati dai nostri assistenti ecclesiastici, perché vogliamo essere sentinelle della fede, nella buona umanità. L’icona biblica della Route nazionale sarà quella delle Beatitudini.
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- L’Agesci è, appunto, un’associazione cristiana, cattolica. Qual è, precisamente, il punto di snodo che collega l’esperienza scoutistica alla Chiesa e alla fede?
L’AGESCI si pone nel pieno alveo del Magistero della Chiesa cattolica, ma con una “vocazione” – se così si può dire – “di frontiera”. Papa Francesco parla di Chiesa in uscita. Noi incontriamo ragazzi per cui lo scoutismo costituisce l’unica opportunità di ricevere un annuncio di fede, accompagnato dalla testimonianza.
In una realtà sempre più multiculturale – quale ormai la nostra – da sempre accogliamo tutti i ragazzi e le ragazze del nostro Paese, cogliendo la grande opportunità di una crescita che avviene insieme, con vicendevoli e positive influenze tra ragazze e ragazzi di diverse confessioni cristiane e di diverse religioni. Siamo convinti che in Cristo ogni esperienza umana e religiosa trovi il suo pieno significato.
- Quali sono i rapporti con il CNGEI (Corpo Nazionale Giovani Esploratori ed Esploratrici Italiani), associazione laica scout?
La Federazione Italiana dello Scoutismo riunisce nello spirito della Legge e della Promessa scout le associazioni che in Italia adottano il metodo educativo scout. La FIS aderisce alla Associazione Mondiale delle Guide e delle Esploratrici (WAGGGS) e all’Organizzazione Mondiale del Movimento scout (WOSM).
Le Associazioni federate nella FIS si riconoscono in un impegno educativo comune nei confronti della gioventù italiana, pur conservando la propria piena autonomia. Sono appunto l’AGESCI e il Corpo Nazionale Giovani Esploratrici ed Esploratori Italiani (CNGEI). Il CNGEI realizza, attraverso l’opera di volontari, un’azione educativa laica, indipendente da ogni credo religioso. Attraverso la Federazione Italiana dello scoutismo, lavoriamo spesso assieme in maniera proficua. Si partecipa ad esempio insieme agli eventi internazionali, non ultimo il Jamboree che si è tenuto in Corea l’estate scorsa o il Roverway in Norvegia che si terrà la prossima.
Sono diversi i temi educativi che stiamo affrontando insieme. Basti pensare che spesso ci scambiamo buone pratiche o approfondiamo percorsi di riflessione comuni.
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- Qual è il tuo personale ruolo di responsabile nazionale
Insieme a Roberta Vincini, sono il Presidente del Comitato nazionale. Ogni carica associativa vede la presenza di un uomo e di una donna che compartecipano, collaborano e condividono il servizio in corresponsabilità gestionale. Questa scelta l’abbiamo fatta già 50 anni fa e sentiamo di poter dire che sia stata una scelta profetica per i tempi che ora viviamo.
- Infine, in che modo la lunga esperienza scout ha cambiato e arricchito la tua vita?
Lo stile scout è il mio stile di vita e il fazzolettone denota il mio impegno – come per tutti gli scout – anche una volta che sia dismesso. Resta la tensione della pace, del dialogo, della cittadinanza attiva, del rispetto dei valori fondanti espressi nella Legge e Promessa scout, e nel Patto associativo.
Non mi stanco di dire – non ci stancheremo mai di dire – che scout e guide si è, nell’intimo, non si fa.
Errato anche iniziare il conteggio dello “scautismo cattolico” dall’Agesci anziché, più correttamente, dall’Asci
Quest’anno si festeggiano i 50 anni dell’AGESCI, non della FSE!. Riguardo all’accenno all’onestà, meglio tacere su come sia nata la FSE!
Infatti se ne tace completamente, non capisco cosa c’entri il commento
Perché l’FSE italiana è nata come uno ‘scisma’ di coloro che non accettavano alcune tendenze presenti nella nascente AGESCI. E quest’ultima aveva all’inizio il dente avvelenato nei confronti dei loro ‘fratellini’
Bello fare un’intervista sullo scoutismo cattolico in Italia e non parlare manco per un secondo dell’FSE, che tra l’altro ha anche più membri del CNGEI.
È noto che tra FSE ed AGESCI non scorre buon sangue, ma un po’ di onestà non farebbe male.