Il futuro è fatto anche di proiezioni e di numeri. In base a questi, fra trent’anni, il clero francese sarà segnato dal gruppo della Comunità di San Martino. Se oggi sono 128 preti e un centinaio di seminaristi, con 168 già attivi in 30 diocesi, fra pochi lustri potrebbero rappresentare fra il 20 e il 40% dell’intero presbiterio di Francia. Quest’anno ne sono stati ordinati 26, praticamente un quinto dei 130 preti ordinati nell’intero paese.
È un fenomeno vistoso e discusso anche perché la loro formazione e il loro indirizzo sono conservatori, senza essere lefebvriani. La loro immagine pubblica assomma elementi di modernità (sport, spirito di gruppo, serietà di vita, buona formazione intellettuale) con radici nella tradizione tridentina. Come dicono loro: «integrali», non «integralisti». La Croix ne ha ricostruito il percorso e l’attività pastorale (20 settembre 2021).
Comunità di San Martino
Vengono dalla città, non dalla campagna, dall’area parigina e di Versailles non dai territori periferici. Sono cresciuti in famiglie cattoliche classiche, spesso di ceppo militare o di ascendenze aristocratiche, dove la frequenza domenicali è onorata e la figura del prete non discussa. Arrivano in seminario, nell’antica abbazia Notre-Dame di Evron (Mayenne, Francia), all’indomani del bac (esame di maturità) fra i 18 e i 20 anni.
Dopo otto anni di studio, condotto in prevalenza all’interno dell’istituzione, sono ordinati preti per il ministero, sia parrocchiale, sia d’altro tipo (cappellani di istituto scolastico o ospedaliero). L’attuale responsabile che ha il ruolo di ordinario (simile al vescovo), don Paul Préaux, sottolinea: «Quello che mi interessa è di formare pastori umili e audaci».
Il ciclo di studi è ispirato al Vaticano II, ma in un contesto spirituale che si riferisce, da un lato, alla tradizione benedettina (canto gregoriano, cura liturgica, uso del latino), e, dall’altro, alla scuola francese di spiritualità (de Bérulle, Olier, Vincenzo de’ Paoli).
Vi è la pratica quotidiana della lectio e una forte sottolineatura della vita comune. Quest’ultima continuerà anche nella pastorale perché ogni impegno pastorale prevede almeno tre preti che vivono assieme. La cura del canto gregoriano ha permesso l’edizione delle Heures grégoriennes, 6.400 pagine in tre tomi, con la collaborazione dell’atelier di paleografia di Solesmes.
L’indirizzo complessivo è identitario e conservatore più che sociale e dialogante. Molti di loro hanno partecipato alle Manif pour tous, le grandi manifestazioni contro il matrimonio omosessuale e gli orientamenti legislativi sulla bioetica.
Il loro inserimento nella pastorale diocesana non ha prodotto significative tensioni, anche se una parte del mondo cattolico li guarda con qualche sospetto. Entrano nelle diocesi dopo un esame approfondito del ruolo che è chiesto loro e, seppur pienamente inseriti, mantengono legami significativi con la comunità. Vi è una visita accurata ogni anno da parte dell’ordinario.
L’altro ’68 e il gregoriano
La comunità presbiterale nasce a Genova nel convento dei cappuccini di Voltri, dove don Jean-François Guérin approda nel 1976, accolto e protetto dal card. Giuseppe Siri. Assieme ai pochi giovani dell’inizio torna in Francia nel 1983 per un impegno parrocchiale nella diocesi di Toulon.
Con la progressiva crescita dei seminaristi l’associazione diventa di diritto pontificio nel 2000 con la possibilità di incardinare i preti nella comunità. Succede anche per l’opera di Gesù Sovrano e Prete, per la società Jean-Marie Vianney e la Comunità dell’Emmanuel.
Guérin, formato al seminario francese di Roma e all’istituto cattolico di Parigi è fra gli oppositori delle aperture sociali del ’68 e delle innovazioni ecclesiali sperimentate in Francia. Brusco e diretto, è noto per l’affermazione «Smettiamo di farci trascinare dalla nostra epoca. Trasciniamola noi».
Mentre tra il ’60 e l’80 se ne vanno in Francia 1.500 preti, lui insiste per una formazione classica e integrale. Non integrista. Nel 1988 non seguirà Lefebvre nella sua deriva scismatica. Muore nel 2005.
I suoi successori, Jean-Yves Le Gall e Paul Préaux, ne seguono le orme, aggiustando alcuni elementi come la distinzione più netta tra foro interno e foro esterno e nell’età di accettazione in seminario. Anche per la crisi attraversata alla fine degli anni ’90 quando una decina di preti abbandona la comunità.
Rapporto sugli abusi
Alcuni elementi dell’esperienza vengono imitati nella ridefinizione dei seminari francesi. Per esempio, nella percezione che la vita comune va rafforzata non solo in seminario ma soprattutto dopo. Diversi gli accenti sul ruolo delle donne nella formazione e sul modo di entrare nei problemi sociali e politici. E, naturalmente, negli indirizzi degli studi teologici.
Le sfide della secolarizzazione e della contrazione del personale ecclesiastico valgono per tutti. Così come la rarefazione dei fedeli. In uno studio sulla salute del clero nel 2020 si insiste nell’attenzione al burnout, alla depressione, al consumo di alcolici. Si sollecitano i preti ad ascoltare il linguaggio del proprio corpo (sovrappeso), a confrontarsi sui temi personali anche affettivi, ad alimentare la dimensione valoriale, calibrandola col realismo e l’umorismo.
La spinta conservatrice della Comunità di San Martino (che ha ora quattro vescovi in tre diocesi e una nunziatura) si somma a quella dei tradizionalisti nella liturgia. La ricezione del motu proprio Traditionis custodes che regola in forma restrittiva la celebrazione col vecchio rito, non sarà agevole. Così come andrà gestito l’impatto nella comunicazione pubblica dell’ormai imminente rapporto sugli abusi del clero da parte della commissione indipendente a questo destinata (Ciase). La sua presentazione è prevista per il 5 ottobre.
Ammiro i tradizionalisti che se va male è sempre colpa di quacun’altro. Come se loro negli ultimi 50 fossero altrove mentre venivamo sfiniti da 30 anni di GPII e dal suo movimentismo caotico (quello si termodinamicamente instabile) che ha snaturato le parrocchie e indebolito il tessuto ecclesiale.
In Olanda dopo la vivacità degli anni sessanta la parte più progressista della Chiesa ha lasciato la fede e sono rimasti solo i conservatori. L’autore osservi quello che succede tra i protestanti: solo i gruppi “conservatori” o fondamentalisti crescono mentre gli altri chiudono le chiese. Ma sarebbeun grande errore fermarsi all’etichetta conservatore. Dietro c’è una questione spirituale. Per la legge della termodinamica il disoseine o l’accostamento tra una fonte caldissima ha più energia di un corpo che ha scambiato il suo calore con l’ambiente e dunque si è raffreddato. Ringrazio il Signore che papa Francesco è un corpo molto caldo (non ancora incandescente) e così può emanare nergia. Stia attenta la Chiesa progressista che dopo aver interiorizzato molte cose mondane diviene un corpo simile agli altri e senza energia. Fosse un buco nerò!