La Conferenza episcopale tedesca, da circa un paio d’anni, ha messo mano a una radicale riorganizzazione dei seminari per la formazione sacerdotale, dato ormai l’esiguo numero di candidati al ministero ordinato. L’idea originale era di raggruppare la fase della formazione in tre sedi centrali, ma non tutte le 27 diocesi del Paese si sono trovare d’accordo. Attualmente si parla di dodici sedi e, nel discorso, è entrato anche il problema del ruolo delle donne nella formazione. Il coordinatore di questo laborioso cammino di riorganizzazione è il giovane vescovo Michael Gerber (classe 1970), recentemente nominato vescovo di Fulda, dopo essere stato alcuni anni ausiliare nella diocesi di Friburgo. All’interno della Conferenza episcopale è membro della Commissione per le vocazioni e di quella per i giovani. Il portale Katholisch.de lo ha intervistato e ha pubblicato l’8 novembre scorso le sue risposte – che qui riprendiamo – sull’attuale fase del cammino di rinnovamento dei seminari e sui futuri sviluppi (A. Dall’Osto).
– Monsignor Gerber, lei è il presidente della Commissione per le vocazioni sacerdotali e i servizi pastorali della DBK (Conferenza episcopale tedesca). Nel contesto di questo incarico, lei coordina il processo di riorganizzazione della formazione sacerdotale in Germania. Due anni fa è stata pubblicato il progetto di raggruppare gli studi teologici in tre centri. Adesso però si parla di circa dieci sedi centrali. Si tratta del numero definitivo?
Si tratta, tutto sommato, di un percorso, e sicuramente continuerà ad essere così anche negli anni a venire. In questo momento ci sono molte cose sotto esame nella nostra Chiesa. Attualmente nelle sedi di Monaco, Sankt Georgen (Francoforte sul Meno) ed Erfurt – anche se su scala ridotta – si sta preparando o avviando la cooperazione tra le diocesi per la formazione sacerdotale. Ma continuano ad esistere anche altre sedi per gli studi di teologia.
Nella nuova edizione appena uscita del Regolamento di base per la formazione sacerdotale sono tracciate, tra l’altro, anche le coordinate essenziali della cooperazione di più diocesi in una sede comune di formazione. Finora si è trattato piuttosto di accordi bilaterali tra una diocesi con seminario di accoglienza e la diocesi di invio. Vogliamo ora vedere più da vicino come è il rapporto tra la diocesi di origine di un seminarista e come dovrebbe essere la sede centrale.
– Cosa significa in concreto?
Conosco questa tematica dai tempi in cui ero rettore (Regens) del seminario a Friburgo, nel quale abbiamo condiviso la fase propedeutica con altre diocesi. Ora vogliamo determinare insieme chi ha questi obblighi: qual è il compito della leadership in loco nel seminario regionale?
E qual è il compito del rettore incaricato dei seminaristi della loro rispettiva diocesi d’origine da parte del proprio vescovo? Ciò deve essere ben chiarito.
– Il decano della Facoltà teologica cattolica di Bonn, Jochen Sautermeister, parlando recentemente della prevista centralizzazione della formazione sacerdotale, ha detto che non gli era del tutto chiaro lo stato attuale della questione. È necessario spiegare meglio gli sviluppi del processo di ristrutturazione?
Fondamentalmente, dobbiamo considerare le consultazioni come un percorso. Abbiamo comunicato i nostri precedenti risultati alla conferenza episcopale. Ora il problema è vedere quale risonanza trovano nelle singole diocesi. In complesso ci sono state molte risposte, ma ciò non significa che tutte le 27 diocesi sostengano pienamente questa impostazione. Sulle sedi di cui sopra vi è un certo orientamento positivo.
Nelle fasi più recenti del percorso è stata posta una questione che ritengo molto importante. Il candidato e i suoi formatori devono chiedersi quale luogo e quale ambiente possono offrire i migliori presupposti per la formazione umana, spirituale e scientifica.
Le collaborazioni menzionate in relazione ad una sede regionale non hanno perciò un significato assoluto così da poter dire “qui la diocesi X manda tutti i suoi candidati”. La ragione principale deve riguardare l’effettiva crescita dei candidati.
– Alcuni anni or sono, era stata annunciata una drastica riduzione a sole tre sedi per la formazione sacerdotale in Germania. Qualche mese fa, si è verificata una marcia indietro. Riesce a capire le ragioni del malumore che è sorto per il piccolo numero di soli tre centri di formazione seminaristica?
Per me è molto importante che noi – pienamente d’accordo con Ignazio di Loyola – distinguiamo molto bene tra fini e mezzi per riflettere sui nostri problemi. L’obiettivo è di avere delle persone ben formate, non solo per il sacerdozio, ma anche per gli altri servizi pastorali.
È molto importante, a mio parere, sottolinearlo, perché questo intreccio tra la formazione e i compiti pastorali sia già adesso considerato di fondamentale importanza. Per raggiungere questo scopo è necessario capire quali sono i mezzi più adatti per la formazione e, nello stesso tempo, in quali sedi ciò può avvenire. Accanto a questo, bisogna considerare che cosa offre una diocesi per quanto riguarda lo studio.
Un particolare significato ha lo studio della teologia. Ritengo importante per noi continuare ad avere delle sedi per lo studio della teologia presso le università statali. Questa opportunità è collegata con la formazione sacerdotale, ma possiede una sua propria valenza. Bisogna capire perché è importante una riflessione teologica di livello accademico nella nostra società.
Per quanto riguarda la formazione, è altrettanto importante per me affermare che la teologia ha una forza plasmatrice: è molto di più che trasmettere contenuti teologici, perché lo studio della teologia contiene una dimensione formativa a vasto raggio. Ad esempio, il discorso sulla “critica dell’ermeneutica” può aiutare a riflettere con senso critico su come io percepisco la realtà, la realtà che mi circonda e la realtà che sono io stesso. Questo ha una grande importanza, perché una delle ragioni principali degli abusi sta nella mancanza di percezione della realtà.
– In alcune diocesi c’è stato un grande malumore per le proposte, poiché si temeva che, in futuro, non ci sarebbe più stato un proprio seminario.
Anch’io sono vescovo di una diocesi che ha rinunciato al proprio seminario e al master presso la propria facoltà. C’è una cerchia di persone strettamente legate alla facoltà e per loro questo è un passaggio molto doloroso. Lo capisco molto bene. I responsabili della diocesi e dei comitati ne hanno piena consapevolezza.
– Crede che la creazione dell’Università di Colonia per la Teologia Cattolica (KHKT) da parte del card. Woelki sia legata alla discussione sulle sedi degli studi teologici che si trascina da diverso tempo?
Questo bisogna chiederlo ai responsabili di Colonia. A me interessa che noi, oltre alle facoltà delle università statali, conserviamo nella Chiesa delle proprie sedi di studio, come avviene a Sankt Georgen. Penso che la formazione in queste sedi sia lungimirante perché a Sankt Georgen collaborano diverse diocesi e anche l’esperienza dell’ordine dei Gesuiti offre la sua impronta.
Inoltre, l’università è ben collegata con molte altre istituzioni accademiche in tutto il mondo e anche con l’Università Goethe di Francoforte sul Meno, dove si insegna ugualmente teologia. Una sede ecclesiastica dovrebbe quindi essere conservata se ha questi requisiti e guarda al futuro.
– In che modo i seminaristi che hanno precedentemente studiato nella propria diocesi riescono a identificarsi con essa senza perderne i contatti?
Questo è effettivamente un problema anche nella nostra diocesi di Fulda, in cui da poco si è verificata questa nuova situazione. A tal proposito, una grande importanza ha il collegamento dei vari corsi di formazione. L’intento è di sviluppare un senso di appartenenza tra gli studenti della diocesi per quanto riguarda i servizi pastorali.
Alcuni mesi fa, ho compiuto una camminata di due giorni nel Rhön (zona montagnosa a una trentina di km a nord est di Fulda) con studenti di tutti gruppi vocazionali della diocesi. La comunicazione che abbiamo avuto tra noi è stata molto significativa. Come diocesi, siamo stimolati a guardare in modo nuovo e creativo il nostro specifico radicamento.
La società oggi è caratterizzata dalla mobilità, per cui le persone che lavoreranno in una diocesi hanno bisogno di possedere un ampio orizzonte di esperienza anche in relazione al luogo di studio e di lavoro.
– Il prossimo anno sarà pubblicato il nuovo Regolamento per la formazione sacerdotale. Quali risultati del Forum Sacerdotale del Cammino sinodale vi saranno inclusi?
Negli ultimi due anni c’è stata una stretta comunicazione tra i forum del Cammino sinodale che si occupano di formazione sacerdotale e il gruppo di lavoro della conferenza episcopale, responsabile del testo della Ratio Nationalis, quadro di riferimento per la formazione sacerdotale. Ne è un esempio il testo operativo Le donne nella Chiesa e nella teologia del Cammino sinodale. Questo testo chiede che le donne in futuro svolgano un ruolo importante nella formazione sacerdotale.
Nel testo originale ho proposto un passaggio che è stato poi accolto in assemblea sinodale: che ci sia un maggiore collegamento tra i formatori dei diversi corsi. Sono due le attenzioni che bisogna avere: da un lato, le donne devono svolgere un ruolo rilevante, anzi decisivo, nella formazione sacerdotale; dall’altro, occorre dar vita ad uno stretto collegamento.
Il rettore del seminario e le altre persone responsabili della formazione dovranno avere in futuro una responsabilità condivisa delle fasi essenziali della formazione. Questa preoccupazione l’ho inserita nell’emendamento del forum delle donne ed è stata accolta nel testo. Questo è solo un esempio di come la Ratio Nationalis e i testi del Cammino sinodale interagiscono tra loro. Tutto sommato, questa è anche per me un’esperienza di sinodalità: una parte non aspetta semplicemente che l’altra pubblichi qualcosa, ma c’è uno scambio continuo.
– La denominazione di “Regens” (rettore) sarebbe concepibile per la formatrice responsabile?
C’è una disposizione nel diritto canonico secondo cui il responsabile della formazione sacerdotale deve essere un sacerdote come rettore; ciò non significa che anche le donne non possano essere responsabili.
A Friburgo, come rettore, ho imparato che l’educazione religiosa è saldamente nelle mani delle donne e che la loro opinione sull’idoneità dei seminaristi va tenuta in grande considerazione. È possibile progredire in questa direzione.
La responsabilità delle donne nella formazione sacerdotale deve riguardare non solo un settore specifico, ma l’intera dinamica formativa. A questo riguardo non dovremmo fermarci ai titoli, ma guardare quali passi possiamo concretamente intraprendere.
Trovo questo progetto di riorganizzazione tanto ambizioso quanto coraggioso. Mi dispiace che non si parli del ruolo dei laici nella formazione al sacerdozio.