Nei miei corsi biblico-teologici mi capita di incontrare anche laici/e aderenti a istituti secolari, a terzi ordini o gruppi e movimenti simili.
Mi sono chiesto: se è vero – e se lo sia lo domando perché non sono competente pur con qualche informazione – che loro intento è di vivere il vangelo nella normale esistenza del laico e delle realtà secolari, ha un gran senso che venga esclusa anche tra loro e non solo tra preti e monaci una realtà umana e cristiana così importante come il matrimonio e la famiglia?
Ho posto la questione una volta a un responsabile di un istituto secolare: nessuna risposta, anzi il dialogo s’è del tutto interrotto.
Di solito – anche in discorsi magisteriali – si dice che pure quei laici/e si impegnano a vivere i cosiddetti consigli evangelici. Ma che cosa vuol dire? Castità, povertà e obbedienza per sé sono valori, doveri e vocazioni per tutti i cristiani; specifica è solo la maniera di vivere quei valori nel concreto della propria esistenza/vocazione: castità matrimoniale o verginale, povertà globale o relativa, carità in autonomia o in obbedienza anche a un’autorità umana precisa.
Solo queste precise modalità si possono chiamare consigli evangelici, anche se ciò andrebbe dimostrato. I valori invece fondamentali che le reggono non sono consigli ma vocazioni comuni per tutti i discepoli di Cristo.
Mi sembra quindi che una maggior chiarezza anche terminologica possa giovare a tutti. O no? E quindi anche a rispondere alla mia questione di inizio.