Preziose queste pagine che toccano un tema decisivo per la formazione e lo stile pastorale del prete, vale a dire la sua capacità relazionale. «Di particolare importanza per il presbitero – scriveva Giovanni Paolo II nella Pastores dabo vobis – è la capacità di relazione con gli altri, elemento essenziale per chi è chiamato ad essere responsabile di una comunità e ad essere “uomo di comunione”» (n. 43). E la Commissione episcopale per il clero della CEI affermava nelle Linee comuni per la vita dei nostri seminari: «L’identità del presbitero è connotata essenzialmente in senso relazionale: inserito sacramentalmente nel presbiterio, in comunione con il vescovo, il prete è l’uomo al servizio di tutti» (n. 43). È l’identità relazionale del prete, dunque, il tema di questo libro scritto da un presbitero della Congregazione di San Giuseppe, docente di teologia spirituale e di teologia della vita religiosa.
Come parroco, come confessore, come guida spirituale il prete incontra confratelli, fedeli, giovani, anziani e ammalati, poveri, “lontani” ed è chiamato ad instaurare con loro un rapporto di accoglienza-relazione. Il celibato, anziché ostacolare tale atteggiamento, lo favorisce. La sua “libertà” lo rende disponibile verso tutti.
Ma vivere la relazione non è facile. «Esige – scrive l’autore – che il prete giunga ad una maturità umana e spirituale tale da non porre se stesso al centro del suo vivere». Egli vincerà il proprio egoismo «attraverso molteplici e continui atti di donazione compiuti nel quotidiano», in un continuo “dare la vita”. Un pericolo che incombe sui presbiteri – ricorda papa Francesco nella Evangelii gaudium – è «una preoccupazione esagerata per gli spazi personali di autonomia e di distensione» (n. 78), fino a preoccuparsi «con ossessione del loro tempo personale» (n. 81). È chiaro che occorre «un percorso di liberazione da se stessi per essere totalmente liberi di amare» (pag. 23).
L’autore non si nasconde, realisticamente, che alcuni problemi non adeguatamente affrontati dal futuro presbitero nel cammino formativo del seminario possano «influire negativamente sul suo rapporto con la gente». Questi problemi (magari taciuti per paura o per vergogna) andranno presi in debita considerazione. Come pure andranno vagliati – con l’aiuto di un padre o di un consigliere spirituale – anche i problemi che nascono dalla stanchezza, dalla delusione, dalla scoperta delle proprie fragilità e che rendono problematiche la relazione con le persone e la pratica della “carità pastorale”.
C’è molta saggezza in queste pagine. Essa viene offerta con mitezza, nell’intento di facilitare e di rendere fruttuoso il ministero sacerdotale.
Giuseppe Fossati, La Mistica dell’incontro. Il prete, uomo della relazione, Collana «Cammini di Chiesa», EDB, Bologna 2016, pp. 136, € 11,50. 9788810521458
Descrizione dell’opera
«L’identità del presbitero – ha scritto la Commissione episcopale per il clero della CEI – è connotata essenzialmente in senso relazionale: inserito sacramentalmente nel presbiterio, in comunione con il vescovo, il prete è l’uomo al servizio di tutti».
Per dare solidità dottrinale al contenuto e allo stile della relazione il volume richiama alcuni principi di carattere teologico che trovano fondamento nel mistero trinitario e nell’invito di papa Francesco a vivere la «mistica dell’incontro».
In forza della loro missione, che li pone a diretto contatto con la gente, i presbiteri sono chiamati a costruire autentiche relazioni personali in un contesto dominato dalla sofferenza della solitudine.
Note sull’autore
Giuseppe Fossati, docente di Teologia spirituale e di Teologia della vita religiosa, è sacerdote della Congregazione di San Giuseppe. È autore di numerose pubblicazioni, tradotte anche in spagnolo, portoghese e inglese, su san Leonardo Murialdo e sulla storia dei Giuseppini. Per EDB ha pubblicato Poveri, casti e obbedienti. I consigli evangelici nella vita dei preti (22015).