Il tema è centrato, lo svolgimento è discutibile e scombinato. Parlo del recente libro di Marco Marzano La casta dei casti. I preti, il sesso, l’amore (Bompiani 2020).
La tesi di fondo è di illuminare gli elementi strutturali, psicologici e culturali del modo di vivere la sessualità dei preti, condannata ad una insolubile contraddizione e premessa di comportamenti irregolari e di possibili abusi. Fra i temi centrali affrontati con una scrittura disinvolta si possono ricordare i seminari, la “casta” dei preti e la Chiesa.
Il seminario «è un luogo che anestetizza, che addormenta, paralizza l’immaginazione»; «tutti i discorsi sull’educazione della coscienza, sulla formazione alla libertà, sono solo menate, comodi paraventi per mascherare una realtà totalitaria. La realtà di un sistema che approfitta di ogni occasione per punire chi ragiona, per colpire chi dissente e “tenerlo in fondo alla classifica”».
«Il seminario è il luogo cattolico in cui questa cultura autoritaria viene trasmessa: al suo interno, i ragazzi vengono protetti e coccolati da un’istituzione che si fa carico per intero dei loro bisogni, che provvede a tutte le loro esigenze, naturalmente in cambio della loro totale e incondizionata obbedienza, della fedeltà assoluta».
Quanto ai preti: «la misoginia è un tratto centrale della cultura organizzativa del clero cattolico, un elemento fondamentale della sua identità»; «non più del due per cento dei preti vive un “celibato perfetto” e irreversibile e un altro otto per cento vi si avvicina considerevolmente»; «Non sembra … che il divieto (della masturbazione) sia tanto rispettato se è vero quello che ha scritto Richard Sipe, e cioè che l’ottanta per cento dei preti si masturba regolarmente».
«L’astinenza combinata con le pratiche masochistiche – oggi nessuno lo può negare – può provocare danni fisici e cerebrali poi alla base di manifestazioni di delirio e di schizofrenia». In altri termini, i preti sono dei disturbati.
La Chiesa? «Se si osserva in profondità un’istituzione totale come la Chiesa cattolica, ovviamente la Chiesa come istituzione clericale e luogo di potere non come “popolo di Dio” e sentimento religioso, si arriva a comprendere che, al suo interno, nulla è come appare e tutte le cose hanno un significato e un senso completamente diversi da quelli che appaiono se si rimane in superficie». «La preoccupazione autentica dell’istituzione è che il giovane funzionario impari a nascondere quello che fa tra le lenzuola e a raccontarlo, questa volta nei dettagli, solo nell’intimità del confessionale (Foucault 2013), cioè solo in un modo che serve alla stessa istituzione per capire di che pasta sia fatto l’apprendista funzionario, se sia il caso o meno di investire su di lui come “uomo di Dio”».
La questione resta
Le affermazioni drastiche e il tono convinto nascono da un’indagine che non vuole essere quantitativa (campione ampio, tabelle, incroci ecc.), ma qualitativa. E cioè da 41 colloqui «in profondità», raccolti qua e là nella penisola.
Facile immaginare l’occasionalità di tali incontri e la rete autoalimentata da conoscenze e rimandi che qualificano più un sottobosco che esponenti significativi.
Il linguaggio delle testimonianze è uniforme. Sembra che i personaggi che parlano si assomiglino tutti.
La bibliografia cita molti autori, ma la loro interlocuzione nel testo appare del tutto assente. Penso ai libri di G. Crea, S. Guarinelli, P. Pala, G. Ronzano ecc. Con alcune sviste curiose. Si cita in nota il caso del card. Barbarin di Lione, senza ricordare che è stato assolto; si insiste sugli spostamenti dei seminaristi da una istituzione all’altra ignorando le precise indicazione dei documenti ufficiali; ignorata è l’insistenza dei documenti sulla valutazione della maturità psicologica dei candidati.
Le conclusioni poco si accordano con studi sociologici sul prete non citati e non lontanissimi come quello curato da F. Garelli Sfide per la Chiesa del nuovo secolo. Indagine sul clero in Italia (Il Mulino 2003).
Si può anche ignorare il volume, ma il tema su come i consacrati (preti e religiosi) vivono la loro sessualità non è rimuovibile. La catena degli abusi e il disagio variamente manifestato non possono essere ignorati. A partire da un testo molto discusso e poco letto di E. Drewermann di trent’anni fa (Funzionari di Dio. Psicodramma di un ideale, Retia 1995; l’originale è del 1989) in cui si scrive: «Dobbiamo concludere che dietro e sopra questa teologia del sacrificio si nasconde un immenso desiderio di autoannientamento, un dicktat dell’angoscia, un vero “attentato da vampiro” perpetrato contro il chierico quando era ancora un bambino o una bambina, anche se non comprendiamo ancora il perché di tutto questo».
La considerevole bibliografia e i significativi cambiamenti pratici degli ultimi decenni sono ancora lontani da una soluzione condivisa. È oggi accettata la convinzione che non si tratta più solo di affrontare con serietà i casi personali, ma anche di prendere sul serio i necessari cambiamenti istituzionali.
Come scrivevano A. Manenti (da poco scomparso) e E. Parolari su Tredimensioni (1/2016, p. 55): «I tentativi di negare il disagio dei preti sono piuttosto forti: si continua a liquidare le loro difficoltà come colpe riconducibili ai singoli che hanno perso di spiritualità, le si considerano eccezioni patologiche, le si delegano a interventi psicologici disancorati dal progetto vocazionale… Il disagio gridato (non raramente senza voce) dovrebbe, invece, farci tenere conto che ci troviamo ormai alla soglia di una svolta di mentalità. È ora di voltare pagina… Affrontare le difficoltà dei preti in modo integrale non può che provocare una cambiamento di stile della comunicazione, delle relazioni e dei procedimenti ecclesiali».
Ci sono oggi le condizioni per farlo.
Cf. SettimanaNews
L’attenzione all’esercizio del ministero e al suo rapporto con la comunità cristiana rappresenta uno dei temi centrali seguiti da SettimanaNews, sia per offrire spunti di riflessione sia per aprire un dibattito pubblico sulle trasformazioni che il ministero sta conoscendo – e su quelle a cui la Chiesa dovrebbe urgentemente mettere mano in vista di una sua significativa presenza nella vita della fede nel prossimo futuro.
S. Armanni: Caro prete…
R. Zanon: Cara Sara…
L. Maistrello: Crisi dei preti, riflessioni e proposte
E. Petrolino: Cosa fanno i diaconi in Italia?
G. Pagano: Sul disagio dei preti
G. Cavallari: Ministero e carità
D. Marrone: Cari amici presbiteri…
Io consiglio invece la lettura di questo libro. I laici non conoscono purtroppo la realtà interna alla Ecclesia. La si può conoscere solo entrando in quel percorso, prete, suora,frate o monaco le dinamiche sono le stesse.
Il libro cerca fare verità e luce sulle sue ombre della Chiesa Cattolica.
Sottoscrivo il commento di Lorenzo Prezzi: la questione è seria e, purtroppo, mal affrontata nel libro.
A parte un bel titolo, la lettura delude. Grandi perplessità suscitano il passaggio induttivo dai pochi casi raccolti alle conclusioni generali, la grottesca descrizione dei seminari e dei rapporti tra sacerdoti, alcune affermazioni degli intervistati cui si dà credito totale. La maggioranza delle testimonianze raccolte va, in modo piatto, nella direzione di una figura di prete patologica e ipocrita (che, tra l’altro, concorda con gli incontri personali dell’autore, raccontati nell’introduzione).
Magari può essere utile, come pungolo, per stimolare sul tema altre e più rigorose riflessioni dentro la chiesa.
Ringrazio convinta la redazione di Settimana per l’attenzione mostrata all’esercizio del ministero del prete, figura fondamentale all’interno della comunità ecclesiale, i cui risvolti finiscono per incidere inevitabilmente sulla pastorale e sulla necessaria corresponsabilità dei laici. Con l’augurio altrettanto convinto che la situazione possa evolvere nel migliore dei modi.