Il giovane gesuita Richie Fernando, di origine filippina, ucciso nel 1996 in Cambogia, potrebbe essere uno dei primi “Beati” secondo le nuove norme emanate da papa Francesco, l’11 luglio scorso, con il “motu proprio” Maiorem hac dilectionem, sull’“offerta della vita”. «L’offerta della vita – scrive infatti il papa – è una nuova fattispecie dell’iter di beatificazione e canonizzazione, distinta dalla fattispecie sul martirio e sull’eroicità delle virtù».
Cosa accadde
Fernando è morto all’età di 26 anni, mentre si trovava, in qualità di studente, in Cambogia per completare la sua formazione. Era impegnato a fianco della Conferenza dell’Asia e del Pacifico dei gesuiti, in una scuola per giovani fisicamente disabili.
Il 13 ottobre 1996 era scoppiato un diverbio con un alunno che era stato espulso. Era un sedicenne il quale, per vendicarsi, aveva fatto irruzione in un’aula piena di alunni con una bomba a mano. Fernando gli si gettò addosso per fare da schermo e nell’esplosione rimase ucciso.
Ora la Provincia filippina dei gesuiti ha avviato il processo di beatificazione per “l’offerta della vita”. L’annuncio è stato dato dal superiore Antonio Moreno il 31 luglio scorso, festa di sant’Ignazio di Loyola, fondatore dei gesuiti. All’iniziativa ha aderito anche il generale della Compagnia, Arturo Sosa.
Secondo p. Moreno, il giovane Fernando costituisce un esempio di offerta della vita, con un valore che va oltre le Filippine e la Cambogia. Del giovane Fernando vengono citate le parole che scrisse in una lettera ad un amico solo pochi giorni prima della sua morte, in cui diceva: «Io so a chi appartiene il mio cuore. Appartiene a Gesù, il quale ha donato tutto se stesso ai poveri, ai malati e agli orfani».
Processo di beatificazione
Il processo di beatificazione, dopo il motu proprio di papa Francesco, è ritenuto ora un’opzione del tutto plausibile, poiché pare risponda pienamente ai criteri richiesti, che sono:
a) offerta libera e volontaria della vita ed eroica accettazione propter caritatem di una morte certa e a breve termine;
b) nesso tra l’offerta della vita e la morte prematura;
c) esercizio, almeno in grado ordinario, delle virtù cristiane prima dell’offerta della vita e, poi, fino alla morte;
d) esistenza della fama di santità e di segni, almeno dopo la morte;
e) necessità del miracolo per la beatificazione, avvenuto dopo la morte del servo di Dio e per sua intercessione.
Per avviare il processo, ha affermato p. Moreno, è ora necessario raccogliere un’ampia biografia che contenga «i fatti, le deposizioni orali, i pareri e le prove di chi l’ha conosciuto, le lettere e gli scritti, le conferenze ecc.». A questo scopo la Compagnia di Gesù intende procedere insieme al vescovo della capitale cambogiana Phnom Penh, nella cui diocesi è avvenuta l’uccisione, e con il vescovo del luogo di nascita di Fernando nelle Filippine.
Le cifre di una Chiesa
Le Filippine, assieme a Timor Est, sono l’unico paese dell’Asia a maggioranza cattolica. Circa l’82% dei 100 milioni di abitanti, infatti, si professa cattolico. Il cristianesimo nell’arcipelago è profondamente penetrato nella società durante i 333 anni di colonizzazione spagnola.
Oggi operano nel paese 131 vescovi e oltre 9.200 sacerdoti. E si contano circa 3.300 comunità. La Chiesa filippina è fortemente impegnata nel campo della formazione e della pastorale dei poveri. Un ruolo importante nella vita ecclesiale rappresentano le comunità di base. Nonostante una Costituzione laica, la Chiesa esercita un forte influsso sulla vita politica, anche se sta perdendo terreno nel campo della politica familiare e della morale sessuale.
Nonostante il numero così elevato di cattolici, la Chiesa venera finora solo due santi di origine locale: Laurentius Ruiz e Pedro Calungsod, ambedue del secolo XVII. Richie Fernando potrebbe essere ora il terzo filippino a salire agli altari, uno, per di più, del secolo 20°.