Durante il suo viaggio di ritorno dagli Emirati Arabi Uniti il papa ha fatto un’allusione a religiose francesi che hanno subito aggressioni fisiche e spirituali da parte di p. Marie-Dominique Philippe, fondatore della loro congregazione. Il domenicano, fondatore di questa nuova famiglia religiosa composta da diversi gruppi di fratelli e sorelle, è morto nel 2006. È stato denunciato perché in grado di esercitare «manipolazioni fino ad arrivare a un carattere sessuale» (mancanze riconosciute dal Vaticano nel 2013).
Al di là dei fatti specifici e drammatici per le vittime, vi è la percezione che papa Francesco voglia andare oltre la prova della verità che la Chiese deve anzitutto alle vittime verso una coerenza fra messaggio evangelico e la sua pratica. È un cantiere vasto ed esigente per le Chiese e non è sufficiente reagire con vigore agli scandali di pedofilia denunciati dalle vittime e dai tribunali. Fin dalla sua elezione papa Francesco si scontra con quello che lui chiama una forma di clericalismo.
È un atteggiamento che tocca uomini e donne impegnati nella Chiesa, religiosi e religiose, laici responsabili e ministri ordinati. Esso indica l’attitudine di privilegiare un «tra noi» fra responsabili, preferendo il segreto o l’esortazione a mantenerlo, reagendo con l’esaltazione delle virtù della castità o dell’eccellenza del celibato.
La Chiesa non può ignorare la forza spirituale della preghiera e ancora meno quella straordinaria della grazia di Dio. Ma tutto questo non giustifica una forma di governance e l’esercizio dell’autorità che si manterrebbe in questo «tra noi», lontano dall’appartenenza comune al popolo di Dio. Una forma di caricatura clericale che, con il pretesto di governare e istruire, si colorerebbe di un di più cristiano rispetto ai fedeli comuni.
Il popolo di Dio anzitutto
Mi è capitato di arrivare a dire a un fratello o una sorella che la correzione che mi era stata fatta mi riconsegnava il cristianesimo. Lo straordinario della grazia di Dio passa dalla nostra fraternità più semplice e ordinaria.
Che il papa abbia scelto di parlare di religiose, di suore e dunque di donne è significativo di una attenzione particolare al riconoscimento della missione delle donne nella Chiesa. Sarà opportuno che noi siamo fedeli al sorprendente umorismo dello Spirito: in molte comunità abbiamo pregato per l’aumento delle vocazioni seminaristiche, di religiosi e religiose e abbiamo visto arrivare numerose donne capaci di iniziativa e di servizio nella Chiesa.
Negare alle donne e ai laici un’autorità spirituale e teologica per riservarla ai solo uomini non è più accettabile. Al di là dei drammatici abusi è in causa questa forma di perversione clericale che si riserva l’autorità sulla coscienza e sugli spiriti.
La Chiesa di Francia ha appena avviato una commissione indipendente d’inchiesta sugli abusi sessuali nella Chiesa. Per fortuna su 22 membri ci sono 10 donne. Care donne, Dio vi ama. Possiate contribuire alla verità che farà meglio ascoltare e recepire la fede cristiana nella nostra società.
Hugues Derycke è prete della Mission de France