Sud Sudan: scetticismo sul Covid

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Riprendiamo da Familia comboniana (febbraio 2021, n. 793) questa nota sulla pandemia come esempio del suo impatto nei paesi africani.

Il mondo sta sperimentando un’altra ondata di crisi sanitaria globale mentre risale il numero di nuovi casi. La pandemia ha causato crisi sociali, politiche, economiche e culturali incommensurabili. Ha messo in luce la debolezza dei sistemi sanitari e dei meccanismi di risposta alle catastrofi non solo nei paesi poveri, ma anche in paesi molto ricchi.

In Sud Sudan il primo caso di Covid-19 è stato registrato il 5 aprile 2020 in un operatore umanitario straniero. Da allora, nonostante le misure preventive messe in atto dal Ministero della Salute e dall’OMS, il coronavirus ha raggiunto un livello comunitario di trasmissione.

Ora, il governo ha revocato diverse restrizioni, tra cui l’obbligo di test sanitario nei viaggi interstatali, il divieto di raduni e c’è una ripresa della vita normale. Le Chiese già da alcuni mesi hanno ripreso normalmente le loro funzioni liturgiche e le celebrazioni senza limiti di numeri.

Questi fatti hanno contribuito ad una certa imprecisione sul tasso di infezione e di mortalità e persino all’aumento dello scetticismo sulla pandemia. Molte persone non credono che ci sia il Covid-19. La maggior parte dice che questa è una malattia dei bianchi, che non colpisce i neri, che non esiste in un ambiente caldo come il nostro, che è una malattia del freddo.

Il tracciamento dei contatti, i test e i controlli sui contagi sono diminuiti. Per ora il paese continua a combattere con una limitata capacità di test e di personale medico. D’altra parte, le esigenze umanitarie del paese continuano ad aumentare al di là dell’impatto diretto della pandemia sulla salute.

Qui, il contesto è complesso: la povertà cronica, i conflitti interni, le infrastrutture limitate, i sistemi sanitari deboli (nonostante l’aiuto che si riceve dalla Cina e da altri donatori) e gli investimenti limitati del governo nei servizi sociali di base sono un grande carico aggiuntivo per la nazione e soprattutto per le persone più vulnerabili. Quest’anno, l’alluvione ha colpito la maggior parte del paese e gli sfollati interni non hanno potuto tornare alle loro case.

Allentamento delle istituzioni

All’apparire dell’epidemia, il governo aveva istituito una task force nazionale di alto livello per l’approvazione di diverse linee-guida sulla salute pubblica, sviluppate dal Ministero della Salute e dai partner per moderare la diffusione e l’impatto del virus.

Nel maggio 2020 questa task force è stata sciolta per ragioni sconosciute ed è stata ricostituita in un Comitato Nazionale per le task force (NTC) con l’ennesimo comitato direttivo nazionale. Queste task force istituite dal Ministero della Salute hanno ricevuto molte donazioni dall’Autorità intergovernativa per lo sviluppo, dall’Agenzia per la cooperazione internazionale del Giappone, dal Commonwealth e dall’Ufficio per lo sviluppo del Regno Unito, dalla Banca africana di sviluppo, dal Partenariato globale per l’istruzione e dall’Unione Europea, e da altri donatori all’interno e all’esterno del paese.

Nonostante la generosità di questi contributi, il governo lotta per gestire adeguatamente i casi di contagio in quanto c’è un solo centro a Juba. Sono stati pianificati altri centri ma sono inefficaci a causa di attrezzature inadeguate e mancanza di risorse umane.

Attualmente, i dati statistici sono i seguenti: 3.670 contagi confermati, 3.181 guariti e 63 decessi. Tuttavia, se i test fossero eseguiti in modo efficace, la statistica potrebbe mostrare cifre diverse.

Questa situazione ha aperto la strada alla privatizzazione e alla commercializzazione dei test per chi viaggia in Sud Sudan: i cittadini sud-sudanesi pagano 75 USD, mentre quelli di altre nazionalità 115 USD.

Il Ministero della Salute nazionale continua a fare gratuitamente i test.

Per quanto riguarda la Chiesa cattolica, ogni diocesi ha sviluppato una task force a livello diocesano, estendendone l’attuazione alle parrocchie. I vari responsabili diocesani continuano a ricordare alla gente che il Covid-19 è reale e chiedono a tutti di mantenere le misure preventive durante le messe, indossando le mascherine, mantenendo la distanza e igienizzando le mani. Continuiamo a pregare che tutto questo finisca presto.

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Un commento

  1. Giovanni Di Simone 7 febbraio 2021

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