La vittoria di Donald Trump si affaccia su un periodo che si annuncia turbolento. L’America ama le rivoluzioni e quindi una parte almeno l’abbraccerà entusiasta. Una parte del mondo ne sarà inorridito ma alcuni Paesi autoritari ne saranno entusiasti. Il papa pare un raro punto di resistenza.
Senza i tumulti del 6 gennaio 2020, quando Trump resisteva al passaggio di poteri a Joe Biden l’elezione di Trump sarebbe stata una passeggiata per acclamazione popolare. I trumpiani capiranno quindi da questo di non avere bisogno di forzare le cose?
L’elezione sembra sia stata decisa dai temi. Gli americani erano spaventati da inflazione e emigrazione, apparsi più concreti rispetto alla paura di fascismo, tema etereo, agitato dai democratici sostenitori di Kamala Harris. Inoltre evidentemente la maggioranza degli americani è contraria agli eccessi delle teorie woke, e la questione gender contrario al quel senso comune, common sense, tanto caro alla radice della cultura americana.
Poi, c’è stata la differenza tra le personalità. Trump è emerso molto più robusto, Harris più aerea. Harris ha funzionato solo nel confronto, quando Trump è sembrato eccessivo.
Il Paese rimane molto diviso, con una serie di sentenze di tribunale che gravano sul presidente entrante e che probabilmente non andranno tutte via in breve tempo. Questo potrebbe essere un elemento che innervosirà l’America e che la nuova amministrazione potrebbe cercare di risolvere proiettando unità con una politica estera più ferma.
Qui gli spazi sono ancora molto labili. I prossimi tempi, fino al 20 gennaio e i primi mesi dell’amministrazione Trump possono essere di grande incertezza e molte cose possono accadere.
In tendenza, ci dovrebbe essere un accordo con la Russia del presidente Vladimir Putin. Ma il diavolo sarà nei dettagli. Gli Usa di Trump dovranno fare i conti con le prossime decisioni dell’amministrazione corrente di Biden e con il sostegno all’Ucraina di Polonia, Paesi nordici, baltici e del Regno Unito, dove è al potere un governo laburista. Tutti questi Paesi hanno rapporti fortissimi con gli Usa e non sarà facile scaricarli per stringere la mano a Putin.
Potrebbe esserci una ripresa del dialogo con la Cina del presidente Xi Jinping. Ma l’annuncio di dazi contro le esportazioni cinesi e il fatto che Pechino sia diventato di fatto ostaggio della Russia lascia forse non amplissimi margini di manovra per un accordo o anche un pausa nell’avvelenamento progressivo dei rapporti bilaterali. Poi un “patto con Cina” in che termini avverrebbe? Le divisioni con gli Usa riguardano complicatissimi dossier politici e economici dove si incrociano anche interessi e aspirazioni di amici americani vecchi e nuovi, come India, Giappone, Sud Corea, Vietnam o Indonesia.
Più facile un accordo in cui la Russia “vend”’ (cioè tradisca) la Cina all’America, ma anche lì ritornano UK, Polonia e nordici.
La questione in Medio Oriente è più chiara. L’Iran è più isolato e Israele di Benjamin Netanyahu più forte. Teheran ha meno interlocutori ma non è certo che Russia e soprattutto Cina vogliano mollarla. Se il regime di Teheran cadesse la Cina si troverebbe senza più amici in Medio Oriente e quindi fuori dai giochi importantissimi della regione.
Poi c’è l’Unione europea, che Trump non ha avuto in simpatia in passato. Qui Francia e Germania hanno politiche debolissime e una transizione a maggioranze diverse dalle attuali non pare destinata a essere immediata. È un colpo per il rapporto di Mario Draghi e la presidenza di Ursula von der Leyen. Qui già c’era una opposizione di alcuni Stati e della burocrazia di Bruxelles per una spinta unificatrice. La Ue dovrebbe trovare una sponda vera a Washington su questo, ma dovrebbe lavorare di fantasia, perché è probabile che l’Unione europea non sia nelle priorità della prossima amministrazione.
In teoria è un’opportunità per l’Italia per conquistare un rapporto forte con gli Usa e giocarlo con la Ue. La premier Giorgia Meloni in teoria potrebbe avere spazio, ma per questo le servirebbe un’Italia unita e coesa con lei, di certo le questioni sull’autonomia differenziata che spaccano profondamente la nazione, non le fanno gioco. La leader del Pd Elly Schlein ne esce molto indebolita. Non ha sponde in America e il PD forse dovrebbe cambiare direzione di marcia presto.
Il Presidente Sergio Mattarella, appena arrivato in Cina, è messo molto meglio. Egli ha la rara opportunità di essere il primo leader occidentale a incontrare Xi dopo il voto. Questa è una carta importante per Mattarella con gli Usa.
L’America che dovrebbe emergere con Trump potrebbe essere più isolazionista. Invece Putin, reduce dal successo del vertice dei Brics a Kazan, è proiettato ovunque. In termini geopolitici la scommessa di Trump è quella di reindustrializzare gli Usa, dargli vantaggio tecnologia inarrivabile, quindi riaffermare la sua centralità e poi riprendersi tutto. Angelo Codevilla, qualche anno fa, teorizzava secondo queste linee. Le big tech, come il gruppo di Elon Musk, paiono una versione moderna della Compagnia delle Indie, l’organizzazione con cui l’Inghilterra conquistò tutto il subcontinente indiano, con ampi margini di autonomia rispetto a Washington ma sempre americani. Questa privatizzazione della “conquista” funzionò allora, bisognerà vedere se e come funzionerà adesso.
Putin, patto o non con gli Usa, ha mire opposte. Ha uno Stato forte, sotto il suo controllo personale. Vuole allargarsi ovunque, riempire ogni spazio vuoto e lasciare gli Usa isolati. Putin può essere cattivo, ma ha dimostrato di essere uno stratega politico geniale e non è detto che fallisca.
- Pubbblicato sul sito Formiche il 06/11/2024 alle ore 9.30. In cooperazione con Appia Institute.
‘ Russia e Cina sono potenze atomiche in grado di riportare gli Stati Uniti all’epoca della pietra in 12 ore.’
teniamo conto che:
– la Russia non molto tempo fa ha fallito il lancio del missile intercontinentale Sarmat, e la loro unica portaerei è in riparazione perenne. Quindi è vero che può sconfiggere gli USA in 12 ore come poteva conquistare Kyiv in 7 giorni (cose detta più volte fra 2014 e 2022);
– i cinesi non combattono attivamente da decenni (salvo alcune operazioni con i caschi blu), e quindi la loro reali capacità sono un mistero.
‘Gli americani vogliono la pace e vivere almeno allo stesso livello dei russi e dei cinesi.’
in che senso?
Io viaggio e tocco con mano il benessere e il malessere della gente. Oggi un americano medio rosica ed ha invidia per chi, secondo lui, vive meglio. E poiché la politica gli dice che la colpa è dei Russi e dei Cinesi, quello ci crede. Poi detto tra noi, io non vivrei mai ne a New York ne a Mosca e ne a Pechino. Circa la potenza militare io non mi fiderei delle favole che ci raccontano su chi è più debole o più forte. Se anima errante si fida, non gli auguro di sperimentare le sue certezze. Io non parteggio per quelle nazioni che fanno della guerra una minaccia costante. Non mi piace la Nato ed ho gioito quando il patto di varsavia si è sciolto. Per il resto amo riflettere in Italia con gli italiani e grazie a questa pubblicazione riesco di nuovo a farlo
L’autore dell’articolo è un bravo sinologo che vive a Pechino. Il testo è evidentemente tarato sul “politicamente corretto” cinese. Agli occhi di un politologo europeo le considerazioni proposte possono apparire ingenue e superficiali. Ma sono certo che di questi limiti sia ben cosciente lo stesso autore. Trump ha vinto le elezioni per il fallimento totale delle sue strategie economiche. E le colpe del tracollo vanno ascritte tutte ai governi liberal democratici, a partire dalla vergognosa gestione Clinton. A livello geopolitico invece sono i Repubblicani con la casta Bush in testa a farsi carico di ulteriori tragedie. Il paradigma dell’impero americano è in crisi irreversibile con un deficit annua della bilancia commerciale di 1.000 miliardi di dollari. Anche tra le nazioni vassalle del Sistema serpeggiano sfiducia, smarrimento e terrore. Se Trump vorrà trovare una via d’uscita dal pericolo di marginalizzazione dovrà manovrare politicamente e non certo militarmente. Russia e Cina sono potenze atomiche in grado di riportare gli Stati Uniti all’epoca della pietra in 12 ore. La demenza di Biden può sperperare per qualche settimana ancora armi e dollari a favore di un morto che cammina come il comico ucraino. Gli americani vogliono la pace e vivere almeno allo stesso livello dei russi e dei cinesi. Hanno una pistola puntata in fronte ed hanno capito che sbavare sui diritti Lgbtqa+ o delle minoranze etniche non li rimetterà alla guida delle Cadillac. Al massimo vorrebbero girare con una utilitaria possibilmente non elettrica. In Europa avanzano i partiti di destra ed estrema destra molto più interessati alle visioni di Alexander Dugin che a quelle di Steve Bannon. Ecco perché Musk tenderà a suggerire un disimpegno anche dalla Nato. Se alla fine ci sarà una nuova Yalta sarà oggetto di spartizione delle residue fonti energetiche del pianeta. Teniamo ben stretti noi italiani un governo Meloni, anche con la presenza del decerebrato leghista, e navighiamo a vista per raccogliere qualche pezzo di sovranità rubata al nostro paese dal 1945 ad oggi. Propongo agli ideologi woke un lavoro in un circo equestre, ammesso che gli straordinari e simpaticissimi zingari riescano a sopportarne la presenza
Se quello Ucraino è comico, quella Italiana è pescivendola, e la Russia è diventata la barzelletta del mondo, non penso ci sia ormai nessuno che la prende sul serio, a parte l’autore del commento