Giovanni XXIII dal 1925 al 1935 fu visitatore apostolico e poi delegato apostolico in Bulgaria. Scriveva su L’Eco di Bergamo nel 1928: «Questo popolo amato merita ammirazione. Lo conosco da tre anni e posso affermare che si tratta di un popolo coraggioso, serio e laborioso, dedito interamente alla voglia di vivere in pace, desideroso di sanare le ferite dell’ultima guerra e imboccare la via del progresso». Prima di lasciare la Bulgaria, confidò al giornale Utro: «Lascio il paese come vostro amico. Ho visto che il popolo bulgaro è uno dei più laboriosi e onesti. Porto con me meravigliosi ricordi della Bulgaria».
Impossessatosi del potere, dal 1948 al 1952 il partito comunista scatenò una feroce e spietata persecuzione contro i cattolici sia di rito latino sia di rito orientale, che coinvolse anche un buon numero di ortodossi. Dei 2.440 preti ortodossi, 316 furono imprigionati e rinchiusi nel campo di concentramento dell’isola di Belene. Nessuno di loro tradì la fede e si arrese al regime, benché questi ricorresse alle torture e al lavaggio del cervello.
Mons. Evgenij Bosilkov, vescovo di Nicopoli, passionista, fu condannato a morte e al sequestro di tutti i beni. Fu beatificato a Roma nel 1998 da Giovanni Paolo II. Il 26 maggio 2002 furono beatificati in Bulgaria da Giovanni Paolo II tre religiosi assunzionisti: Kamen Vicev, Josif Siskov, Pavel Dzidzov.
Uno spiraglio per i cattolici bulgari si aprì quando il segretario generale e presidente del Consiglio di stato della Repubblica popolare di Bulgaria, Todor Zivkov, fece visita in Vaticano per ottenere l’accesso agli archivi in vista delle celebrazioni del 13° centenario della conversione dei bulgari al cristianesimo (681 d.C). Zivkov concesse che la Santa Sede nominasse due vescovi per le diocesi vacanti.
I diplomatici vaticani, con mons. Agostino Casaroli in testa, si recarono più volte in Bulgaria per ottenere dalle autorità comuniste che fosse concesso l’insegnamento religioso ai giovani, fosse data l’autorizzazione alla formazione degli aspiranti al sacerdozio, potessero svolgere la loro missione alcune congregazioni religiose, fossero aperti centri di culto.
Con l’elezione di Giovanni Paolo II, ottobre 1978, sembrò che tutto andasse per il peggio. Il regime conduceva un’aspra lotta contro il papa polacco. Lo stesso card. Casaroli, che amava intensamente il Paese, avendovi soggiornato dal 3 al 10 novembre del 1976, venne ferocemente attaccato. Furono usati persino alcuni preti per creare divisioni all’interno della comunità cattolica. Ma le chiese erano piene e soltanto al loro interno si potevano fare le processioni, alle quali i fedeli tenevano moltissimo.
Soltanto nel 1988, dopo estenuanti trattative, il nunzio itinerante, mons. Francesco Colasuonno poté consacrare vescovo di Plovdiv un giovane prete di 38 anni: Gheorghi Jovcec.
Le persecuzioni di massa contro i cattolici bulgari ebbero inizio con due processi farsa nel 1950 contri i padri Damjan Gjulov, Robert Prustov e Stefan Cokov, condannati a molti anni di reclusione a regime rigido e i loro beni furono confiscati.
Nel 1952 fu condannato il sacerdote Josif Toncev, giustiziato nel 1953. Alla fine di giugno e luglio 1952 alcune decine di religiosi cattolici e diversi fedeli, l’élite stimatissima della Chiesa cattolica in Bulgaria, subirono l’arresto per attività sovversiva contro lo Stato. Nell’ottobre 1952 la Corte bulgara pronunciò 40 sentenze di condanna.
Nel novembre dello stesso anno ebbe luogo un secondo processo contro 6 sacerdoti cattolici e 3 cattolici laici. Oltre a queste condanne, molti sacerdoti, frati e suore di rito latino e di rito bizantino-slavo furono rinchiusi nelle famigerate “case di lavoro e di educazione” e costretti ai lavori forzati.
Il 12 marzo 1953 fu emanato il decreto segreto n. 88, in virtù del quale vennero confiscati tutti i beni, le scuole e le istituzioni sociali della Chiesa cattolica in Bulgaria.
La caduta del Muro di Berlino nel novembre 1989 travolse anche il regime comunista bulgaro. La comunità cattolica contò i martiri.