Riprendiamo il quinto contributo (maggio 2022) della rubrica «Opzione Francesco», firmata dal teologo Armando Matteo per la rivista Vita Pastorale. Per gentile concessione del direttore, don Antonio Sciortino, la rubrica viene interamente pubblicata su Settimana News.
Un importante elemento della consapevolezza delle dinamiche che governano il nostro tempo, cui punta l’Opzione Francesco, riguarda la trasformazione che accade al senso della vita umana, in conseguenza del cambiamento d’epoca.
Una «valle di lacrime»
Ci riferiamo in particolare a ciò che capita alle generazioni occidentali nate dopo la Seconda guerra mondiale. Esse per prime hanno sperimentato i benefici legati all’avvento dell’epoca contemporanea. Godono, infatti, di una vita più lunga, più agiata, segnata da un incremento straordinario della qualità della salute, meno onerosa per quel che riguarda il lavoro e le incombenze domestiche, più carica di possibilità di piacere e di godimento, più ricca di informazioni e di occasioni di formazione. E, soprattutto, più libera e affidata alle decisioni di ciascuno.
Si compie così uno straordinario salto di qualità soprattutto per quello che riguarda la condizione adulta dell’esperienza umana. Per secoli, infatti, diventare adulti ha comportato un venire a contatto con i molti lati ruvidi del reale che hanno potuto trovare nella descrizione della terra quale «valle di lacrime» una cifra particolarmente sintetica e significativa.
Con il cambiamento d’epoca siamo finalmente fuori dalla «valle di lacrime» e siamo giunti ad una condizione di vita complessivamente generosa e pienamente desiderabile soprattutto da parte delle generazioni adulte. Le quali sono state quasi in modo naturale spinte a rileggere il senso dell’umano in direzione proprio di tutta questa potenza, questo godimento e di questa libertà oggi semplicemente a loro disposizione.
Eterna giovinezza
Ed è così che oggi il senso dell’umano è del tutto assorbito dal tema della giovinezza. La giovinezza è tutto, e tutto è giovinezza. Lo esprime molto bene Francesco Stoppa, quando, parlando della generazione dei Boomers, cioè degli adulti nati tra il 1946 ed il 1964, dice: «La specificità di questa generazione è che i suoi membri, pur divenuti adulti o già anziani, padri o madri, conservano in se stessi, incorporato, il significante giovane. Giovani come sono stati loro, nessuno potrà più esserlo – questo pensano. E ciò li induce a non cedere nulla al tempo, al corpo che invecchia, a chi è arrivato dopo ed è lui, ora, il giovane». E lo stesso si potrebbe dire pure della generazione successiva ai Boomers, la generazione X, i nati tra il 1964 e il 1980.
Anche nel magistero di papa Francesco trova ampia attestazione questo tema. Penso a tanti passaggi del suo libro-intervista Dio è giovane, ma penso in particolare ad un’espressione che egli usa nella Christus vivit. Rivolgendo ai giovani l’invito a coltivare sempre le proprie radici, li invita a stare attenti a quella speciale manipolazione oggi in atto nei loro confronti che va sotto il nome di «adorazione della giovinezza», secondo la quale tutto ciò che non è giovane non ha valore.
Il corpo giovane diventa il simbolo di questo nuovo culto, quindi tutto ciò che ha a che fare con quel corpo è idolatrato e desiderato senza limiti, e ciò che non è giovane «è guardato con disprezzo» (CV 182). Specificando che questo mito della giovinezza è poi usato per fare fuori i giovani veri.
Più che adorazione della giovinezza direi “mito dell’adolescenza”: è impressionante, da docente, vedere che tra figli adolescenti e genitori cinquantenni non c’è differenza (nel linguaggio, nei vestiti, nel modo di atteggiarsi). Insomma manca un’autorità che faccia, come dice il termine stesso, crescere, che educhi. Se questa tendenza è ormai un dato socio-culturale, è nondimeno vero che ha la sua profonda influenza in campo ecclesiale, dove abbiamo una serie di cinquantenni/sessantenni che sono guide alla “Peter Pan”.