Riprendiamo il sesto contributo (giugno 2022) della rubrica «Opzione Francesco», firmata dal teologo Armando Matteo per la rivista Vita Pastorale. Per gentile concessione del direttore, don Antonio Sciortino, la rubrica viene interamente pubblicata su Settimana News.
A questo punto della nostra illustrazione dell’Opzione Francesco, che provoca i credenti ad acquistare una maggiore consapevolezza delle dinamiche antropologiche oggi in atto, a seguito del cambiamento d’epoca, proviamo a tirare una sintesi. E lo facciamo con una domanda: quale risulta essere il tratto maggiormente distintivo dell’umano in questa stagione della storia?
La morte del prossimo
Anche in questo caso ci viene incontro una parola illuminante di papa Francesco: «La creatura umana sembra oggi trovarsi in uno speciale passaggio della propria storia […]. Il tratto emblematico di questo passaggio può essere riconosciuto sinteticamente nel rapido diffondersi di una cultura ossessivamente centrata sulla sovranità dell’uomo – in quanto specie e in quanto individuo – rispetto alla realtà. C’è chi parla persino di egolatria, ossia di un vero e proprio culto dell’io, sul cui altare si sacrifica ogni cosa, compresi gli affetti più cari. Questa prospettiva non è innocua: essa plasma un soggetto che si guarda continuamente allo specchio, sino a diventare incapace di rivolgere gli occhi verso gli altri e il mondo».
Questa considerazione ci invita a prendere consapevolezza del fatto che le nuove condizioni di vita offerte oggi ai cittadini occidentali, i quali come non mai nella storia avvertono potente un sentimento di libertà e di unicità, conducono pure ad un amento del tasso di individualismo e di egoismo che circola tra di noi. Si lascia cioè scorgere, nei pensieri e nei gesti del cittadino comune, una sorta di culto del proprio io, sul cui altare si è appunto disposti a sacrificare pure gli affetti più cari.
Una tale diagnosi ricorda molto da vicino quella offerta, in anni recenti, da altri studiosi del paesaggio contemporaneo. Penso a Colette Soler che denuncia il nocivo diffondersi, nelle società occidentali, di un terribile «narcinismo»; oppure a Luigi Zoja che ha dato alle stampe un piccolo ma acuto saggio intitolato La morte del prossimo. Ci comportiamo, insomma, come se l’altro e gli altri nulla avessero a che fare con il pieno raggiungimento della nostra umanità. Avanza, pertanto, l’illusione di poter semplicemente bastare a noi stessi per una vita piena, compiuta, umana.
Coltivata (e remunerativa) egolatria
Già questa prima sintesi intorno agli effetti complessivi del cambiamento d’epoca ci apre alla seconda grande istanza che abita l’Opzione Francesco: quella che riguarda il destino della religione cristiana sotto tali condizioni socioculturali davvero inedite ed inaudite. Ad essa presteremo attenzione nei prossimi interventi della rubrica.
Non possiamo, tuttavia, non sottolineare l’influsso decisivo che nella attuale deriva egolatrica dell’umano esercita il sistema economico imperante. Si tratta di un sistema che agisce sempre di più facendo leva non solo su ciò che deve vendere ma anche su chi deve acquistare ciò che esso vende.
E su questo livello avalla generosamente – grazie alla cultura di massa e al grande impero della pubblicità – modelli antropologici fortemente individualistici ed egoistici. Più il consumatore è convito dell’unicità e preziosità di sé stesso, più sarà disponibile ad acquistare per sé stesso cose utili, inutili e perfino nocive! L’egolatria, insomma, fa girare – e molto – il denaro.
La lettura di Armando Matteo appare una lettura ancora una volta, per sua espressa menzione, occidentalizzante. Mettendo in sinossi gli articoletti pubblicati risulta 1) una lettura parziale (appunto occidentalizzante) del contesto culturale e 2) una lettura a tinte fosche, pessimistica di questa cultura come se non ci fosse nulla di buono, nulla di positivo. Dove sono finiti, insomma, i “semina Verbi” che pur sono presenti??? Attendo di leggere gli latri articoletti ma, personalmente, son convinto di una cosa. ossia dietro all’iper-soggettivismo ci sia una mancanza: la mancanza di un’ auctoritas. Lo si nota a livello politico, lo si nota a livello socio-educativo, lo si nota a livello anche ecclesiale. Lì dove c’è un’autorità che con la sua credibilità e autorevolezza è in grado di generare preziosi legami si crea un potente antidoto all’individualismo, al ripiegamento del soggetto su sè stesso. Infine non capisco, data la lettura occidentalizzante proposta da Matteo, come mai egli leghi tanto il destino del cristianesimo al “destino” dell’occidente: è una lettura quasi heideggeriana.