Papa Francesco torna a insistere su pizzi e merletti. Il problema non sono certamente le vesti in sé, ma ciò che c’è dietro: la mentalità clericale che quasi sempre tradiscono.
Mondanissime vesti clericali
Di solito, non è il «gusto della tradizione», né il «gusto del bello», ma un clericalismo reazionario, oppositivo, identitario – una mal celata ostilità nei confronti del cammino ecclesiale successivo al Concilio Vaticano II – e, in fondo, post-moderno. Non a caso il Papa fa riferimento alle «sartorie ecclesiastiche»: qui è questione di moda, di shopping, di status symbol.
Un abito per dimostrare di essere più importanti, più vicini a Dio. Non è un ritorno al sacro, tutt’altro: anzi, Francesco parla del suo opposto, della «mondanità»; cioè, è questione di commercio, di apparenza, di Spettacolo. L’abito diventa fetish. Esibizionismo.
Lo stesso vale per chi, anziché indossare ciò che trova in sacrestia, spende migliaia di euro per accaparrarsi su internet l’ultimo modello – questo, al contrario, semplicissimo, senza l’ombra di pizzo – visto in TV nell’ultima celebrazione papale. Ed è la stessa logica di chi pensa più alla festa e all’abito – della prima comunione, della cresima, da sposa – che al sacramento.
Fare vedere che si è diversi, migliori degli altri. Tenere l’abito perfetto, pulito, immacolato, mai sporcarlo con la vita; è la logica della mondanità. Che sporca la Chiesa. Dovrebbe essere l’opposto. Questo, in fondo, è il clericalismo: il distacco, allontanarsi, prendere le distanze, e al contempo fare i piacioni, circondandosi di comodi baciapile e pie ammiratrici, oggi divenute followers. Un mondanissimo distacco, settario, che è la variante ecclesiale dell’individualismo contemporaneo.
Amarezza, anzi, «dolore», il Papa lo esprime per quei «giovani preti» che si vedono in giro nelle sartorie ecclesiastiche «che si provano abiti talari e cappelli o camici e rocchetti con pizzi”. «Basta», dice, «questo è veramente uno scandalo». «Il clericalismo è una frusta, è un flagello, una forma di mondanità che sporca e danneggia il volto della sposa del Signore, schiavizza il santo popolo fedele di Dio» (Francesco, intervento alla Congregazione generale del Sinodo dei vescovi sulla sinodalità, 25 ottobre 2023).
Sacralità popolare e sacralità cortigiana
C’è chi scorge una contraddizione tra la doverosa messa in guardia dal clericalismo mondano e lo stile stesso di papa Francesco, decisionista in molti ambiti – anche riguardo la sinodalità, sa che non sorge spontaneamente dal basso ma occorre una guida che la instauri con determinazione – e accentratore dell’attenzione mediatica.
Ovviamente nella Società dello Spettacolo siamo tutti esposti, e a maggior ragione i personaggi pubblici, sotto i riflettori. Benché formatosi alla scuola di Sant’Ignazio – che invita ad essere indifferenti alla propria reputazione e a non ricercare l’onore anziché il disonore – papa Francesco sa che per chi ha un ruolo politico/pastorale la percezione del sentire comune ha risvolti concreti, quanto almeno le decisioni assunte.
Per venirne a capo – i maligni potrebbero dire che lo fa per giustificare la sua contraddizione – Francesco opera un’interessante distinzione tra la «sacralità cortigiana» da distacco dal Popolo e la «sacralità popolare» da contatto con il Popolo. La stessa, potremmo dire, che porta un figlio a nutrire un rispetto verso i genitori per affetto sincero, anziché per terrore o per un bieco tornaconto ereditario.
Ma come distinguere tra chi ti segue perché ti stima e chi ti scimmiotta per fare carriera, per ricevere parte dei tuoi applausi o per brillare di luce riflessa? Come separare gli adulatori dai complimenti autentici? Nella Chiesa è ancora più arduo, probabilmente. Ed è questione, anche questa, di percezione, di sentire. Vi convince questa distinzione?
«Molti si scandalizzano perché sostengono che io stia desacralizzando il papato. Fanno parte di quei settori, diciamo, più aristocratici. Invece il semplice popolo prova una giusta venerazione verso il Papa. Lo “sacralizza” nel senso che lo venera in qualità di pastore, di padre, e non come fosse un principe. C’è una sacralità popolare. Quando dico popolare non mi riferisco soltanto ai poveri, ma anche a persone con una buona posizione che però non aderiscono a una sacralità cortigiana» (Francesco, Non sei solo. Sfide, risposte, speranze, Salani, Milano 2023).
Leggo con un po’ di delusione alcuni commenti. Non mi sembra che papa Francesco si sia dedicato in questi 10 anni solo a pizzi e merletti. Tuttavia anche questo aspetto non è secondario. Il papa denuncia un fatto purtroppo vero e diffuso tra seminaristi e giovane clero: il fascino di un abbigliamento dei secoli passati, il sogno di un guardaroba da teatro: tricorni, mozzette, mantelle, gemelli d’oro. Non è questione di stoffe o di preziosità (sebbene questa ricerca dell’eleganza e della ricercatezza esclusiva mi appare già un dato preoccupante), ma è che dietro questi abiti si può scorgere una mentalità attenta all’esteriorità e al perfezionismo, e che ha quindi tempo per dedicarsi a questo culto dell’effimero. Vi è in realtà una nostalgia per l’Antico regime dei privilegi e del potere ecclesiastico, un pericoloso desiderio di un ritorno alla Restaurazione per il quale papa Francesco è un ingombro, mentre i modelli a cui si ispira questo neo clericalismo sono altri papi come Leone XII e Gregorio XVI che ci illudevamo di avere messo in naftalina con il loro boia personale Mastro Titta e con talari, strascichi e camicie con i polsini per i gemelli d’oro: ci sbagliavamo.
Mi ricordo di un prete con la talare tutta rattoppata, sempre in mezzo ai suoi ragazzi. Poi partito missionario per le Filippine. Per poco sfuggito ad una trappola per rapirlo nella foresta. Vivo grazie al ravvedimento di colui che lo stava conducendo ai rapitori con la scusa di un medicinale necessario alla figlia malata. Un uomo sorridente, fedele a Cristo, al Vangelo, al popolo di Dio ed alla dottrina della Chiesa forgiata dallo Spirito Santo in 2000 anni di cammino. Certo altrove c’erano e ci saranno sempre i furbi, i sepolcri imbiancati, quelli che gettano sul popolo pesi che neanche vogliono toccare (ma a cui il Signore invitava a non sottrarsi) . Sicuramente molti di questi vestiti di pizzo ad officiare riti tradizionali ma anche tanti altri ingrassati da offerte e tasse ecclesiastiche in attesa di liberarsi della porta stretta per non avere più la difficoltà di doverci passare. Molti tradizionalisti e molti progressisti gattopardescamente sempre clericalisti.
Si, concordo forse non è tanto la talare il problema, ma come ci si pone verso le altre persone
Parliamo tanto di crisi vocazionale, bisognerebbe fare una visita a tutte le Congregazioni, certo è un impegno, però si può capire tanti perché, specie in questi tempi, penso che tanti problemi si può risolverli e le vocazioni arriverebbero, provate
Mi baso solo sulla mia esperienza, altrove le cose forse stanno in modo diverso. Ho 66 anni, sono di Reggio Emilia, e frequento ambienti cattolici da quando ero bambino, ho conosciuto un gran numero di preti, molto vari per qualità morali e intellettuali e santità di vita, ma non ne ricordo nemmeno uno che corrisponda alla descrizione del papa. Per quanto posso giudicare io, il papa disegna una vignetta da giornalino satirico novecentesco – come L’Asino o il Male o Frigidaire – che può anche far sorridere, specie se l’autore è un papa, ma parla di cose insignificanti rispetto alla crisi fede cristiana e della Chiesa
La crisi del cattolicesimo è anche da attribuire al fatto che il Clero , in base agli studi fatti in Seminario, si arroghi il diritto esclusivo di essere l’unico in grado di interpretare le scritture e di spiegarle ai fedeli senza tanto stare ad ascoltare ciò che essi hanno da dire sui vari passi del Vangelo per arrivare poi ad una spiegazione condivisa e non unilaterale. “Padre ti ringrazio di aver rivelato la tua Verità a questi piccoli e di averla tenuta celata ai dotti e ai sapienti”.
Divertenti anche se amare le riflessioni del papa sull’edonismo narcisista dei giovani sacerdoti. Non tutti fortunatamente sono così vuoti interiormente da dover ricorrere a pizzi e merletti per mascherare tale vuoto, ma che siano numerosi è indubbio. Basta fare una giratina tra le boutique ecclesiastiche di Roma per vederlo… Non resta allora che chiedersi: ma come e dove si formano gli aspiranti sacerdoti e i giovani sacerdoti di oggi? e soprattutto tale fenomeno è segno di semplice vacuità oppure di un “ripiegamento identitario” da parte di un “ceto” che ha ormai uno scarso (per non dire nullo) riconoscimento sociale e che prova così a sopravvivere rifugiandosi nel clericalismo?
Gli unici preti in talare che di recente ho visto erano in qualche sceneggiato televisivo. Dal vivo mai. Mi sembra più un modo per ridicolizzare l’avversario e non mi pare molto caritatevole.
Bravo, stavo per scrivere la stessa cosa. Oltretutto, se lui stesso desse il buon esempio indossando ciò che trova nella sacrestia di San Pietro invece di farsi apposta casule sciatte, brutte e costose forse sarebbe meno ipocrita. Stesso discorso vale per i preti in maglioncino firmato o vescovi con completo giacca e cravatta da 2000 €. Di preti in talare, al contrario, non ce ne son più. Mi chiedo dove il nostro papa viva
Magari il clericalismo si riducesse all’ostentazione di “abiti talari e cappelli o camici e rocchetti con pizzi”. Questo è uno dei sintomi minori e tutto sommato effimeri di un male molto più insidioso e pervasivo. Il clericalismo non è apparire diversi per come ci si veste e come ci si atteggia, ma è un sistema di potere basato sul sacro che affligge la chiesa da 1700 anni circa e che ha condizionato ogni struttura ecclesiale. Il clericalismo è fatto di dottrine clericaliste, di norme giuridiche clericaliste, di liturgie clericaliste. E’ una perversione che ostacola e blocca ogni riforma nella chiesa. Si manifesta come tradizionalismo, come legalismo, come dottrinalismo, in svariati abusi che il clero compie in danno del popolo di Dio: abusi di coscienza, abusi sessuali, abusi spirituali, abusi dottrinali, abusi economico-finanziari. Il clericalismo è una patologia “che non solo annulla la personalità dei cristiani, ma tende anche a sminuire e a sottovalutare la grazia battesimale che lo Spirito Santo ha posto nel cuore della nostra gente” (così Francesco nella sua Lettera al Popolo di Dio del 20 agosto del 2018). Ed ancora: “è proprio l’opposto di quello che ha fatto Gesù. Il clericalismo condanna, separa, frusta, disprezza il popolo di Dio” (dialogo del 5 settembre 2019 con i gesuiti di Mozambico e Madagascar). Un sistema di potere che ha generato una «scissione» nel corpo della comunità dei credenti, sacralizzando il ministero presbiterale e ponendo in una posizione di sudditanza le donne e gli uomini laici. Il clericalismo non è solo “un abito per dimostrare di essere più importanti, più vicini a Dio”. Il clericalismo è una dottrina che afferma la separatezza e la superiorità del sacerdozio cosiddetto ordinato rispetto al sacerdozio laico battesimale. Quell’abbigliamento esteriore rimanda ad una impostazione teologica inzuppata di clericalismo che inquina molta dottrina della chiesa. Magari fosse solo una questione estetica e di vanità personale !
Effettivamente il clericalismo non si può sconfiggere perchè è sancito dall diritto canonico che fissa perentoriamente fin dai primi articoli la supremazia e la separazione del clero sul resto della chiesa. I pizzi ne sono solo la manifestazione ridicola ed antistorica: se si parla di tradizione non ci dobbiamo fermare al Concilio di Trento, ma andare alle fonti: ve lo immaginate il primo papa, Pietro il pescatore, a pescare in barca con un camice di pizzo?
Insomma sono 1700 anni che nessuno ci capisce nulla.
Buono a sapersi.
E io che pensavo che gente come Tommaso d’Aquino, Agostino, Francesco di Assisi fosse un esempio da seguire.
Ma quando mai.
Tutti superficiali, formalisti, indietristi, clericalisti, duri di cuore.
Meno male che ce ne siamo accorti.
Meglio tardi che mai.
Complimenti a Salvo Coco condivido in pieno quanto detto e mi spiace che nell’analisi della crisi del Cristianesimo cattolico e non solo si trascurino questi aspetti strutturali così gravi e antievangelici