Una logica binaria, talora antitetica, talora corrispondente, connota il discorso di papa Francesco alla curia di quest’anno (21 dicembre 2018). Prima e seconda venuta del Cristo, logica divina e maligna, vittime (immigrati) e vincitori (martiri-samaritani), abusi e infedeltà, Davide e Giuda, afflizione e gioia ecc. Un modello della retorica classica, come quello dell’elenco nella denuncia delle malattie curiali (2014) o dell’acrostico per l’indicazioni delle virtù (2015). Il primo discorso (2013) fu dedicato al tema della professionalità dei curiali e l’anno scorso (2017) l’intervento sviluppò il servizio della curia alla Chiesa universale.
La piaga degli abusi
Il cuore delle parole di quest’anno guarda all’appuntamento di febbraio, alla riunione dei presidenti della conferenze episcopali sugli abusi degli ecclesiastici sui minori, e ai seminatori di zizzania e di divisione.
Nel tratto di vita dalla nascita di Gesù al suo ritorno o parusia, la Chiesa vive insieme la santità e la purificazione, in una permanente dialettica tra logica divina che alimenta il bene e logica maligna che privilegia il male e le tenebre. Una condizione agonica che può indurre alla sfiducia come sostenere la certezza.
Tra le afflizioni vengono ricordati gli immigrati, la cui situazione viene connotata con tratti dolenti attraverso le indicazioni della paura e del pregiudizio, della povertà e della miseria, della violenza e del sangue, della brutalità e della tortura. Vittime sono anche i martiri (viviamo «una nuova epoca di martiri»). E, tuttavia, essi testimoniano il coraggio di affermare Cristo e la libertà della fede.
Più ampiamente sviluppata la denuncia degli abusi di potere, di coscienza e sessuali. «Sia chiaro che dinanzi a questi abomini la Chiesa non si risparmierà nel compiere tutto il necessario per consegnare alla giustizia chiunque abbia commesso tali delitti. La Chiesa non cercherà mai di insabbiare o sottovalutare nessun caso». Leggerezza, impreparazione, inesperienza vanno archiviate: «Questa è la scelta e la decisione di tutta la Chiesa».
Non ha senso prendersela coi giornalisti e tantomeno coi giudici,che invece vanno ringraziati perché hanno smascherato i lupi e dato voce alle vittime. «Abbiamo bisogno oggi di nuovi Natan che aiutino i tanti Davide a svegliarsi da una vita ipocrita e perversa». Solo così gli errori diventano opportunità e si apre la libertà di denunciare una calamità tanto profondamente incuneata nella società e nelle famiglie.
La zizzania dei narcisi
Feriscono la Chiesa anche le infedeltà e quanti seminano zizzania, divisione e sconcerto. Cita Agostino: «Anche sulle cattedre episcopali c’è il frumento e c’è la zizzania; e tra le varie comunità di fedeli c’è il frumento e c’è la zizzania». Il pericolo, alimentato dal grande tentatore, è quello della corruzione spirituale, quell’insieme di atteggiamenti come l’inganno, la calunnia e l’egoismo che alimentano l’autoreferenzialità e il narcisismo.
Non mancano le gioie: dal sinodo dei giovani alle riforme della curia, dalle pietre preziose dei martiri (si citano i martiri dell’Algeria) ai nuovi battezzati, dalla fedeltà di religiosi e religiose all’esempio luminoso dei parroci e dei vescovi.
La Chiesa sa di doversi purificare sempre e che l’unica sua forza è Cristo. «Il Natale ci dona ogni anno la certezza che la luce di Dio continuerà a brillare, nonostante la nostra miseria umana; la certezza che la Chiesa uscirà da queste tribolazioni, ancora più bella, purificata e splendida. Perché tutti i peccati, le cadute e il male commesso da alcuni figli della Chiesa non potranno mai oscurare la bellezza del suo volto, anzi, danno perfino la prova certa che la sua forza non sta in noi, ma sta soprattutto in Gesù Cristo, salvatore del mondo e luce dell’universo, che la ama e ha dato la sua vita per lei, sua sposa».
Alla fine dell’incontro con i curiali papa Francesco ha regalato loro un libro di Adolfo Tanquerey, Compendio di teologia ascetica e mistica. È un classico della teologia spirituale degli anni Venti del Novecento in cui si sistematizza, secondo l’indirizzo del tempo e sull’onda della tradizione spirituale della scuola francese del XVII secolo, la vita ascetico-spirituale, attraverso le tre vie: purgativa, illuminativa, unitiva. Come a dire che la riforma non è una costruzione razionale astratta spinta dal «nuovismo», ma è pervasiva dell’intero vissuto cristiano e affonda le sue radici nei secoli, fino ai citati Agostino e Macario, fino al Vangelo.