Francesco è un papa ellittico, sceglie occasioni «improprie» per mettere in circolo tratti fondamentali della sua visione di cristianesimo e Chiesa. Così è accaduto nuovamente oggi, quando ha incontrato uno sparuto manipolo di giovani latino-americani e fatto sponda su di loro per delineare l’abbozzo di una visione della politica in stagione di populismi montanti e di profonda crisi delle istituzioni democratiche.
La politica ha sicuramente a che fare con il potere, ma rispetto a esso rappresenta esattamente la capacità di non lasciarsi assoggettare dall’incanto violento che esercita. La politica si declina nell’orizzonte dei fondamentali dell’umano, come l’edificazione di un’amicizia sociale all’interno di una comunità. E solo in quanto tale, essa è in grado di essere realmente di tutti – ossia di popolo: non solo nel suo nome e non solo attraverso una sua legittimazione.
«La politica è vocazione di servizio, diaconia laicale, che promuove l’amicizia sociale attraverso la generazione del bene comune. Solo in tal modo la politica contribuisce al fatto che il popolo torni a essere protagonista della sua storia […]». Questo è il luogo abitato da coloro che fanno politica, così che il suo esercizio sia un atto continuo di doverosa restituzione.
Ancoraggio al concreto del vissuto della gente che fa la politica e la legittima come cura e passione sulle cose di tutti. Per Francesco, in questo frangente storico, «in America Latina è necessaria nuova presenza dei cattolici in politica. Una “nuova presenza” che […] significa principalmente nuovi metodi che permettano di dare forma a delle alternative che siano, al tempo stesso, critiche e costruttive».
Certo, la profonda instabilità che sta attraversando il continente latino-americano legittima questa preoccupazione propositiva di Francesco. Eppure, l’idea di politica da lui brevemente schizzata in questa udienza può essere significativa anche per il cattolicesimo europeo – in cerca affannosa di nuove forme di presenza civile e politica. Non solo.
Quando finalmente anche nella Chiesa comprenderemo che la possibilità di edificare processi di rottura, ossia di riedificazione del corpus ecclesiale, si gioca tutta nell’inedito del metodo che li organizza (e, quindi, nel modo in cui facciamo le cose), allora avremo iniziato davvero a fiancheggiare almeno un po’ il pontefice attuale.