Ho appena letto sul Messaggero online poche righe sull’esortazione del vescovo di Roma a tornare all’essenza del cristianesimo, al di là delle “stratificazioni” successive, che tendono a rivelarsi deludenti. Non è la prima volta per Francesco, anzi. Né è la prima volta per aree non trascurabili del mondo cattolico.
In occasione del Concilio Vaticano II, si preferì il vocabolo aggiornamento alla parola riforma. Troppo esplicito sarebbe stato, forse, il rimando alle esperienze di fede scaturite dalla Riforma di Lutero, di Calvino e di altri, nel XVI secolo.
L’aggiornamento, comunque, esprime una delle due istanze contenute nella parola riforma; l’altra è una sorta di appello al “ritorno” al cristianesimo delle origini.
Probabilmente i primi riformatori tendevano un po’ a idealizzare tale ritorno, pur nella consapevolezza, che scaturiva dai testi biblici, dei contrasti e dei travagli che caratterizzavano le prime comunità cristiane. Il pólemos greco trova piena cittadinanza, per dir così, nelle Scritture.
Particolarmente efficace è il termine essenza (οὐσία, direbbero gli antichi greci): quel che contraddistingue in modo peculiare un fenomeno, un’esperienza, una cosa, al di là degli accidenti, che possono esserci o meno, senza con ciò modificare “il nocciolo” di quella cosa o di quel fenomeno.
Certo, subito dopo si apre il confronto su dove si situi esattamente tale nocciolo. Una questione che non si può risolvere una volta per tutte, richiedendo di continuo ridefinizioni e aggiustamenti. Per dare un’idea della sua complessità, ricordo solo come la religiosità farisaica, in genere connotata negativamente in ambito cristiano, in realtà rappresenti, in quanto, come dire?, “genere letterario” comprendente al proprio interno la polemica (torna pólemos), un momento costitutivo del percorso “dialettico” (dialogico) attraverso il quale viene elaborato il messaggio cristiano.
Insomma: neppure l’essenza è scontata. Ma l’esortazione a ricercarla, a seguirla dovrebbe impegnarci e coinvolgerci in quanto donne e uomini di fede, contribuendo, tra l’altro, a dare forza e senso al cammino ecumenico.
Ritornare all’ESSENZA de Cristianesimo se questa non è mai scontata, ma va continuamente ricercata, pare un’impresa disperata. Specie per chi si impegna ad educare alla fede. Restiamo perennemente nelle nebbie? Che ci sta a fare la Chiesa se non è MAESTRA nel definire quell’ESSENZA?