Per una valutazione del viaggio di papa Francesco in Ungheria, dobbiamo cominciare con una costatazione indiscutibile: l’Ungheria è l’unico paese che il santo padre ha visitato due volte. Anche per noi ungheresi è stata una sorpresa grande questa visita pastorale di tre giorni (28-30 aprile). Dopo aver superato una malattia e una certa debolezza dovuta all’età avanzata, egli ha voluto ritornare in Ungheria due anni dopo la prima visita.
Perché? Si poteva leggere e sentire spesso questa domanda nei giorni precedenti la visita. Molte le risposte interessanti. È ovvio che potremo trovare la risposta giusta nei discorsi (10) e negli incontri (6) del papa.
Ma, la causa remota – lo ha ricordato lo stesso santo padre nella concattedrale di Budapest – è che lui, come arcivescovo a Buenos Aires, aveva rapporti speciali con sacerdoti e suore ungheresi fuggiti dall’Ungheria a causa del comunismo: «Non posso dimenticare la testimonianza coraggiosa e paziente delle suore ungheresi della Società di Gesù, che incontrai in Argentina dopo che avevano lasciato l’Ungheria durante la persecuzione religiosa. Erano donne di testimonianza quelle, erano brave! Con la testimonianza mi hanno fatto tanto bene». Come causa prossima, dobbiamo ricordare la sua esperienza personale e bellissima nella liturgia di chiusura del 52° Congresso eucaristico internazionale di Budapest (settembre 2021).
Ma questo viaggio è anche un segno e, allo stesso tempo, è un riconoscimento. Il riconoscimento dell’Ungheria, dove i valori cristiani e la fede cattolica hanno ancora un ruolo significativo anche nella società secolarizzata. Non soltanto la Chiesa ma anche lo stato vuole difendere i valori cristiani. Per esempio, la legge fondamentale attuale dell’Ungheria (dal 25 aprile 2011) riconosce e sottolinea «il ruolo del cristianesimo nella preservazione della nazione». E la Costituzione tutela l’istituto del matrimonio «quale unione volontaria di vita tra l’uomo e la donna, nonché la famiglia come base della sopravvivenza della Nazione».
Questo è un viaggio composto da diversi incontri: con le autorità civili e politiche, tra cui la presidente dello Stato e il primo ministro Orbán, poi i vescovi, i sacerdoti, i religiosi e i seminaristi.
Il santo padre ha voluto incontrarsi anche con i malati, gli emarginati, i rifugiati (ucraini) e, alla fine, incontrare il mondo universitario e della cultura presso la Facoltà Informatica dell’Università Cattolica di Budapest.
Alla fine, come «apice e fonte», è prevista la santa messa nella Piazza davanti al Parlamento. La liturgia della quarta domenica del tempo pasquale ci fa incontrare Gesù buon Pastore. Anche papa Franceso, come buon Pastore, voleva incontrare con le sue pecore in Ungheria, per confermarle nella fede di Pietro (cf. Lc 22,32).
- Lajos Dolhai è rettore della Scuola Superiore di Teologia di Eger.
Speriamo non sembri una santificazione di Orban.