Mentre le riprese stampa si accumulano l’una sull’altra, in maniera un po’ stereotipa a dire il vero, si potrebbe provare a cambiare l’angolo di lettura. Non tanto cosa Francesco abbia detto nella sua prima intervista rilasciata a un giornale tedesco, quanto piuttosto che significato ha il fatto di aver scelto Die Zeit come luogo di interlocuzione con la Germania.
Molto probabilmente è qui che potremmo trovare i tratti di maggiore interesse, e anche di novità, di quanto raccolto dal settimanale tedesco nel suo incontro con Francesco. Perché già il semplice fatto di aver acconsentito a un’intervista proprio con Die Zeit colloca con precisione l’intenzione di Francesco, ben oltre di quanto possano fare le sue parole che possiamo leggere.
In primo luogo, svincola il suo approccio alla Germania, e di conseguenza alla possibilità di un’Europa a venire, dalla strettoia di schieramenti politici tradizionali che, seppure attualmente governino insieme il paese, si ritrovano sempre più in difficoltà a leggerne le vicende e comprenderne le dinamiche. Né la conservazione basata su criteri puramente economico-finanziari (Frankfurter Allgemeine Zeitung), né un liberalismo progressista incapace di riscrivere in chiave post-moderna la propria idealità sociale (Süddeutsche Zeitung), appaiono essere i partner ideali per un dialogo sulle politiche ecclesiali e mondane.
In fin dei conti, questi due quotidiani sono lo specchio di un’élite politica incapace di guardare alla Germania, e al suo compito specifico nel cuore dell’Europa, con gli occhi dell’altro, dell’esterno, di colui che, in un qualche modo, sta fuori dal recinto sicuro della culla in cui la Germania, con le sue scelte politiche, si è accoccolata nell’ultimo decennio. Difficile percepire il sentire degli uomini e delle donne che vivono realmente dalla torre d’avorio di Francoforte. Praticamente impossibile gettare uno sguardo concreto sulla vastità di un mondo complesso a partire dall’enclave bavarese.
Francesco intuisce di aver bisogno di una Germania a più ampio respiro, soprattutto capace di guardare criticamente a se stessa e al modo quiescente di immaginarsi nel prossimo futuro. Una Germania non meramente ripiegata su se stessa, sul proprio presunto benessere e su una virtuosità che si nutre più di paure del passato che di visioni per i giorni a venire di tutti (e non solo ai propri).
Tratti, questi, che Die Zeit ha cercato di sviluppare negli ultimi anni – attraverso una ripresa creativa della propria storia nel panorama dell’informazione e della vita socio-politica della Germania. Resistendo alla tentazione di ridurre ciò che accade in questa nostra epoca a fatua cronaca che divora se stessa, e immaginando il contributo politico di un giornale settimanale in un’analisi approfondita dei fenomeni che non teme di porre domande inquiete e non scontate.
Sponda ideale per l’immaginario di Francesco, che ha saputo coglierla oltrepassando le aspettative più scontate per mostrare la sua attenzione alla Germania. Patria della Riforma, Francesco non cerca in essa un’occasione di celebrazione, ma la pungola a immaginarsi in maniera altra. Parlando con Die Zeit di sé, delle vicissitudini della Chiesa cattolica, dei rigurgiti di populismo che scuotono il nostro continente e i paesi più avanzati del mondo, Francesco dice in primo luogo qualcosa alla Germania e al compito che le compete, ma che essa continua a far slittare sul fondo della pila degli ordini del giorno delle proprie politiche.
Questa intervista scioglie definitivamente anche un mito fatto circolare ad arte intorno alla persona di papa Francesco e alle sue propensioni. Mostra, infatti, la sua consapevolezza della necessità sociale, potremmo dire addirittura popolare, delle élites nell’ora presente (che altro potrebbe essere un settimanale come Die Zeit?). E al tempo stesso denuncia l’arretratezza e la stoltezza delle élites europee che si sono stabilite attraverso una dubbia simbiosi con il gioco politico dei vari partiti – fino a dimenticare il loro compito civile: quello di cogliere il polso della vita quotidiana per guidarla verso un umanesimo sempre più affinato, da un lato, e quello di rappresentare il pungiglione nella carne della politica che tutti ci governa, dall’altro.
Le élites di cui è in cerca Francesco sono un corpo inquieto capace di scuotere il dato assodato delle cose a cui tutto e ciascuno deve essere sacrificato, e di immaginare alternative reali all’impero delle potenze mondane a cui l’umano è consegnato senza protezione e cura alcuna. Non si asseconda questa visione senza cultura alta, degna del proprio nome. Certo i tempi sono magri, e spesso tocca lavorare per la massima approssimazione possibile – Die Zeit rappresenta un interlocutore che ha nelle sue corde la possibilità di onorare questa ricerca di Francesco.
Poi il papa ha parlato di questioni specifiche, seguendo le suggestioni del suo interlocutore; queste le possiamo trovare sulle pagine di tutti i giornali italiani.