Il viaggio di papa Francesco a Cipro e in Grecia è stato in realtà indirizzato al cuore dell’Europa. Ancor più dei popoli toccati con le mani, Francesco ha toccato e cercato di rialzare sulle gambe noi europei, per farci tornare attivi protagonisti del nostro futuro nel mondo. I lavori di grandi intellettuali ci aiutano a capire.
Nel 1976 il populismo era qualcosa di impensato. Ma non a tutti. Non lo era a Michel Berger e a Luc Plamondon che nell’opera Rock underground Starmania crearono un personaggio visionario, il presidente dell’Occidente, Zéro Janvier. L’opera è stata ricordata, con profondità di visione, in questi giorni, da Michel Hajji Georgiou, direttore del portale di informazione “Ici Beyrouth”.
Per capire cosa c’entri col viaggio di Francesco, quest’opera va almeno brevemente presentata. Gli autori già allora ci portavano alle porte del terzo millennio, immaginando l’Occidente come un solo Paese assediato dal terrorismo e dal totalitarismo. La capitale dell’Occidente, Monopolis, nell’opera viene costantemente attaccata dai terroristi delle Stelle Nere, guidati da un uomo che segue gli ordini di Sadia, una studentessa rivoluzionaria, ricchissima, che ogni sera raggiunge i suoi nei sotterranei dell’Underground Café. Sopra di loro, c’è un palazzo di 121 piani ove ha il suo ufficio il miliardario Zéro Janvier, candidato alla presidenza dell’Occidente.
Il suo programma elettorale appare, oggi, non solo chiaro, bensì addirittura folgorante per chiarezza: “Per arginare la nuova ondata di terrorismo, adotteremo misure estremiste: imporremo il ritorno all’ordine, se non possiamo vivere in armonia; metteremo la capitale sotto la legge marziale. Per quanto riguarda la scarsità di energia, conoscete già la mia strategia: quando avremo svuotato il fondo del mare, saremo pronti a vivere altrove che sulla terra, e la prossima capitale sarà una stazione spaziale. Smettiamola di rovinarci per il Terzo Mondo, che presto ci ringrazierà con le bombe; assicuriamo prima di tutto la sopravvivenza della razza bianca. Sono l’uomo dell’ultima possibilità per l’Occidente! Costruiremo il nuovo mondo atomico, dove l’uomo non sarà più schiavo della natura; lascia il passato ai nostalgici, vivi l’avventura del futuro!”.
L’uscita della democrazia dalla democrazia
Zèro Janvier era forse ad ascoltare il papa a Cipro? Francesco ha detto con estrema chiarezza: “Non si può, tuttavia, che constatare con preoccupazione come oggi, non solo nel Continente europeo, si registri un arretramento della democrazia”, che invece “richiede la partecipazione e il coinvolgimento di tutti e dunque domanda fatica e pazienza. È complessa, mentre l’autoritarismo è sbrigativo e le facili rassicurazioni proposte dai populismi appaiono allettanti”.
Davvero appare allettante la sbrigativa soluzione proposta dal presidente dell’Occidente? Legge marziale, svuotamento del mare, costruzione del mondo atomico, oblio del Sud del Mondo, salvataggio della razza bianca. Se non fosse per la facilità attrattiva avremmo capito senza bisogno che ce lo dicesse Francesco cosa sono i campi profughi che sono disseminati in Libia e non solo: di certo anche in Siria, come ha ricordato Avvenire proprio nelle ore del viaggio del papa, documentando del campo di al-Hol e dei suoi 70mila “ospiti” senza alcuna assistenza sanitaria, tra i quali tantissimi bambini o minori, i famosi figli dell’Isis che nessuno vuole pur avendo frequentemente almeno un genitore europeo.
Fuggendo da posti come al-Hol o come quelli libici, molti muoiono nel Mediterraneo. Perciò Francesco aggiunge: “Dobbiamo andare contro questo vizio di abituarsi a leggere queste tragedie nei giornali o sentirne parlare da altri media. Guardando voi, penso a tanti che sono dovuti tornare indietro perché respinti e sono finiti nei lager, veri lager, dove le donne sono vendute, gli uomini torturati, schiavizzati. Noi ci lamentiamo quando leggiamo le storie dei lager del secolo scorso, quelli dei nazisti, quelli di Stalin, ci lamentiamo quando vediamo questo e diciamo: come mai è successo? Fratelli e sorelle: sta succedendo oggi, nelle coste vicine!”. Poi ha voluto concludere: “Questo lo dico perché è responsabilità mia aiutare ad aprire gli occhi. La migrazione forzata non è un’abitudine, quasi turistica: per favore!”.
Profughi: la nostra rimozione del reale
Vogliamo spalancare gli occhi? Vogliamo dunque vedere, senza andare tanto lontano, i tanti centri di ricezione e di identificazione dei profughi presenti in Europa? Sono isolati, invisibili, spersi nelle campagne: sono luoghi rimossi dal nostro reale, luoghi che per noi non esistono e dove non esiste possibilità alcuna di interazione, integrazione, lavoro.
Lesbo è così: ospita oltre duemila persone, in maggioranza afghane, ossia persone che oggi hanno, quasi certamente, diritto all’asilo politico in Europa, ma non lo ottengono. Rimangono in container posizionati proprio a due passi dalla costa, in maniera che siano esposti ai venti e alle mareggiate, non solo naturali. Francesco è andato là proprio per mostrare a noi!
Ha voluto sostare non solo nel bel salotto all’aperto, coperto da una tenda bianca, dove le autorità lo attendevano: per circa venti minuti ha voluto scendere tra i container, barcollando di suo tra i sassi malmessi che delineano un accidentato camminamento lungo la linea di un fronte fisico e ideologico, quello posto davanti alla prima fila di container dove i profughi lo hanno atteso, fotografato, abbracciato.
Lui – proprio dal bel salotto all’aperto – non solo ha condannato senza mezzi termini la disponibilità concessa dall’Unione Europea a edificare muri o barriere di filo spinato con fondi comunitari, ma ha ficcato queste parole: “Sulle rive di questo mare Dio si è fatto uomo. La sua Parola è echeggiata, portando l’annuncio di un Dio che è Padre e guida di tutti gli uomini. Egli ci ama come figli e ci vuole fratelli. Mentre invece si offende Dio, disprezzando l’uomo creato a sua immagine, lasciandolo in balìa delle onde, nello sciabordio dell’indifferenza, talvolta giustificata persino in nome di presunti valori cristiani. La fede chiede invece compassione e misericordia; non dimentichiamo che questo è lo stile di Dio: vicinanza, compassione e tenerezza. La fede esorta all’ospitalità, a quella filoxenia (amore per lo straniero) che ha permeato la cultura classica, trovando poi in Gesù la propria manifestazione definitiva, specialmente nella parabola del Buon Samaritano e nelle parole del capitolo 25 del Vangelo di Matteo. Non è questa “ideologia religiosa”, sono radici cristiane concrete! Gesù afferma solennemente di essere lì, nel forestiero, nel rifugiato, in chi è nudo e affamato”.
Interpellare le coscienze
Dunque, il papa è andato – o venuto – a dire a noi ove lui vede affermate o negate le “radici cristiane” del Vecchio Continente: non nelle costituzioni cartacee, non nelle circolari dal linguaggio apparentemente inclusivo, ma dove ci sono le persone in carne e ossa, i loro diritti e i loro bisogni: negati oppure corrisposti.
È giunto a questo da una difesa più ampia, che riguarda tutti i cittadini europei, affezionati – si deve presumere – alla loro civiltà: «se vogliamo ripartire, guardiamo i volti dei bambini. Troviamo il coraggio di vergognarci davanti a loro, che sono innocenti e che sono il futuro. Interpellano le nostre coscienze e ci chiedono: Quale mondo volete darci? Non scappiamo via frettolosamente dalle crude immagini dei loro piccoli corpi stesi inerti sulle spiagge. Il Mediterraneo, che per millenni ha unito popoli diversi e terre distanti, sta diventando un freddo cimitero senza lapidi. Questo grande bacino d’acqua, culla di tante civiltà, sembra ora uno specchio di morte. Non lasciamo che il Mare Nostrum si tramuti in un desolante Mare Mortuum, che questo luogo di incontro diventi teatro di scontro! Non permettiamo che questo “mare dei ricordi” si trasformi nel “mare della dimenticanza”».
È seguita una richiesta che va presa sul serio: non consentiamo che questo mare diventi il mare del “naufragio delle civiltà”. Queste parole mi hanno lasciato di stucco e mi hanno fatto ricordare un’altra opera bellissima. Non più solo la Starmania di Michel Berger e Luc Plamondon, ma un recente volume, proprio dal titolo Il naufragio delle civiltà di Amin Maalouf.
A pagina 101 dell’edizione italiana, questo grande scrittore libanese e accademico di Francia, ha citato un musulmano dei tempi lontani che non so se Francesco conosca, ma che sono certo apprezzerebbe: “Conservo costantemente con me, scritte su un cartoncino che tengo piegato, queste parole di un poeta arabo sconosciuto, Umayyah-Salt al-Andalusi, nato a Dénia, in Spagna, nell’XI secolo: se sono di argilla / la terra tutta è il mio paese/ e tutte le creature sono miei parenti”. Ancora Maalouf: “Non è necessario andare così indietro nel passato per intravedere un volto completamente diverso della civiltà dei miei padri. L’abominio che oggi è sotto i nostri occhi è più recente di quanto sembri. Io stesso ho sperimentato una realtà molto diversa”.
Cosa fa l’Europa?
Già, basta andare un poco indietro nel tempo – diciamo all’inizio degli anni Ottanta – per ricordare un Medio Oriente completamente diverso da quello di oggi, tanto che ai tempi di Nasser le vigilesse il foulard lo portavano al collo, non sulla testa. Anche noi possiamo ricordare un’Europa diversa, ove le società di mutuo soccorso erano patrimonio comune di molti, come d’altronde le “case del popolo” – per molti criticabili allora – ma certo oggi non più possibili e con un certo rammarico.
La domanda è quella che pone Francesco: perché non ci stiamo rendendo conto dell’assurdità della politica europea? Lui ha detto che i problemi si risolvono andando alle cause profonde e che – certo – non ci sono facili soluzioni per situazioni complesse.
Il problema sono le vittime dei totalitarismi e dei terrorismi che ci “assediano”; o piuttosto non sono i totalitarismi e i terrorismi, il vero problema? Lo scrivo ricordando Starmania. Se è così, perché invece di prendercela con le vittime di questi sistemi non elaboriamo una diversa politica per cercare di trasformare questi regimi, quindi per non farci trasformare da questi in una maniera così brutta? È vero: abbiamo bisogno delle loro risorse e materie prime, ma è altresì vero che abbiamo tante cose da offrire in cambio.
Nelle ore in cui Francesco si recava a Lesbo, il presidente francese Macron si è recato dal principe ereditario di Riad, bin Salman, primo capo di Stato occidentale a recarsi a Riad dopo il delitto Khashoggi, ucciso barbaramente in un consolato saudita. Che cosa è andato a fare: a spingerlo a cambiare metodi e politica, o a vendergli armi in cambio dello sdoganamento? Le cronache sembrano dire che la seconda risposta è quella più azzeccata.
Lo stesso criterio si sta applicando alla Russia, alla Turchia, all’Iran e a tanti irrequieti protagonisti delle crisi presenti e prossime future, guarda caso al centro delle forniture energetiche più importanti. Non hanno forse bisogno anche questi dei nostri mercati e della nostra buona tecnologia, della nostra intelligenza politica e della nostra umanità? Sono dunque solo i poveri migranti a dover pagare il prezzo di queste cattive politiche dell’interesse? È davvero inevitabile andare dissennatamente incontro all’inesorabile tramonto delle civiltà, tutte?
Leggendo il libro di Amin Maalouf ci si chiede dove siano finiti i grandi registi, i grandi romanzieri, i grandi caffè letterari, i movimenti studenteschi dell’Egitto di appena pochi decenni fa. Pensare che vada allo stesso modo in Europa non può essere escluso. E allora Francesco è andato nella culla dell’Europa, la terra della polis, poi terra cristiana, terra ortodossa, per riconnettere i valori fondanti della nostra comune civiltà, imprescindibile per illuminare il nostro futuro, per evitarci di cadere, per colpa del buio, in pericolosissime derive.
Rendiamoci ben conto: quel che fanno i vari Putin, Erdogan o Ayatollah dell’Iran, dipende anche da noi europei. Anche questi signori hanno bisogno di un’Europa determinata e cosmopolita per abbandonare le loro scelte involutive e distruttive. Altrimenti rischiamo davvero anche noi di rimanere incantati da Zéro Janvier e dalle sue non più “fantascientifiche” teorie.