Francesco nei Baltici

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Accoglienza, e poi ancora accoglienza, per un cristianesimo che deve essere effettivo e non «da turisti». È il messaggio di papa Francesco nel viaggio che lo ha portato nei tre Paesi Baltici – Lituania, Lettonia, Estonia – dal 22 al 25 settembre.

I temi ricorrenti nei tre Paesi Baltici hanno riguardato l’accoglienza, l’eredità comunista e il ruolo della fede.

Lituania

In Lituania papa Francesco ha aperto con la tematica del «no» all’espulsione e con il dovere di «ospitare le differenze». «Guardando allo scenario mondiale in cui viviamo, dove crescono le voci che seminano divisione e contrapposizione – strumentalizzando molte volte l’insicurezza e i conflitti – o che proclamano che l’unico modo possibile di garantire la sicurezza e la sussistenza di una cultura sta nel cercare di eliminare, cancellare o espellere le altre, voi lituani avete una parola originale vostra da apportare: ospitare le differenze».

Lo ha detto nell’incontro con le autorità e la società civile della Lituania al Palazzo presidenziale di Vilnius. «Nel corso della sua storia, la Lituania ha saputo ospitare, accogliere, ricevere popoli di diverse etnie e religioni. Tutti hanno trovato in queste terre un posto per vivere: lituani, tartari, polacchi, russi, bielorussi, ucraini, armeni, tedeschi; cattolici, ortodossi, protestanti, vetero-cattolici, musulmani, ebrei sono vissuti insieme e in pace fino all’arrivo delle ideologie totalitarie che spezzarono la capacità di ospitare e armonizzare le differenze seminando violenza e diffidenza».

E, soprattutto, durante la visita al santuario Mater Misericordiae a Vilnius ha riassunto il messaggio della Chiesa: «Abbiamo costruito troppe fortezze nel nostro passato, ma oggi sentiamo il bisogno di guardarci in faccia e riconoscerci come fratelli, di camminare insieme scoprendo e sperimentando con gioia e pace il valore della fraternità».

Lettonia

In Lettonia, durante la visita nella cattedrale di Riga, il papa ha fatto notare come «in questa cattedrale si trova uno degli organi più antichi d’Europa» che «ha accompagnato la vita, la creatività, l’immaginazione e la pietà di tutti coloro che si lasciavano avvolgere dalla sua melodia». Dunque un oggetto-simbolo, a sua volta, di un’intera identità. Identità da rinnovare, mettendo in guardia dal «fare di ciò che ci identifica un oggetto del passato, un’attrazione turistica e da museo che ricorda le gesta di un tempo, di alto valore storico ma che ha cessato di far vibrare il cuore di quanti lo ascoltano. Con la fede ci può succedere esattamente la stessa cosa. Possiamo smettere di sentirci cristiani residenti per diventare dei turisti».

Invece, i credenti in Cristo possono e devono «intonare una melodia capace di smuovere e ispirare la vita e il cuore di quelli che la ascoltano».

Il papa ha poi raccomandato come la vita debba avere il primato sull’economia. «Lo sviluppo delle comunità non si attua e nemmeno si misura unicamente per la capacità di beni e risorse che si possiedono ma per il desiderio che si ha di generare vita e creare futuro. Questo è possibile solo nella misura in cui ci sono radicamento nel passato, creatività nel presente e fiducia e speranza nel domani».

Estonia

In Estonia papa Francesco ha fatto un riferimento abbastanza esplicito alle tensioni diplomatico-militari tra i Paesi Baltici e la Russia. «C’è chi parla senza cedimenti o esitazioni; c’è chi, alle urla, aggiunge minacce di armi, spiegamento di truppe, strategie. Questo è colui che sembra più forte», mentre «non è cercare la volontà di Dio, ma un accumulare per imporsi sulla base dell’avere».

«Voi – ha detto espressamente in Estonia – non avete conquistato la vostra libertà per finire schiavi del consumo, dell’individualismo o della sete di potere o di dominio».

Di qui l’invito a non essere «esclusivi né settari». A «crescere in uno sguardo di vicinanza per contemplare, commuoverci e fermarci davanti all’altro, ogni volta che sia necessario». Ad «essere santi, risanando i margini e le periferie della nostra società, là dove il nostro fratello giace e patisce la sua esclusione».

Il tema degli abusi è ritornato, sia nel rivolgersi ai giovani estoni – ai quali il papa ha detto che è una giusta «indignazione» quella per gli scandali economici e sessuali – sia sul volo di ritorno. Rispondendo ad una domanda, spiega che sarebbe «mostruoso» anche se ci fosse un solo prete ad aver commesso questo crimine. Ribadisce di non aver mai firmato una richiesta di grazia davanti a una condanna in relazione ai casi segnalati dalla Congregazione per la dottrina della fede.

Gli abusi sessuali ci sono dappertutto ma, nella Chiesa – incalza – sono ben peggiori perché i sacerdoti devono «portare i bambini a Dio» e su questo «non c’è negoziato».

Tuttavia – osserva il papa –, non si deve commettere l’errore di interpretare il passato con il metro di giudizio, con «l’ermeneutica» di oggi in cui si ha una diversa sensibilità. Francesco prende ad esempio la Chiesa della Pennsylvania. Una volta questi crimini «si coprivano», mentre, «da quando la Chiesa ha cominciato a prendere coscienza di questo, ce l’ha messa tutta».

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