Prosegue la rubrica «Opzione Francesco», firmata dal teologo Armando Matteo per la rivista Vita Pastorale. Per gentile concessione del direttore, don Antonio Sciortino, la rubrica viene interamente ripresa e pubblicata in digitale su Settimana News.
Il secondo decisivo elemento della pastorale dell’amicizia riguarda una nuova modalità di presentare l’esperienza del credere all’uomo e alla donna del nostro tempo. Abbiamo già detto che, secondo papa Francesco, quello del futuro deve essere il cristianesimo della gioia, resta ora da approfondire in che modo le parrocchie possono più concretamente propiziare il diffondersi di una tale immagine.
Al riguardo, si tratta di imparare a fare eco alla verità per la quale la gioia che nasce e rinasce a ogni incontro con Gesù è legata alla personale accoglienza di una duplice rivelazione di cui Gesù stesso fa dono a chiunque gli apre il cuore: la rivelazione del nome di Dio come nome di misericordia e la rivelazione del compimento di ogni esistenza umana come compimento nell’amore. La gioia del Vangelo ha a che fare con quell’esperienza specifica del cristianesimo che è l’aver fede. La gioia è il grande dono di chi crede in Gesù. Proprio da qui deriva l’urgenza di ridefinire il profilo del credente nella testa e nel cuore di tutti gli operatori pastorali.
Il profilo del credente
Terminata l’epoca della consolazione, non ci è più possibile pensare al profilo del credente secondo le antiche istruzioni, che fanno sostanzialmente leva sull’idea di un credente all’altezza della valle di lacrime e, dunque, all’altezza di una condizione di vita adulta particolarmente sfidata.
A partire da questo contesto, ormai del tutto alle nostre spalle in Occidente, il credente era ed è ancora, per inerzia, immaginato innanzitutto come «onesto cittadino e buon cristiano», ovvero come colui che si assume con responsabilità gli oneri legati alla ricerca del bene comune e all’educazione umana e spirituale delle nuove generazioni, in vista della loro entrata nella condizione adulta, accettando di buon grado i sacrifici previsti e imprevisti. Ed è sulla base di un tale profilo che si strutturano le prassi dell’iniziazione cristiana attualmente vigenti.
È tempo ora di ripensare completamente il profilo del credente alla luce dell’Opzione Francesco, se desideriamo davvero mettere in atto la pastorale dell’amicizia. Ci viene così incontro un formidabile passaggio del numero 18 dell’enciclica Lumen fidei: «Nella fede, Cristo non è soltanto Colui in cui crediamo, la manifestazione massima dell’amore di Dio, ma anche Colui al quale ci uniamo per poter credere. La fede, non solo guarda a Gesù, ma guarda dal punto di vista di Gesù, con i suoi occhi: è una partecipazione al suo modo di vedere».
Questione di sguardo
Ecco che cosa dovrà significare oggi «essere credente»: si diventa credente semplicemente partecipando allo sguardo di Gesù, assumendo la prospettiva propria degli occhi di Gesù, vedendo con gli occhi di Gesù, guardando come guarda Gesù.
Il credente è colui che rivolge il suo sguardo su ogni cosa – in cielo e in terra – modellandolo su quello di Gesù, così da dare alla propria esistenza un orientamento evangelico, intonato fondamentalmente alla nota della gioia. Avendo questo in mente e nel cuore, sarà possibile immaginare un’introduzione all’esperienza credente dei più piccoli e non solo all’altezza del cristianesimo della gioia.
Sono pienamente d’accordo. Pur sapendo che spesso guardo il mondo con gli occhi di Pietro
Sia lodato Gesù Cristo
Non so dove vive il Sig. Matteo ma la pastorale della gioia è fallita da almeno trent’ anni. Guardare con gli occhi di Cristo vuole dire possedere la pienezza della verità e del giudizio. Per raggiungere la serenità del credere ,non la gioia si deve passare per il crogiuolo della fatica e del sacrificio; della rinuncia di sé e della croce sulle spalle altro che festa e baldanza. La gente si è allontanata proprio perché di quella gioia di cui lei parla non sa cosa farsene. L opzione Francesco ha ridotto la presenza a messa al lumicino . Chissà perché invece nonostante i divieti nelle “seriose” messe V.O. i giovani vengono e non la lasciano più. Meditate gioiosi senza popolo.