Il papa, il G7 e lo Stato pontificio

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francesco al G7

Giorgio Agamben, il 15 giugno 2024, ha pubblicato, nella sua rubrica Quodlibet un testo di padre Mauro Armanino, missionario a Niamey, Niger, che tesse una critica a papa Francesco a seguito della sua partecipazione al vertice del G7, il 14 giugno, in Borgo Egnazia, località balneare della Puglia, Italia.

Agamben concorda interamente con Armanino, che non mostra eccessivo stupore davanti al fatto che il papa possa aver accettato l’invito delle grandi potenze economiche occidentali, lacchè di un sistema capitalista «senza cuore» e, specificamente, «corresponsabile o sostenitore della produzione, vendita e uso di armi in zone di guerra. Si tratta dunque di persone che hanno le mani macchiate di sangue».

Una critica molto dura

«L’invito del papa, per motivi che non è poi difficile discernere, è già un segno e un messaggio la cui tragica scelta non potrà non lasciare tracce nel presente e il futuro del papato e della Chiesa stessa. Essere invitati al vertice di alcuni tra i Paesi più ricchi e potenti del globo significa dare sufficienti “garanzie” al sistema perché esso possa perpetuarsi o quantomeno continuare a legittimarsi. Aver accettato l’invito (o allora la proposta è giunta dal Vaticano e accolta dalle diplomazie del vertice), come il papa ha fatto, non è che l’ennesimo e patetico tentativo di accompagnare, da “cappellano di corte”, il sistema attuale».

Tutto questo è in palese e irreconciliabile contraddizione con l’attenzione evangelica e sincera che il papa riserva ai poveri, ai migranti, alle vittime del sistema, alle periferie geografiche e esistenziali, ai movimenti sociali, a una Chiesa accogliente – quella di Fratelli tutti – per costruire un mondo nuovo a partire dagli esclusi. Perciò, questa familiarità con i potenti, getterebbe ombre difficili da dissipare sull’alleanza di Francesco con i poveri del mondo.

Armanino presenta inoltre altri precedenti qui pro quo di Francesco, frequentemente costretto a precisare o a smentire affermazioni in discorsi letti o improvvisati: aspetti di una personalità che, a mio avviso, non accetta di nascondersi e annullarsi nel ruolo; aspetti negativi che ci permettono, però, di valorizzare la sua profezia, che convive con i limiti del suo temperamento e della sua biografia.

Armanino poi critica pesantemente la posizione del papa in relazione ai vaccini e alle misure di sicurezza adottate durante la pandemia e, soprattutto per questo, riceve l’attenzione e la piena accettazione da parte di Agamben, anche lui, da sempre impegnato in una critica contro vaccini e green-card.

I poveri senza parola

Posizione complessa e difficile da digerire quella di Agamben, ma che, a mio avviso, si distingue dal dissenso, non sempre ben argomentato, dei «No vax», perché il filosofo include la sua critica nell’ambito del suo pensiero sulla crisi della modernità occidentale.

La gestione politica della pandemia dovrebbe essere letta a partire dallo sguardo terrorizzato dell’Angelus novus di Walter Benjamin:

«L’uomo oggi scompare, come un viso di sabbia cancellato sul bagnasciuga. Ma ciò che ne prende il posto non ha più un mondo, è solo una nuda vita muta e senza storia, in balia dei calcoli del potere e della scienza. Forse è però soltanto a partire da questo scempio che qualcos’altro potrà un giorno lentamente o bruscamente apparire – non un dio, certo, ma nemmeno un altro uomo – un nuovo animale, forse, un’anima altrimenti vivente»[i].

Ritornando al tema principale, è senz’altro inevitabile la perplessità generata dal tema del discorso tenuto da Francesco. Il tema affascinante e preoccupante dell’intelligenza artificiale e del suo uso bellico prende il posto della Parola profetica del Vangelo contro i potenti e gli imperi di questo mondo. E Gesù di Nazareth e i poveri della Terra non hanno spazio e parola in quell’incontro.

«Prigioniero» dello Stato

Tuttavia, la situazione è più complicata di quanto sembri al primo approccio, in cui Francesco è oggetto di critiche pesanti e inevitabili. Infatti, ciò che sta in gioco non è semplicemente la coerenza della sua biografia, ma, soprattutto, il peso dell’istituzione sul suo ministero, che, fin dall’inizio, avrebbe voluto volare libero, prescindendo dalle gabbie di una tradizione millenaria, troppo spesso a servizio del tradimento del Vangelo.

Insomma, anche Francesco rimane prigioniero dello Stato del Vaticano. Credo che possa aver pensato che per cambiare rotta era sufficiente scegliere burocrati più cristiani e più seri. Ma cambiare i cardinali e gli iter burocratici non è sufficiente. Credo che anche Francesco non sia arrivato a pensare che lo Stato non si addice al Vangelo. È suo acerrimo nemico.

Concludendo, credo importante aggiungere alcune considerazioni di Padre Claudio Bombieri, che, dialogando sul tema, afferma:

«Fino a quando esisterà lo Stato del Vaticano, come dogma politico, il papa sarà sempre ostaggio morale e politico di chi controlla la scacchiera e, nonostante non sia annullata o svalorizzata la sua profezia, difficilmente questa potrà avere un peso politico efficace ed effettivo. Infatti, come sarebbe possibile considerarlo come forza morale super partes o forza morale alleata dei dimenticati, se accetta di sedersi insieme ai Capi di Stato dell’Occidente, senza interpellarli e responsabilizzarli per la fame, la guerra, i genocidi, le migrazioni e la distruzione della casa comune?».

Come andare oltre la breccia di Porta Pia?


[i] Giorgio Agamben, Quando la casa brucia, Giometti & Antonello, Macerata, 2020.

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4 Commenti

  1. Adelmo Li Cauzi 16 agosto 2024
    • Anima errante 16 agosto 2024
      • Adelmo Li Cauzi 18 agosto 2024
  2. Fabio Cittadini 16 agosto 2024

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