Il papa emerito, Benedetto XVI, ha rinnovato l’interpellanza alle intelligenze e alle coscienze credenti con l’articolo scritto per Klerusblatt e ripreso in Italia dal Corriere della sera (11 aprile) col titolo «La Chiesa e lo scandalo degli abusi sessuali». Nella prima parte illustra il contesto sociale a partire dalla “rivoluzione del ’68”, nella seconda accenna alle conseguenze nell’ambito della formazione sacerdotale, nella terza sviluppa alcune prospettive per una risposta.
Mi limito alla prima parte in cui l’implosione delle normative morali è scandita in parallelo fra gli studi e l’ethos sessantottino, lasciando a parte le restanti annotazioni. Il «collasso della teologia morale cattolica» avviene secondo la progressiva acquisizione di posizioni sempre più radicali.
- Si sottopone a critica la tradizione morale fondata giusnaturalisticamente, con il richiamo alla morale naturale;
- a favore di una teologia morale «completamente fondata sulla Bibbia»;
- il fondamento del comportamento morale è riconoscibile solo nello scopo perseguito;
- conseguentemente si nega la possibilità di azioni malvagie «sempre e in ogni caso»;
- si delegittimano decisioni magisterialmente vincolanti sul piano dei comportamenti morali;
- fino a negare una morale propria della Chiesa.
Per evitare le frettolose conclusioni degli ambienti tradizionalisti (morale = natura; morale = legge civile; morale = fissità) riprendo alcune righe di un documento della Pontificia commissione biblica (11 maggio 2008) dal titolo Bibbia e morale. Radici bibliche dell’agire cristiano, che porta la firma dell’allora prefetto card. William Levada e il consenso dell’allora papa, Benedetto XVI. In esso si enunciava il concetto di «morale rivelata».
I dinamismi del giudizio morale
93. Nell’esposizione, per rischiarare quanto si può, a partire dalla Scrittura, le scelte morali difficili, distingueremo due criteri fondamentali (conformità alla visione biblica dell’essere umano e conformità all’esempio di Gesù) e sei altri criteri più specifici (convergenza, contrapposizione, progressione, dimensione comunitaria, finalità, discernimento). In ognuno dei casi enunciamo il criterio e mostriamo, sulla base di testi o temi, come il criterio si fondi sull’uno e sull’altro Testamento e suggerisca orientamenti per l’oggi.
I due criteri fondamentali svolgono un doppio ruolo essenziale. Anzitutto servono come ponte fra la prima parte (assi fondamentali) e la seconda (piste metodologiche) e dunque assicurano la coerenza globale dell’argomentazione. Poi, introducono e inglobano in qualche modo i sei criteri specifici.
Dall’insieme della Scrittura infatti si possono dedurre almeno sei linee di forza per giungere a prese di posizione morali solide, che si appoggiano sulla rivelazione biblica:
1. un’apertura alle diverse culture e dunque un certo universalismo etico (convergenza);
2. una presa di posizione ferma contro i valori incompatibili (contrapposizione);
3. un processo di affinamento della coscienza morale che si trova all’interno di ognuno dei due Testamenti e soprattutto dall’uno all’altro (progressione);
4. una rettifica della tendenza, in buon numero delle culture attuali, a relegare le decisioni morali nella sola sfera soggettiva, individuale (dimensione comunitaria);
5. un’apertura a un avvenire assoluto del mondo e della storia, suscettibile di segnare in profondità l’obiettivo e la motivazione dell’agire morale (finalità);
6. e finalmente una determinazione attenta, secondo i casi, del valore relativo o assoluto dei principi e precetti morali della Scrittura (discernimento).
Criteri fondamentali e specifici
104. Compiuto questo cammino iniziale, l’applicazione dei criteri più specifici, sempre a partire dai testi biblici scelti, dovrebbe completare i contorni di una metodologia utile per trattare problemi morali.
La sistematizzazione di questi criteri riposa sulle seguenti osservazioni:
1. Convergenza: la Bibbia manifesta un’apertura alla morale naturale nell’enunciazione di un gran numero di leggi e orientamenti morali.
2. Contrapposizione: la Bibbia prende posizione in modo molto netto per combattere i controvalori.
3. Progressione: la Bibbia attesta un affinamento della coscienza su certi punti della moralità, anzitutto all’interno stesso dell’Antico Testamento, poi sulla base dell’insegnamento di Gesù e sotto l’impatto dell’evento pasquale.
4. Dimensione comunitaria: la Bibbia mette fortemente l’accento sulla portata collettiva di tutta la morale.
5. Finalità: fondando la speranza nell’aldilà sull’attesa del regno (Antico Testamento) e sul mistero pasquale (Nuovo Testamento), la Bibbia fornisce all’uomo una motivazione insostituibile per tendere verso la perfezione morale.
6. Discernimento: in fine, la Bibbia enuncia principi e offre esempi di moralità che non hanno tutti lo stesso valore: di qui la necessità di un accostamento critico.
Già i due testi base che ci sono serviti precedentemente illustrano, a modo loro, i sei criteri metodologici che faranno oggetto dello sviluppo che segue.
1. Convergenza. Alcuni precetti hanno il loro equivalente in altre culture dell’epoca. La “regola d’oro” (Mt 7,12), per esempio, si trova, nella formulazione sia positiva sia negativa, in molte culture.
2. Contrapposizione. Alcune pratiche pagane sono denunciate: per esempio le immagini scolpite (Es 20,4) o le preghiere verbose (Mt 6,7).
3. Progressione. Tutto il discorso di Gesù illustra la giustizia più grande, portando a compimento l’intenzione e lo spirito della Torah (cf. 5,17) mediante una più profonda interiorità, mediante l’integrità di pensiero e azione e mediante una azione morale più esigente.
4. Dimensione comunitaria. Certo, Gesù perfeziona le vedute essenzialmente collettive della morale del decalogo; ma anche i precetti che concernono la persona puntano in definitiva a costruire la comunità; la sofferenza stessa subita «a causa di» lui è fattore di coesione comunitaria (Mt 5,11-12).
5. Finalità. All’escatologia terrestre del decalogo (la promessa di “lunghi giorni” in Es 20,12) Gesù aggiunge come motivazione di base di tutto l’agire umano la speranza nell’aldilà (Mt 5,3-10; 6,19-21).
6. Discernimento. La giustificazione divergente del sabato, in termini cultuali in un caso (Es 20,2-11) e in termini socio-storici nell’altro (Dt 5,12-15), apre la strada a una riflessione morale più ricca e sfumata sul riposo domenicale e sul tempo. Da un altro punto di vista l’invalidazione dell’uso del divorzio (Mt 5,31-32), pur autorizzato dalla Torah, mostra bene la distinzione da fare tra le leggi perenni e quelle che sono legate a una cultura, un tempo, uno spazio particolari.
Per ognuno dei criteri ci permettiamo di collegare quanto esposto con una parola chiave.
1. Convergenza: la sapienza, in quanto virtù umana, potenzialmente riscontrabile in tutte le culture.
2. Contrapposizione: la fede.
3. Progressione: la giustizia, meno nel senso della teologia classica che nella sua accezione biblica ricca e dinamica (ebraico sedaqâ, greco dikaiosynê), che implica ricerca della volontà di Dio e cammino di perfezione (teleiôsis).
4. Dimensione comunitaria: l’amore fraterno (agapê).
5. Finalità: la speranza.
6. Discernimento: la prudenza, che implica la necessità di una verifica del giudizio morale, tanto oggettivo, a partire dall’esegesi e dalla tradizione ecclesiale, quanto soggettivo, sulla base di una coscienza (syneidêsis) guidata dallo Spirito Santo.
Nell’articolo del papa emerito si conclude la prima parte richiamando il caso serio del martirio. «Un vita che fosse acquisita a prezzo del rinnegamento di Dio, una vita basata su un’ultima menzogna, è una non-vita. Il martirio è una categoria fondamentale dell’esistenza cristiana. Che esso in fondo […] non sia più (considerato) moralmente necessario, mostra che qui ne va dell’essenza del cristianesimo».
Reazioni al testo di Ratzinger