“Vi incoraggio a proseguire su questa strada: che tutti, tutti insieme, ciascuno coltivando la propria spiritualità e praticando la propria religione, possiamo camminare alla ricerca di Dio e contribuire a costruire società aperte, fondate sul rispetto reciproco e sull’amore vicendevole, capaci di isolare le rigidità, i fondamentalismi e gli estremismi, che sono sempre pericolosi e mai giustificabili”.
Così papa Francesco, a Jakarta, nell’incontro interreligioso nella più grande Moschea dell’Asia.
E della tappa in Indonesia (2-5 settembre) del lungo viaggio in Asia e Oceania (2-13 settembre), restano alcune immagini importanti.
Nell’ordine: la cordialità nell’incontro con il presidente della Repubblica; le manifestazioni di rispetto e amicizia con l’Imam di Jakarta; la firma del documento comune di impegno nel dialogo interreligioso avvenuta nel “tunnel dell’amicizia” (il collegamento tra la Moschea e la Cattedrale cattolica).
E naturalmente resterà impressa la messa di giovedì pomeriggio, alla presenza di una folla così vasta che gli organizzatori hanno allestito in tutta fretta un secondo stadio attrezzato con maxischermi per consentire ai fedeli di seguire il papa.
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Il messaggio di papa Francesco in Indonesia ha seguito tre direttive. La prima, espressa nell’incontro con le autorità politiche e il Corpo diplomatico. Ha detto il papa: “Il vostro motto nazionale Bhinneka tunggal ika (Molti, ma uno) manifesta bene questa realtà multiforme di popoli diversi saldamente uniti in una sola Nazione. E inoltre mostra che, come la grande biodiversità presente in questo arcipelago è fonte di ricchezza e splendore, analogamente le differenze specifiche contribuiscono a formare un magnifico mosaico, nel quale ogni tessera è insostituibile elemento per comporre una grande opera originale e preziosa. E questo è il vostro tesoro, è la vostra ricchezza più grande. L’armonia nel rispetto delle diversità si raggiunge quando ogni visione particolare tiene conto delle necessità comuni e quando ogni gruppo etnico e confessione religiosa agiscono in spirito di fraternità, perseguendo il nobile fine di servire il bene di tutti. La consapevolezza di partecipare a una storia condivisa, nella quale ciascuno porta il proprio contributo e dove è fondamentale la solidarietà di ogni parte verso il tutto, aiuta a individuare le giuste soluzioni, a evitare l’esasperazione dei contrasti e a trasformare la contrapposizione in fattiva collaborazione. (…) Per favorire una pacifica e costruttiva armonia, che assicuri la pace e unisca le forze per sconfiggere gli squilibri e le sacche di miseria, che ancora persistono in alcune zone, la Chiesa desidera incrementare il dialogo interreligioso. (…) La Chiesa cattolica si pone al servizio del bene comune e desidera rafforzare la collaborazione con le istituzioni pubbliche e altri soggetti della società civile, ma mai facendo proselitismo, mai; rispetta la fede di ogni persona. E con questo, incoraggia la formazione di un tessuto sociale più equilibrato e per assicurare una distribuzione più efficiente ed equa dell’assistenza sociale”.
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La seconda, a proposito del dialogo interreligioso: “Cari fratelli e sorelle, promuovere l’armonia religiosa per il bene dell’umanità è l’ispirazione che siamo chiamati a seguire e che dà anche il titolo alla Dichiarazione congiunta preparata per questa occasione. In essa assumiamo con responsabilità le gravi e talvolta drammatiche crisi che minacciano il futuro dell’umanità, in particolare le guerre e i conflitti, purtroppo alimentati anche dalle strumentalizzazioni religiose, ma anche la crisi ambientale, diventata un ostacolo per la crescita e la convivenza dei popoli. E davanti a questo scenario, è importante che i valori comuni a tutte le tradizioni religiose siano promossi e rafforzati, aiutando la società a ‘sconfiggere la cultura della violenza e dell’indifferenza’ (Dichiarazione congiunta di Istiqlal) e a promuovere la riconciliazione e la pace. Vi ringrazio per questo cammino comune che portate avanti. L’Indonesia è un grande Paese, un mosaico di culture, di etnie e tradizioni religiose, una ricchissima diversità, che si rispecchia anche nella varietà dell’ecosistema e dell’ambiente circostante. E se è vero che ospitate la più grande miniera d’oro del mondo, sappiate che il tesoro più prezioso è la volontà che le differenze non diventino motivo di conflitto ma si armonizzino nella concordia e nel rispetto reciproco”.
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La terza direttiva, per la Chiesa: Non stancatevi di prendere il largo, non stancatevi di gettare le reti, non stancatevi di sognare, non stancatevi di sognare e costruire ancora una civiltà della pace! Osate sempre il sogno della fraternità, che è un vero tesoro fra voi. Sulla Parola del Signore vi incoraggio a seminare amore, a percorrere fiduciosi la strada del dialogo, a praticare ancora la vostra bontà e gentilezza col sorriso tipico che vi contraddistingue. Vi hanno detto che voi siete un popolo sorridente? Non perdete il sorriso, per favore, e andate avanti! E siate costruttori di pace. Siate costruttori di speranza!”.
Il giorno prima ai vescovi, sacerdoti, consacrate e consacrate, laici e laiche, aveva espresso il suo mandato preciso: “Vi incoraggio a continuare la vostra missione, forti nella fede, aperti a tutti nella fraternità e vicini a ciascuno nella compassione. Fede, fraternità e compassione. Tre parole che vi lascio, e voi dopo ci pensate. Fede, fraternità e compassione. Vi benedico, vi ringrazio per il tanto bene che fate ogni giorno in tutte queste belle isole! Prego per voi. Prego ma, per favore, vi chiedo di pregare per me. E state attenti a una cosa: pregate a favore, non contro! Grazie”.
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Certo resta l’interrogativo di fondo: nel paese con la più ampia presenza musulmana, la Chiesa deve anche fare i conti con legislazioni restrittive e limitazioni. Senza contare i rigurgiti anti-cristiani che si sono verificati in passato e sempre pronti a riemergere quando si avvia una retorica politica antireligiosa.
Dopo questa visita, cosa potrà cambiare?
“Vi incoraggio a proseguire su questa strada: che tutti, tutti insieme, ciascuno coltivando la propria spiritualità e praticando la propria religione, possiamo camminare alla ricerca di Dio e contribuire a costruire società aperte, fondate sul rispetto reciproco e sull’amore vicendevole, capaci di isolare le rigidità, i fondamentalismi e gli estremismi, che sono sempre pericolosi e mai giustificabili”: parole stupende, meraviglioso Papa Francesco! Nessun proselitismo, nessuna pretesa di conversione, come vorrebbero tanti credenti (e mettersi nei panni dell’altro no?), ma piena libertà religiosa e rispetto reciproco. Ottimo, sono pienamente d’accordo col Papa.
Allora il papa incoraggia a “proseguire su questa strada: che tutti, tutti insieme, ciascuno coltivando la propria spiritualità e praticando la propria religione, possiamo camminare alla ricerca di Dio”.
Il papa, insomma, non invita alla conversione al cristianesimo ma chiede a ognuno di praticare la religione in cui è nato.
Questo ovviamente avviene perché il papa è convinto che non sia necessario essere cristiani per salvare la propria anima, diversamente si dovrebbe sostenere che il papa vuole la perdizione delle anime e questo sarebbe veramente incredibile.
Ma se essere cristiani non è necessario allora a cosa serve la chiesa cattolica?
Se la chiesa non deve annunciare il Vangelo allora quale funzione ha?
Probabilmente il papa crede che se sei italiano o sudamericano sei cattolico, se sei arabo sei musulmano ,se sei indiano sei induista, se sei cinese sei buddista eccetera. Cioe’ la religione di ognuno dipende da dove nasce . E nessuna religione e’ più vera di un altra , sono tutte vere e quindi tutte false. Si chiama relativismo della verita’ ,be aveva parlato molto Ratzinger . Se tutte le religioni sono vere allora nessuna e’ davvero vera. Se fa bene tutto, Cristo , Maometto, Budda ,allora in Ultima analisi non c’e’ alcun Salvatore privilegiato, non c’ e’ nessuna Via della salvezza, se tutte le vie vanno bene.
C’è una barzelletta americana che parla di un dialogo tra una nonna (battista dura e pura) e il nipote. La nonna è convinta che i cristiani siano la maggioranza delle persone sulla Terra. Il nipote le spiega che non è così, che i cristiani sono circa 2 miliardi su 8. La nonna rimane basita davanti a questa informazione e non sa cosa rispondere, poi a un certo punto ha un’illuminazione: “Sicuramente gli altri sono cattolici!”
Il Papa ha fatto questo discorso in Indonesia, un paese fondato sulla Pancasila, il cui primo principio è la fede in un unico Dio o nella Divina Provvidenza.
Lo Stato indonesiano riconosce tutte le religioni che si basino su questo (anche attraverso interpretazioni molto larghe) e reprime duramente qualaiasi tentativo di far scoppiare conflitti religiosi
Quindi affermare la fede in Gesù Cristo e nella Trinità potrebbe fare scoppiare conflitti? Non credo proprio. Rimango persuaso che il papa sia sostanzialmente un relativista, un uomo convinto che sia sufficiente non essere atei o irreligiosi per essere vicino a Dio.
oppure il Papa è sulla stessa linea d’onda di padre Schmemann, che parlava della crisi teologica del cristianesimo quando:
a) ci si è resi conto che i cristiani erano la minoranza nel mondo;
b) le religioni ‘pagane’ non si sono dissolte di fronte al cristianesimo e tanto più al cattolicesimo;
c) queste altre religioni hanno cominciato ad avere seguaci in Occidente.
Aggiungiamo poi che nel resto del mondo stanno emergendo cristianesimi autoctoni ben diversi da quelli europei, anche teologicamente.
Sono vere tutte le cose da Lei elencate eppure nelle chiese in tutto il mondo si continua a recitare il credo. Il papa invece lo recita ma, lo dico con enorme raccapriccio, penso con non molta convinzione. Dio è Padre, Figlio e Spirito Santo. Il Figlio si è incarnato, è morto per noi, è resuscitato e asceso al cielo e tornerà alla fine dei tempi per giudicare i vivi e i morti. Se non siamo d’accordo nemmeno su questo allora non solo non siamo cattolici ma abbiamo smesso di essere cristiani.